Oggi si corre l’edizione numero 108 della Parigi-Roubaix, la Regina delle Classiche, con quella polvere che brucia i polmoni dei corridori e quel fuoco che gli morde le gambe. La Roubaix è una corsa che ha ispirato generazioni di corridori e sulle sue strade tante imprese sono diventate una poesia scritta dalle immagini, come quelle dolci, forti e malinconiche, che 20 anni fa ci regalò Franco Ballerini.
Questa è una corsa che puoi amare oppure odiare e Franco Ballerini decise di amarla e lo fece per 13 volte, tante sono le sue partecipazioni all’Inferno del Nord. L’ultima cartolina, la più delicata e che ancora oggi ci commuove è quella 2001, l’ultima corsa, l’ultima recita di uno straordinario protagonista, la sua ultima corsa. Franco quel 15 aprile è trentaduesimo, con il volto e il corpo pieni di polvere entra nel velodromo francese, sposta le mani dal manubrio e apre la sua maglia. Il pubblico incredulo lo applaude e si alza in piedi perché sotto quella maglia c’è il saluto di Franco Ballerini al ciclismo e a quella corsa che aveva tanto amato. “MERCI ROUBAIX”, due semplici parole che contenevano una parte importante di quel mondo a due ruote che era la vita di Franco Ballerini. Quella scritta nera sulla maglia bianca era l’ultima scena di una grande storia, quella scritta da un uomo che nella sua carriera per 13 volte aveva corso la Roubaix, arrivando primo due volte nel 1995 e nel 1998 e salendo sul podio nel 1993 e nel 1994.
È il 9 aprile del 1995, quando il toscano entra nella legenda della corsa. Quel giorno, a 34 chilometri dal traguardo, sul pavé di Templeuve, c’era un uomo con la maglia della Mapei e una bici Colnago. Era da solo e a tenergli compagnia c’era il sole, con il vento e la polvere e quei 232 chilometri, che già aveva nelle gambe. Il Ballero diventò una divinità infernale quel giorno, l’uomo capace di sfidare quelle avversità, quel dolore che solo una corsa come la Roubaix è capace di infliggere. Franco è solo quando entra nel velodromo e il pubblico lo aspetta, lo incita e lo ama.
Il bis Franco lo concederà nel 1998, diventando uno dei pochi ad aver conquistato per due volte l’Infermo del Nord. Il suo incontro con questa Classica risale al 1989, quando lui giovane e attento ha 24 anni e la Roubaix si diverte a far inginocchiare i corridori da 91 anni, ovvero da quel 1896 quando a vincere fu Josef Fischer. A vincere quell’anno fu il belga Jean-Marie Wampers e il Ballero arrivò 34° a 12’50”, un successo se si considera il numero degli abbandoni.
Prima di arrivare alla vittoria del 1995 Franco studia la corsa, la interpreta prima nella sua mente e ogni anno migliora. Nel 1990 è 19° e l’anno dopo è quinto e nel 1992 è 11°. Nel 1993 c’è l’errore di inesperienza, Franco Ballerini, è secondo per pochi millimetri, con la vittoria che viene assegnata al francese Gilbert Duclos-Lassalle che lo aveva pregato di non staccarlo. Franco è deluso, amareggiato e pensa ad un eventuale ritiro, perché quel giorno per lui resterà per sempre quello della Roubaix sfuggita dalle sue mani, una corsa persa e mai più recuperata.
Ma il toscano non è uno che molla la battaglia e nel 1994 è terzo. Nel 1995 arriverà il trionfo e le sue braccia finalmente si alzeranno in quel velodromo che trasuda di fatica e polvere. Nel 1996 è quinto, mentre l’anno dopo fatica e si fermerà al 24° posto e nel 1998 è nuovamente primo, un nuovo trionfo e il pubblico nel velodromo si inchina alla sua forza, perché ancora una volta è lui il re della Roubaix. Ci sarà un undicesimo posto e poi un ottavo nel 2000 e nel 2001 la sua ultima partecipazione, il suo ultimo ingresso in quel velodromo che lo aveva reso immortale.
E’ l’anno questo dei saluti e di quella maglia con scritto “MERCI ROUBAIX”, è il suo addio alla Regina del Nord e al mondo del ciclismo e quel giorno il Ballerò scese per sempre dalla bici. Per qualche mese Franco lavorò in Mapei, ma lui che le corse le aveva vissute sulla pelle era pronto per un altro ruolo importante, quello del commissario tecnico e in azzurro da dentro un’ammiraglia,in meno di 9 anni ha guidato l’Italia verso tanti successi.
Indimenticabile il Mondiale vinto da Cipollini nel 2002 e poi la maglia iridata di Bettini nel 2006 e nel 2007 e sempre con lui l’oro olimpico. L’ultimo Mondiale lo vinse con Ballan nel 2008. Di Franco resteranno le sue vittorie e quelle che ha regalato all’Italia con i suoi ragazzi e quel sorriso, così sincero e umano, che per sempre si spense nel 2010.
Nella Roubaix è doveroso ricordare anche gli altri italiani che hanno conquistato questa classica. Un salto indietro nel tempo, ci riporta al 1937, quando Giulio Rossi, fu il primo italiano a scrivere il proprio nome tra i vincitori della corsa. Il 1949 è l’anno di Serse Coppi, il fratello minore di Fausto che invece vinse l’anno successivo. Sono Fausto e Serse Coppi a regalare immagini sfumate che si perdono in quello sguardo dei due fratelli. Gli occhi adoranti di Serse e il bacio e l’abbraccio di Fausto. Siamo al 1951 con il primo posto di Antonio Bevilaqua e poi, nel 1966 ci sarà lo straordinario assolo di Felice Gimondi, un’autentica cavalcata per una vittoria talmente bella che ancor oggi viene ricordata come una delle più epiche. Arrivò poi la tripletta di Francesco Moser, che grazie alle sue vittorie del 1978-1979-1980, divenne uno dei simboli più importanti di questa corsa. Moser partecipò altre volte alla Roubaix, il suo intento era quello di raggiungere Roger De Vlaemick, che domino la corsa 4 volte dal 1972 al 1977. Suo è il record di successi insieme a Tom Boonen, mentre il record di partecipazioni, sedici esattamente, appartiene a Rik Van Looy.
Tornando agli italiani l’ultima vittoria alla Regina delle Classiche è di Andrea Tafi che riuscì a superare incolume quella foresta figlia del carbone minerario e ad arrivare per primo nel velodromo di Roubaix. Oggi si correrà l’edizione 118 della corsa e il pubblico sulle strade aspetta di incoronare, un nuovo re per questa corsa così bella e infernale.