Dal 9 al 31 maggio si sarebbe dovuto disputare il Giro d’Italia 2020. Tuttobiciweb lo corre comunque, giorno per giorno, con la forza della memoria. Oggi l’undicesima tappa: Andrea Noè ci racconta quella del 1998.
“Mi girai indietro, verso sinistra, quando mancavano soltanto 100 metri all’arrivo. Mi rigirai indietro, ancora verso sinistra, quando ne mancavano 20. Fu allora che mi convinsi: stavo vincendo, stavo vincendo la mia prima tappa, stavo vincendo la mia prima corsa. Tutto in un solo istante. Alzai le braccia al cielo. E per tre volte, prima di tagliare il traguardo, esultai. Poi smisi di pedalare. Ero stanco, ero sfinito, ero finito, ma ero contento. Il primo che venne a complimentarsi fu Marco Pantani. Non solo un gran corridore, ma anche un gran signore. Soltanto più tardi avrei scoperto che era arrivato secondo”.
Andrea Noè e quel 27 maggio 1998: “La Macerata-San Marino, 214 chilometri, il finale in salita. Noi Asics puntavamo su Michele Bartoli per vincere la tappa, perché l’arrivo si addiceva alle sue doti, e per andare in maglia rosa, perché in classifica era lì. Ma sapevamo due cose: la prima, che la nostra squadra non poteva controllare la corsa, e la seconda, che Pantani giocava in casa e voleva vincere. Non rimaneva che anticiparlo. Quando partì una fuga, con più di 20 corridori, m’infilai dentro. L’importante era prendere un certo vantaggio prima che le squadre di Pantani e della maglia rosa Zulle si organizzassero per inseguirci. In appoggio a Bartoli, tirai il minimo indispensabile, poco, troppo poco secondo gli altri fuggitivi”.
Andrea Noè e quella salita finale: “Litigai soprattutto con Chepe Gonzalez, un colombiano della Kelme, che aveva conquistato la maglia verde di migliore scalatore al Giro del 1997, e che l’avrebbe riconquistata a quello del 1999. Divenne una specie di rissa ciclistica, a parole e a pedalate. Lui scattava, io, con il mio passo, lo riprendevo. Lui scattava, e io con il mio rapportone, lo riprendevo. Lui scattava, e io con la mia pedalata sconquassata, lo riprendevo. Si scalava San Marino dalla strada vecchia, quella dietro. Aveva uno strappo duro. A un chilometro e mezzo ci si immetteva sulla strada principale. Il gruppo dei fuggitivi aveva perso i pezzi. Chepe era da solo, io dietro. Lo raggiunsi poco dopo lo striscione dell’ultimo chilometro. Un attimo nella scia, poi lo passai, sulla destra, al largo, alla larga, in sicurezza. Continuai contando i metri, i battiti, le pedalate. Non sapevo che cosa succedesse dietro di me, ma lo potevo immaginare dall’ammiraglia che non c’era più, dalle moto che mi superavano, dalla folla che ruggiva, dallo speaker che urlava Pantani”.
Andrea Noè e Marco Pantani: “Pantani dietro di me. Ma c’erano le gambe, e c’era il cuore. C’era la voglia, ma c’era anche un po’ di paura, quella di perdere una corsa – la prima della vita – che a quel punto sembrava quasi già vinta. La verità è che, la vittoria, non me la gustai quando tagliai il traguardo: troppo stanco. E neanche quando salii sul podio: troppo emozionato. E neanche quando tornai in albergo: Bartoli non era affatto contento. Cominciai a gustarmela la mattina dopo: prima al foglio firme, poi al villaggio, quindi leggendo un articolone sulla ‘Gazzetta dello Sport’. L’avevo fatta proprio grossa”.
Andrea Noè e quel Giro d’Italia: “Nella tappa di Carpi entrai in un’altra fuga, poi scoppiò un diluvio, nel caos mi dissero che avrei conquistato la maglia rosa, invece sbucò il francese Roux per essere primo di tappa e in classifica. Nella tappa di Schio, sotto un altro diluvio, fu un trionfo di squadra: vittoria e maglia ciclamino per Bartoli, maglia verde per Bettini e maglia rosa per me. Durò solo un giorno, la mia maglia rosa, ma quel giorno è lungo una vita. Poco tempo fa, quando su Facebook alcuni appassionati di Pantani hanno diffuso le immagini di San Marino, mi ha telefonato Marco Serpellini. Era uno dei fuggitivi, si staccò negli ultimi 2 chilometri. Mi ha detto: ‘Quel giorno te ne dissero di tutti i colori perché non tiravi, ed era vero, tu non tiravi, ma adesso te lo posso dire, stavi facendo la cosa giusta’”.
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