Domani comincia il Giro d’Italia. Non quello del 2020, rimandato in ottobre. Ma quello della memoria, quello del passato, quello di tutti i nostri ieri, quello di tutti i nostri eroi, quello di Tuttobiciweb. Ventuno tappe, ma saltando di anno in anno, da edizione a edizione, da protagonista ad antagonista. Proprio attraverso le loro parole telefonate e virgolettate.
La prima tappa non sarà ovviamente la cronometro di Budapest, ma quella in linea del 2003, a Lecce, con la vittoria a sorpresa (ma fino a un certo punto) di Alessandro Petacchi su Mario Cipollini: e chi meglio di Marco Velo, l’ultimo uomo del “Peta”, per raccontarla?
La seconda tappa non sarà ovviamente quella per velocisti nella pianura ungherese, ma quella del 1960, la cronometro di Sorrento, con il trionfo a sorpresa (ma fino a un certo punto) di Romeo Venturelli su Jacques Anquetil: e chi meglio di Nunzio Pellicciari, il gregario di Meo, per raccontarla?
La terza tappa non sarà ovviamente quella ancora ungherese da Székesfehérvàr-Nagykanizsa, ma quella del 1969, con l’arrivo nell’ippodromo di Montecatini Terme, con l’affermazione (niente affatto a sorpresa) di Eddy Merckx: e chi meglio di Mario Anni, che poi per tre secondi avrebbe sfiorato la maglia rosa del Cannibale, per raccontarla?
La quarta tappa non sarà ovviamente quella finalmente italiana da Monreale ad Agrigento, ma quella del 1967, da Firenze e Chianciano Terme, guadagnata da Dino Zandegù con una volata imperiale: e chi meglio dello stesso Zandegù, autocertificatosi con “metabolismo labile e temperamento bizantino”, per raccontarla?
E così avanti fino al 31 maggio. Per pedalare insieme in ricordi e rivelazioni, nostalgie e scoperte. Il Giro è un patrimonio di storie dell’umanità.
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