Da qualche giorno, ovvero da quando l’avvicinamento alla Vuelta, che prende il via sabato da Lisbona con un crono individuale di 12 km, s’è fatto più caldo mi frulla in testa un’idea. E se Antonio Tiberi fosse capace di ripetere l’impresa di Vincenzo Nibali nel 2010? Tra i due vedo similitudini molto interessanti.
La prima è che tra i due pare ci sia una vera amicizia e stima professionale, da quando Antonio era ancora un ragazzino. Vincenzo, quando lo presentò ancora juniores a Martinelli gli disse: «Martino ti presento il nuovo Nibali». Fisicamente i due si somigliano, con il laziale - 182 - un centimetro più alto del siciliano. Anche il peso è simile, 64-65 kg. Tecnicamente sono passisti-scalatori, non particolarmente rapidi allo sprint, ma con un forte background nelle crono. Nibali da juniores vinse il titolo italiano e il bronzo mondiale a Zolder; nella stessa categoria Tiberi ha vestito la maglia iridata. Entrambi, sempre da juniores, hanno corso per una società toscana, anzi di Pistoia: Mastromarco per Vincenzo, la Franco Ballerini per Antonio.
Tiberi affronta la corsa spagnola alla quarta stagione piena da pro’ (ma nel 2020 aveva corso alla Trek da stagista), mentre Nibali era alla sesta. Diverse il numero delle vittorie con lo Squalo che aveva già nel palmares 17 centri, alcuni dei quali di peso, contro l’unico del laziale. Uguali anche i procuratori, i fratelli Carera, mentre Roman Kreuziger all’epoca fondamentale gregario di Vincenzo in maglia Liquigas ora è diesse di Antonio nella Bahrain. In ultimo, ma forse è la cosa più importante, arrivano da un grande Giro. Nibali chiuse 3°, Tiberi quest’anno 5° ma senza il guasto meccanico di Oropa il podio molto probabilmente non gli sarebbe sfuggito. Insomma, viste le similitudini, e la necessità di avere in Italia un corridore vincente, si può sognare. Ma sentiamo come le pensa il diretto interessato, Tiberi.
Antonio come ti sei avvicinato alla Vuelta?
«Dopo il Giro, soprattutto il primo periodo, è stata dura riprendere. Anche mentalmente ho fatto molta fatica. Poi è la prima vota che faccio doppietta, quindi per me è tutto nuovo. Comunque dopo il Giro ho fatto una settimanella di stop, poi sono andato in altura sul Pordoi. Michele (Bartoli, il suo allenatore, ndr) è contento dei miei valori. Lui è sempre positivo. Però il bilanciamento tra frequenza cardiaca e potenza, tra fc e watt, è buono. Un bel segnale. La Vuelta Burgos mi è servita per ritrovare quegli sforzi che solo in gara riesci a fare».
Che Vuelta ti aspetti?
«Durissima. Tutti dicono che sia una delle più dure degli ultimi anni. Non c’è neanche una tappa con meno di duemila metri di dislivello. Vincerà senza dubbio uno scalatore. Questo per me non è ideale al cento per cento, perché io non sono uno scalatore puro. Però sono sicuro che potrò divertirmi».
Le due crono, in apertura e in chiusura, sono tuoi obiettivi?
«Mi piacciono. Le vorrei fare bene, ma non credo saranno decisive».
C’è una tappa che consideri decisiva?
«Non mi sono ancora focalizzato su una singola giornata. Non credo però ci sia una giornata chiave, tutte lo possono essere. Alla quarta c’è il primo arrivo in salita… e dopo la prima settimana farò il primo bilancio. Vedrò come va».
I rivali?
«Kuss sta andando, a Burgos - dove io sono caduto due volte nelle prime due tappe - l’ho visto con una gamba ottima. Roglic è un punto di domanda. Come starà dopo la caduta, con relativo problema alla schiena, che l’ha costretto ad abbandonare il Tour? È da allora che non corre… ».
Correre pensando alla classifica: qual è per te il problema maggiore?
«Se sei in classifica vuol dire che stai bene fisicamente, che le gambe rispondono. La parte più complicata è gestire lo stress».
La tua amicizia con Nibali com’è nata?
«Con un po’ di fortuna mi si è creata un’opportunità. Sua moglie è laziale, originaria di un paese vicino al mio. Nibali durante le vacanze di Natale si venne ad allenare da lei e Johnny Carera, mio manager con suo fratello Alex, mi avvertì e mi mise in contatto. Ero emozionatissimo, io ero juniores, lui già un campione. Vincenzo è rimasto il mio punto di riferimento».
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