Pauline Ferrand Prevot non riesce a smettere di piangere. Anche in conferenza stampa, quasi un'ora e mezza dopo il suo trionfo davanti a 14.000 connazionali in delirio per lei, deve sforzarsi per trattenere le lacrime. Ha vinto 18 mondiali, in ogni disciplina possibile o quasi, ma l'oro olimpico (così come l'argento e il bronzo) finora pareva per lei stregato. Rincorrerlo era diventato così estenuante, che se anche oggi le fosse sfuggito non lo avrebbe più inseguito. «Prima di pensare a come festeggiare, devo prima recuperare fisicamente e mentalmente» racconta mentre tra le braccia di mamma e papà ancora fatica a realizzare che il sogno a lungo inseguito è finalmente realtà.
Al suo fianco davanti ai microfoni di giornalisti di tutto il mondo ha Jenny Rissveds, che ha vinto l'oro olimpico a Rio 2016 a soli 22 anni per poi piombare nel buio della depressione e dei disturbi alimentari, e Haley Batten, che nel suo piccolo si è ripresa da una concussione, l'infortunio da lei definito più “spaventoso” mai provato perchè «ti fa perdere la cognizione di quanto stai facendo e ti fa chiedere perchè sopportiamo così tanti sacrifici». Ad ascoltarle c'è la giovane Loana Lecomte, che ha chiuso i suoi primi Giochi Olimpici (per di più in casa) con 6 punti di sutura al mento e un trauma cranico. Anche lei piange, ma per il motivo opposto della connazionale che già pensa alle prossime imprese da realizzare. Il ciclismo è uno sport da duri, o se preferite da dure se guardiamo alle campionesse che oggi sulla collina dell'Elecourt ci hanno regalato uno spettacolo da pelle d'oca, e che ad alti livelli porta gli atleti all'estremo.
Per questo il diario di questa domenica è dedicato alle parole di chi oggi si è messa al collo il bronzo dopo aver vissuto il turbinio che comporta salire sul tetto del mondo, quando magari si è troppo giovani per gestire tutto ciò che ne consegue (ne aveva riflettuto anche Jolanda Neff, trionfatrice a Tokyo nel 2021, ndr). Perchè vincere è difficile, ma confermarsi lo è ancora di più. «Sono molto orgogliosa di essere tornata sul podio olimpico, esprimersi al proprio meglio è durissimo e se ci riesci è impressionante. Oggi siamo state tutte da applausi, indipendentemente dall'ordine d'arrivo - ha commentato con emozione Jenny Rissveds, che ha dato vita al Team 31, un progetto che antepone il benessere e il divertimento dell’atleta alla ricerca ossessiva del risultato (la denominazione della squadra richiama l’Articolo 31 della Convenzione delle Nazioni Unite, che riconosce al bambino il diritto al riposo, allo svago e al tempo libero, ndr).- . A chi sta combattendo la sua battaglia là fuori e sono in tanti dico: “Ascolta il tuo corpo, se necessiti di riposare, staccare, cambiare rotta dovresti farlo. Il tuo corpo ti indicherà la giusta direzione da prendere. Non mollare mai, ma senza forzare o spingere a tutti i costi i tuoi limiti. Se non stai bene, segui la tua testa. Fai ciò che ami e parla di come stai. Resta connesso con te stesso e chi ti vuole bene. Prenditi cura di te, è l'unica cosa che conta davvero». Chapeau.
Puntate precedenti del Diario di viaggio da #Paris2024:
Dalle lacrime di Giulia a quelle del clan di Pippo
L'accoglienza nel sorriso di Benoit e dei francesi che si incazzano
Elisa Longo Borghini punta in alto: "Firmerei subito per un'altra medaglia"
Filippo Ganna compie gli anni e vuole regalarsi due ori
Entriamo nella testa degli olimpionici con la psicologa della Nazionale di ciclismo