ADISPRO. Chiesa: la Riforma ci preoccupa molto

PROFESSIONISTI | 18/12/2015 | 07:55
Il Monastero di Santa Lucia alla Castellina a Sesto Fiorentino, ha ospitato l’annuale convegno della ADISPRO, svoltosi sabato 21 novembre. Nell’oc­ca­sione è stato ufficializzata l’entrata nel consiglio direttivo di Marco Marzano (direttore sportivo della Lampre Merida) al posto del dimissionario Alberto Volpi. Ed è stato anche consegnato l’ambito riconoscimento “Ti­mone d’Oro”, con il quale l’as­sociazione premia il diesse che si è maggiormente distinto nel corso della stagione, attribuito quest’anno al toscano di Cascina, classe 1952, Franco Gini del Movistar Team America, che ha da po­co festeggiato i 30 anni in am­miraglia. Il premio gli è stato consegnato dall’avvocato Davide Goetz, presidende dell'associazione e dal neo consigliere Marzano.

«Non essendo obbligatoria la presenza dei direttori sportivi in quanto non c’era il corso da seguire - spiega il segretario di ADISPRO Mario Chie­sa -, non erano tutti presenti. Eravamo infatti in 41: oltre al presidente Goetz, c’era tutto il resto del consiglio direttivo che è composto da Luca Guercilena, Bruno Cen­ghial­ta, Fabio Baldato e Flavio Miozzo oltre a Marco Mar­za­no, primo dei non eletti nell’ultima votazione dello scorso anno, che ha preso il posto lasciato libero da Volpi che, da quando è tornato in ammiraglia al team Skydive Dubai, ha rinunciato all’incarico in quanto l’impegno negli Emi­ra­ti Arabi non gli permette di partecipare attivamente alla vita dell’associazione. Il convegno è iniziato al mattino e, dopo una breve sosta per il pranzo, si è concluso intorno alle 16 del pomeriggio. Il piat­to forte del convegno è stata la tavola rotonda sulla nuova riforma del ciclismo: per impegni non era presente il presidente della Lega Ci­clismo Professionistico Enzo Ghigo, il suo posto come re­la­to­re è stato preso da Ste­fa­no Piccolo, segretario della Lega stessa».

Cosa è emerso dalla tavola rotonda? Quali sono state le riflessioni dell’associazione?
«Innanzitutto la riforma verrà resa nota l’8 dicembre ma già si sa che nelle intenzioni dell’UCI c’è quella di contenere numericamente il numero di corridori in organico per le formazioni World Tour. Sarà poi formata una nuova squadra Continental - con lo stesso nominativo e la stessa maglia - composta dagli 8 corridori che non potranno più far parte del­la “prima formazione”, dal­la quale pescare di volta in volta. Devo dire che da parte di tutti noi diesse c’è molta perplessità al riguardo e la paura è che sia una sorta di passo indietro per noi e per gli atleti. Il futuro, se è questa la riforma, non sembra migliore e non riapre le porte né ai corridori che sono a piedi né ai direttori sportivi. Personal­mente penso che la situazione non cambi di molto, in quanto è facile pensare che i team di World Tour utilizzeranno tutto il personale che ora svolge a volte in contemporanea anche una tripla attività, per gestire sia la prima squadra sia quella nuova Con­tinental. In parole povere cambierebbe poco o nulla. Ma c’è un altro grosso scoglio da superare in caso di attuazione di una riforma di questo genere: se già molte formazioni di World Tour arrivano a fatica a coprire il budget richiesto, come faranno se costrette creare una seconda squadra? Il problema è sempre quello degli sponsor difficili da reperire in questo mo­mento. C’è poi la questione del sistema di “promozione-retrocessione” dal World Tour. Tutto sembra facile sulla carta ma di non altrettanto lo è nell’applicazione. Se un grande sponsor entra in un team, lo fa per avere visibilità e ritorno di im­magine e per questo vuole le garanzie di partecipazione ai grandi eventi del ciclismo internazionale e nazionale. E se poi a fine anno la squadra retrocede? Addio grandi cor­se, addio visibilità e addio sponsor... Viceversa se un team viene promosso poi corre il rischio di perdere il suo sponsor principale perché magari non ha la forza economica per sostenere il budget richiesto nel World Tour. Man­cano ga­ranzie in generale e il ciclismo non ha neanche il ritorno dai diritti televisivi che hanno altri sport, quindi tutto risulta più problematico».

La riflessione è scontata, l’ADISPRO e tutto il movimento in generale vogliono vederci chiaro: sono tutte novità da ben soppesare affinché la riforma non diventi una sorta di boomerang.
«È lampante la preoccupazione che esiste tra di noi - conclude Chiesa -, per fortuna che all’estero diversi team scelgono i direttori sportivi italiani, a dimostrazione del loro valore. Ora aspettiamo la bozza definitiva della riforma e poi la discuteremo anche se come ADISPRO non abbiamo voce in capitolo e non possiamo ri­volgerci direttamente all’UCI per chiedere eventuali cambiamenti. Ma è tutto il movimento del ciclismo che deve valutare bene questa riforma e andare in un’unica direzione».

di Valerio Zeccato, da tuttoBICI di dicembre
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