SIVIGLIA. A fine tappa, mentre all’ombra pedala sui rulli per il defaticamento, gli ausiliari della Bahrain curano Antonio Tiberi come un cavallo da corsa. Gli versano acqua sulla testa, asciugamani bagnati sulla schiena, gli tolgono casco e occhiali, gli infilano il gilet refrigerante… Così, dopo il podio per la seconda maglia bianca, il ragazzo laziale è pronto per fare il punto dopo cinque tappe di Vuelta.
“Sono davvero molto contento di come sto andando. Per essere alla prima settimana le sensazioni sono molto buone. Di solito ho bisogno di più tappe per entrare nel ritmo gara. Sentirmi in questa condizione mi da tanto morale anche perché sono state giornate molto calde. Non le mie preferite”.
Quella di martedì, a Pico Villuercas, poteva essere una tappa molto complicata non essendo tu uno scalatore puro.
“E’ vero, non era per niente una tappa adatta a me. Le pendenze così dure non sono le mie preferite, non riesco a dare il meglio. Però sono contento per come mi sono gestito. Ho cercato di lasciare meno vantaggio possibile al gruppetto di testa. Sono soddisfatto”.
Caruso mi ha detto che prendere la salita un po’ dietro è stata una scelta precisa.
“In quei momenti il gruppo sembra una lavatrice, ci sono continui rimescolamenti. Sei avanti, vai dietro, un casino…”
In questi casi come ti regoli: controlli a vista o sali con il ritmo impostato, seguendo i dati del computerino?
“Il mio preparatore (Michele Bartoli, ndr) mi ha chiesto se volevo una tabella con il passo da seguire. Gli ho detto di mandarmela, ma così per curiosità. Ma io, sinceramente, in corsa non guardo quasi mai i dati”.
Ma alla fine i dati espressi e quelli teorici coincidevano?
“Sì, abbastanza. Sopra i 400 watt, attorno ai 420”.
E oggi?
“E’ un’altra bella tappa di montagna. La mia tattica è abbastanza semplice, seguo i più forti. Il leader della corsa. Seguo Roglic, poi se sento la gamba buona…”.
Ma tappa per gli uomini di classifica o da fuga?
“Non lo so. Ma poi cambia poco perché tanto anche se c’è la fuga comunque tra noi è lotta”.
I telecronisti spagnoli dicono che il gruppo va troppo piano. Che non è giusto arriviate sempre in ritardo rispetto alla tabella di marcia.
“Digli che vengano loro a pedalare, poi vediamo. Con il caldo che fa, e con una corsa con 60mila metri complessivi di dislivello, dire che ce la prediamo comoda ci vuole un bel coraggio”.