«Da quando Pogačar ha portato la Slovenia sul tetto del mondo, tutti i bambini hanno cominciato ad andare in bicicletta sognando di diventare come lui». Parola del suo connazionale Erazem Valjavec, che bambino non lo è più ma che in bicicletta ci va da quando è neonato e che ora, a 18 anni ancora da compiere, può cominciare davvero a sognare di ritagliarsi un posto ai massimi livelli di questo sport.
Suo papà è Tadej Valjavec («in allenamento mi segue sempre, soprattutto per ragioni di sicurezza stradale»), vincitore del Giro d’Italia U23 nel 1999 e professionista per una decina d’anni con Fassa Bortolo, Lampre e AG2R tra le altre. Erazem non sa ancora l’italiano come il padre, ma lo sta apprendendo velocemente e non ha problemi a buttarsi, anche perché per comunicare coi suoi compagni dell’Autozai-Contri e il suo direttore sportivo Fausto Boreggio ha bisogno di arrabattarsi in qualche modo.
Valjavec ha un gran motore e non è un caso che abbia già firmato un contratto di due anni con la formazione satellite della Soudal-QuickStep, insieme alla quale ha già partecipato a qualche training camp. Quest’anno ha indossato due maglie, quella dell’Autozai di patron Enrico Mantovanelli e quella della formazione belga ACROG-Tormans, così da garantirsi un calendario del più alto livello possibile.
«Vivo a Kranj, in Slovenia, ma corro un po’ in Italia e un po’ in Belgio - ha detto Valjavec -. Così facendo ho avuto modo di fare le classiche del nord con la formazione belga e poi tante belle gare in Italia con l’Autozai». Sul pavè è andato forte, ha chiuso 3° la Kuurne-Bruxelles-Kuurne e poi 2° la Parigi-Roubaix, vinta da un altro sloveno, Jakob Omrzel, ma anche in Italia ha messo in mostra tutta la sua stoffa, piazzandosi 3° all’Internazionale di Solighetto, vinta ancora da Omrzel, e, qualche giorno fa, vincendo una tappa e la classifica generale del Giro del Veneto Juniores.
In Veneto si è imposto grazie ad un assolo nella tappa regina che prevedeva il Passo Croce d’Aune nel finale. Pavé o salite, per il momento non si vedono differenze per Valjavec. «La corsa che mi piace di più in assoluto è la Roubaix, ma le classiche sono solo nella prima parte di stagione, quindi sto lavorando molto anche sulle salite e le corse a tappe in modo da avere obiettivi tutto l’anno - ha detto ancora -. Mio papà era scalatore e il Giro del Veneto mi ha confermato che anch'io potrei avere la stessa attitudine».
In Soudal-QuickStep avrà probabilmente modo di capire cosa fare da grande: «Si vedono sempre più corridori che possono andare forte sia nelle classiche che nelle corse a tappe, mi piacerebbe essere uno di quelli. La Soudal mi ha già accolto in famiglia, in particolare lo scout Johan Molly che mi ospita quando sono in Belgio, mi ha fornito la bicicletta per quest'anno e mi ha permesso di allenarmi con loro. Ho parlato con Evenepoel e Merlier, c'è tanto da imparare».
Il suo idolo rimane però uno e uno solo, Tadej Pogačar, che vinceva il suo terzo Tour de France proprio mentre Valjavec si aggiudicava la sua prima corsa a tappe da juniores. «Sul Croce d'Aune ho attaccato ispirandomi a lui. Ma tutta la Autozai è stata straordinaria in Veneto, sembravamo la UAE di questo Tour, in controllo dal primo all'ultimo chilometro, ognuno col suo ruolo ben preciso. In Slovenia tutti ci ispiriamo a Tadej e sognamo di diventare come lui. Ma la strada è ancora lunga. Step by step e vediamo dove arriviamo».
Per cominciare, nei prossimi mesi lo attendono Giro della Lunigiana, Europei e Mondiale, dove cercherà conferme.
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