Si avvicina l'appuntamento con La Notte degli Oscar, che segna la conclusione ideale della stagione 2023 e traghetta verso una nuova avventura. Di scena ci saranno, come sempre, i migliori atleti dell'anno in ogni categoria: ve ne presentiamo uno al giorno, in un cammino di avvicinamento che culminerà con la festa di venerdì 24 novembre a Milano. La puntata di oggi è dedicata ad Andrea Bagioli.
Freccia a sinistra e sorpasso in extremis ai danni di Jonathan Milan sulle strade lombardo-piemontesi. Con una splendida ultima settimana della sua stagione, nonché prima settimana del mese di ottobre, nella quale ha inanellato podio alla Coppa Bernocchi, vittoria del Gran Piemonte e secondo posto alias “primo degli umani dietro Pogacar” a Il Lombardia, Andrea Bagioli ha conquistato l’Oscar tuttoBICI Maglia Bianca Gran Premio ACM Asfalti, quale miglior Under 25 italiano dell’anno.
Andrea, partirei da un’immagine che mi ha colpito sul podio di Bergamo: l’espressione del tuo volto. Si vedeva che eri molto contento, ma che al contempo avvertivi su di te il “peso” e l’importanza di quel momento...
«Provavo emozioni strane, per la prima volta avevo lottato per vincere una monumento e mi trovavo in mezzo ai due fenomeni sloveni. Stavo faticosamente prendendo coscienza di quanto fatto».
In che momento della corsa la Soudal QuickStep ti ha designato come colui che sarebbe andato a cercare il bersaglio grosso?
«Al mattino con la squadra avevamo stabilito che io sarei rimasto coperto fino al passo di Ganda e lì sarei andato a chiudere su eventuali attacchi: in pratica sarei stato l’ultimo uomo di capitan Evenepoel. Quando Remco a inizio gara è caduto, sembrava tutto ok; ma quando sul Ganda la UAE ha fatto il forcing, ci ha detto in radio che aveva troppo dolore sulla parte sinistra della gamba...».
... e allora tu sei scalato in avanti nella gerarchia: possiamo dire che hai dovuto fare il Remco e Fausto Masnada ha fatto il Bagioli?
«In un certo senso. Io e Fausto siamo rimasti coi migliori e sulle ultime accelerate prima dello scollinamento lui ha pagato un po’: ha svolto un gran lavoro e alla fine si è piazzato ventesimo (per la cronaca, Evenepoel ha stretto i denti ed è riuscito a portare a casa un nono posto, ndr)».
Cos’hai pensato quando Tadej Pogacar sul Ganda si è staccato ed è rimasto col gruppetto indietro, ma appena più tardi è tornato su di voi davanti?
«Quando ha perso terreno mi è parso bizzarro. Durante la salita mi ero accorto che lui guardava spesso Roglic per capire come stava: penso abbia semplicemente voluto rimanere insieme al connazionale finché non ha avuto la certezza che non era al top. Quando è stato sicuro, è partito: non solo è rientrato con facilità irrisoria, ma è in cima che ci ha veramente stupito...».
Vi ha lasciati di stucco!
«Di solito quando arrivi in vetta a una scalata tiri un attimo il fiato, lui invece ha capito che eravamo al gancio e con nonchalance se n’è andato via verso il suo tris».
Ci racconti il vostro inseguimento?
«Abbiamo fatto la discesa forte e non era facile: ricca di tornanti, dovevamo rilanciare di continuo. In pianura abbiamo trovato vento contrario ma soprattutto non abbiamo lavorato in maniera adeguata: ok, c’era un uomo UAE ossia Adam Yates che chiaramente non tirava, ma tra noialtri non c’era grande collaborazione. Quando infine ci hanno segnalato che Pogacar aveva cinquanta secondi di vantaggio, abbiamo capito che stavamo lottando per il resto del podio».
E così si arriva in via Roma, dove Roglic ha provato ad anticipare.
«Sì, si era staccato leggermente sulla Boccola per poi rinvenire sul rettilineo finale e cercare di sorprenderci partendo fortissimo alle nostre spalle. Io sono riuscito a mettermi a ruota di Primoz e Vlasov e vincere lo sprint».
La tua prima vittoria in carriera, nella tappa inaugurale del Tour de l’Ain 2020 alla ripresa post-lockdown, fu proprio una volata davanti a Primoz Roglic...
«Esatto, a Ceyzeriat! Battere anche solo due volte un super-campione come lui è una bella soddisfazione».
Torniamo per un attimo al Lombardia: la Virage Pinot si è presa giustamente la scena, ma la seconda tifoseria più scatenata era la tua.
«In prevalenza sono miei amici d’infanzia che mi seguivano e un paio d’anni fa hanno creato il fans club: nelle gare vicine sono sempre presenti e passare in mezzo a loro mentre andavo a prendermi un grande risultato è stato bellissimo. Sono fantastici e ringrazio in particolare il fondatore Maurizio Masa. Senza dimenticare che pure i miei genitori hanno fatto la loro parte».
Non sarà stata la settimana delle Ardenne, che sappiamo essere la tua preferita, ma che sensazioni ti lascia questo epilogo di 2023?
«Sono contento di aver acquisito più fiducia in me stesso, adesso so di potermi giocare delle chance nelle corse più prestigiose. Questa settimana così bella, oltretutto, è venuta dopo un periodo non semplice: poco più di un mese prima lasciavo la Vuelta per un problema intestinale, ripartire abbastanza forte da presentarmi al meglio in Lombardia non è stata una passeggiata».
Periodo reso ancora più difficile dal clima attorno alla Soudal QuickStep, con le insistenti voci sulla possibile fusione con la Jumbo Visma: è solo retorica o davvero respirare quell’incertezza sul futuro stesso del team vi ha dato una spinta in più?
«Io che ero sicuro di un contratto con un’altra squadra magari l’ho potuta vivere più serenamente, ma per la maggior parte dei miei compagni non è stato affatto bello aprire social, siti e giornali ogni mattina e leggere notizie sulla fusione, mentre noi internamente non sapevamo niente. Una situazione strana a cui abbiamo risposto facendo gruppo in modo ancor più coeso del solito, per dimostrare a tutti quanto il Wolfpack fosse sempre vivo e pronto a lottare».
Avete sentito forte con voi la presenza del team manager Patrick Lefevere?
«Assolutamente sì, non era fisicamente in albergo ma ricordo una video-call nel bus in cui ci ha infuso sicurezza e convinzione a dare il massimo. Colgo l’occasione anche per ringraziare i membri dello staff: quella situazione era complicata per loro almeno quanto lo era per noi, ma hanno sempre dato il 100%».
Ben presente con voi era un maestro di nome Davide Bramati.
«Secondo me è uno dei direttori sportivi più bravi al mondo, una persona che sa trasmettere la giusta mentalità mantenendo il suo modo di fare gioviale e allegro».
Corsi e ricorsi: ti congedasti alla grande dalla Colpack nel 2019 vincendo il Piccolo Lombardia, ti congedi alla grande dal WorldTeam belga con queste prestazioni e la seconda piazza al Lombardia. Bilancio dell’esperienza da “lupacchiotto”?
«Con alti e bassi, ma positivo. Ho avuto periodi dove andavo meno forte e pure l’operazione al ginocchio sinistro di aprile 2021, ma tengo a dire che la squadra non mi ha mai messo pressioni o eccessive aspettative: me le mettevo più io di loro! L’unico vero rammarico è di non aver fatto meglio alla Freccia Vallone e alla Liegi-Bastogne-Liegi, ma sono soddisfatto di questo quadriennio: sono cresciuto tanto sia mentalmente che atleticamente ed è un bagaglio importante che mi porterò nel prossimo capitolo».
E apriamolo, questo capitolo! Col cambio di main sponsor da Segafredo a Lidl, la compagine griffata Trek di John Burke e Luca Guercilena ha lasciato intravedere intenzioni ambiziose: che sensazioni hai per questo passaggio da loro?
«Li conosco da tempo, sono organizzati e preparati e sono motivatissimo in vista del primo ritiro di dicembre (ovviamente in Spagna) anche perché hanno effettuato una grande campagna acquisti che, unita all’organico confermato, crea un ambiente in cui non vedo l’ora di lavorare e spingere».
Restando al solo parco scalatori, troverai ad esempio un Giulio Ciccone “a pois” che è sempre tra gli italiani più in vista, un giovane in rampa di lancio come Mattias Skjelmose, un uomo come Tao Geoghegan Hart che deve recuperare dal brutto infortunio ma comunque rimane un corridore di assoluto livello: prevale la felicità del confrontarsi con tali colleghi o il timore per la concorrenza?
«Alla concorrenza di prim’ordine mi sono abituato fin da subito in QuickStep, correndo al fianco dei vari Alaphilippe, Evenepoel e via elencando. Ho imparato che la concorrenza ti stimola a migliorare e ti obbliga a guadagnare il ruolo di capitano nelle gare più adatte a te. La vedo solo come una cosa positiva».
Sei contento inoltre di trasferirti in una squadra più "italiana" della precedente?
«Già, è la nazionalità più rappresentata nel loro roster, adesso lo sarà ancor di più con ben sette corridori: Mosca, Cataldo, Felline, Consonni, Milan, Ciccone e appunto io. E c’è tanta Italia nello staff, da quello dirigenziale a quello tecnico e della comunicazione. Probabilmente mi sentirò più a casa: quando parli la stessa lingua, hai la stessa cultura e magari lo stesso modo di pensare, tutto è leggermente più facile».
Ci racconti la storia di questa trattativa?
«Avevo diverse offerte e col mio procuratore Manuel Quinziato abbiamo impiegato parecchio tempo a scegliere. Tra giugno e luglio abbiamo parlato con la Lidl Trek e, quando ci siamo resi bene conto del progetto che hanno in mente, ho deciso di accettare il contratto triennale che mi proponevano».
È un caso che le tue tre vittorie di quest’anno (prima dell’ottima settimana finale nel nostro Paese, successi di tappa in Vallonia a fine luglio e in Slovacchia a settembre) siano arrivate dopo quella firma?
«Ero più tranquillo e al contempo volevo dare il massimo per ringraziare come si deve la Soudal QuickStep».
Oltre ai successi già menzionati, hai alzato le braccia pure alla Coppi&Bartali (seconda tappa) nello stesso 2020 del Tour de l’Ain, poi alla Drome Classic 2021 e nell’ultima frazione della Volta Catalunya 2022, prima del "trittico" dei mesi più recenti: a quale vittoria sei più affezionato?
«Direi l’ultima, il Gran Piemonte, proprio per il momento della squadra in cui è arrivata. Quel 5 ottobre mi sentivo benissimo e avevo detto al team che avrei voluto giocarmela: Mattia Cattaneo è stato eccezionale in salita e in pianura, e sul traguardo di Favria ho ripagato lui e tutti quanti mettendo la mia bici davanti a quella di Marc Hirschi».
Al termine del Lombardia ti trovavi in un punto equidistante da Lugano, dove ti sei trasferito a inizio 2022, e dalla tua Lanzada in Valmalenco: dove sei andato?
«Ho festeggiato a Bergamo coi miei compagni, i miei tifosi e i miei affetti; successivamente sono andato a Lugano con Letizia Mauri, la mia fidanzata. Stiamo insieme da sette anni, lei si è dovuta abituare a stare accanto a un ragazzo che fa la vita da ciclista: non certo quella di una persona normale. Nonostante debba stare tanto tempo da sola, non mi fa mai mancare il suo supporto».
Come ti trovi nel Canton Ticino?
«Benissimo, anche perché alla fine è come stare nel nord Italia dove sono cresciuto. Ci sono diversi percorsi su cui allenarsi e, dettaglio non da poco, rispetto al mio paesino è più comodo per raggiungere Malpensa o Linate!».
Ultima curiosità, sul tuo fratellone: nei ritagli di tempo della sua attività (Nicola si è ritirato nel 2021 per proseguire la tradizione artigianale dei Bagioli: la produzione dei lavèc, tipiche pentole in pietra ollare) in bicicletta ci va ancora?
«Lui lasciò il ciclismo anche a causa di problemi alla schiena legati a un precedente incidente: nel periodo di convalescenza aveva riscoperto il tornio di nonno Renzo e aveva cominciato già ad affiancare quel vecchio/nuovo mestiere a quello di corridore. Oggi alle due ruote preferisce arrampicarsi e sciare, magari un domani riprenderà a pedalare. Di sicuro, lo vedo felice».
Per i fratelli Bagioli, come per ciascuno di noi: a ognuno la sua felicità.
ALBO D'ORO OSCAR TUTTOBICI MAGLIA BIANCA
2018 Gianni Moscon
2019 Andrea Vendrame
2020 Filippo Ganna
2021 Filippo Ganna
2022 Luca Mozzato
2023 Andrea BAGIOLI
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