Scenario uno: la severa disciplina anti-Covid che le squadre tengono ancora in piedi, nonostante la fine della pandemia e la cancellazione di tutte le regole federali, intercetta il virus durante un controllo di routine su Evenepoel. Automatismo scontato: deve fermarsi, deve tornare a casa. E' già successo a diversi colleghi suoi, qui al Giro, è successo tra gli altri al nostro Ganna e proprio poche ore prima ad Uran. Perchè le squadre di ostinano a perpetuare questi controlli controcorrente? Ho chiesto in giro per medici, la risposta è più o meno sempre la stessa: il fisico dell'atleta è una macchina molto potente e però anche molto sofisticata, di fatto si fa prevenzione, perchè nessuno può prevedere come si evolverà l'azione del virus nel fisico dell'atleta, quante volte è capitato alla lunga di riscontrare complicazioni, anche cardiache, anche di una certa cattiveria. Dunque, a Evenepoel va né più né meno come va a tutti i corridori assaliti dal Covid, va come deve andare. Stop. Per paura del Covid. La vera diversità sta nel nome: Evenepoel è il grande favorito del Giro, Evenepoel ha appena vinto la cronometro più importante, Evenepoel è in maglia rosa. Inevitabile il fungo atomico. E' il nome che fa la notizia, la notizia in sé sarebbe banale. In questo scenario uno, un commosso saluto a Evenepoel, una lacrima sulle sue parole struggenti (“Mi si spezza il cuore, non vedevo l'ora di battagliare nelle prossime due settimane”), sonore imprecazioni contro questa fanatica procedura dei team che continuano a cercare il Covid anche quando non lo cerca più nessuno.
Scenario due: non siamo nati l'altroieri, non siamo scesi dal pero, non abbiamo l'anello al naso. Questo tizio ha appena vinto una cronometro sotto l'acqua a 50 orari, vero, ma l'ha vinta di pochissimo, con la lingua di fuori, certo non nel modo tracotante della prima tappa. Di più: il giorno prima, a Fossombrone, ha incassato la prima sberla da Roglic e dai Flik e Flok inglesi. Cioè: due giorni non buoni, non buonissimi. Due giorni carichi di strani segnali. Casualmente, poche ore dopo essersi ripreso la maglia rosa, Evenepoel saluta il Giro. Solo paura del Covid o solo paura, nel senso di fifa? In più: perchè tutta questa fretta, non si poteva sfruttare meglio il giorno di riposo, vedere come si evolve la sindrome Covid, tentare comunque di proseguire? Con due colpi di tosse si è sempre corso, ricordano in carovana. Remco non ha nemmeno quelli, al momento. Aspettare, semplicemente aspettare: questo gli si chiedeva, questo poteva fare. Perchè invece scappare alla velocità del suono? E' Covid o è tremarella? La squadra magari ci dirà che le rilevazioni e i dati sul fisico di Evenepoel avevano già evidenziato un calo di efficienza, come dimostrano le due tappe del week-end. Ci dirà certo che la priorità assoluta è tutelare la salute del campione. E chi può darle torto. Ma in questo scenario due, qualcosa comunque non torna. Senza essere complottisti e terrapiattisti, il dubbio resta. E non è certo un dubbio che contribuisce a rendere Evenepoel più simpatico e amabile, qui al Giro. Non un dubbio che aiuta. Più che altro, perchè non risponderà mai a una inevitabile domanda: dal Tour, in maglia gialla, se ne sarebbe andato così alla svelta?
Conclusioni? Libertà di pensiero e di opinione, ognuno tira le sue. Io non mi tiro indietro, comunque. La mia è questa: vorrei tanto prendere per buono lo scenario uno e buttare fuori dalla porta lo scenario due, ma ammetto che questo scenario due continua a rientrarmi dalla finestra.