Se si pensa a lui in noi affiora un sorriso. Dino Zandegù è chiaramente un uomo di compagnia, una personalità forte e garbata, porta gioia in ogni luogo, casa o piazza. È l’uomo della festa e suona strano sapere che oggi, se fosse stato per lui, non avrebbe di certo festeggiato il suo genetliaco: sono 80.
«Non li ho mai festeggiati – ci dice con la sua bella voce tonante -, non ci ho mai tenuto, a differenza dei miei figlioli, di mia moglie Lalla e dei miei nipoti. Loro ci tengono, io invece avrei tenuto gli anni, nel senso che li avrei fermati, ma quelli sgusciano via, scorrono via veloci, troppo». Sono ottanta, e oggi li festeggerà con la sua famiglia, al gran completo. Ottant’anni da non festeggiare «anche perché non l’ho mai fatto, ma per questo traguardo uno strappo alla regola dovrò pur farlo… Quarantun vittorie, un’infinità di piazzamenti, a conferma che c’ero sempre, in tutte le gare – aggiunge -. Don Mansueto Callioni, caro amico di Felice Gimondi e del sottoscritto, mi ha donato di recente le fotocopie di un volume con tutte le mie vittorie e i piazzamenti. Lì mi sono reso conto che chi mi rimproverava di non essere un corridore continuo, ci capiva davvero poco».
Eppure di ciclismo ci ha sempre capito tanto, e non solo di quello. «Amo anche il buon vino e da anni vendo con piacere quello di Francesco Moser, che è buonissimo. Una cosa è certa, con i miei figli Cristiano e Manolo (per Gianni Mura una crasi tra “MANubrio” e “barOLO”), mia moglie e i miei nipotini Giovanni e Tommaso, un bel brindisi con il suo spumante 51.151 lo farò di sicuro. C’è poco da festeggiare, ma qualcosa farò. Non tanto per me, ma per chi mi vuol bene». E sono tanti.