Un puzzle di frasi, citazioni, ricordi, comandamenti e aforismi, da Luigi Aspes, un massaggiatore, ad Aurélien Passeron, un corridore francese con solidi principi etici, passando attraverso Fiorenzo Magni, Giorgio Albani, Marino Vigna e Italo Zilioli. Dai foglietti volanti dei miei cassetti stracolmi.
“Fausto Coppi faceva il bagno due volte al giorno. Quando correva in pista, se doveva andare in gabinetto, voleva fare il bidet: ma siccome il bidet non c’era, gli preparavo un catino” (Luigi Aspes).
“Per il bagno consigliavo quattro litri di aceto e due chili di sale in metà vasca di acqua, e solo per le gambe. Per il massaggio la ricetta di Giannetto Cimurri preparava una borraccia con alcol puro, aceto, sale ed essenza di mentolo, da passare sulle gambe con un guanto di spugna” (Luigi Aspes).
“Una volta in cui mi vide in difficoltà a pompare le ruote, Coppi mi disse: ‘Se vuoi le gonfio io, ma ho sangue blu nelle vene’” (Luigi Aspes).
“Gran premio a Parigi, la pista di Vel d’Hiv. C’era un massaggiatore francese. Coppi mi disse: ‘Luigino, vieni a imparare’. Mi venne da piangere. Antonio Maspes se ne accorse: ‘Ma come? Da quello là? Fa no inscì, Luisìn, vieni da me’. Massaggiai Maspes, poi Maspes vinse, e fu anche la mia vittoria” (Luigi Aspes).
“Partecipai come concorrente a ‘Telemike’. Davanti a Mike Bongiorno mi emozionai – il cuore che mi batteva così, pensavo di morire - e confusi il Baracchi con il Nazioni. Che figuraccia” (Luigi Aspes).
“Arturo Aspes, mio padre, vide nascere ciclisticamente Fiorenzo Magni. Un giorno Magni gli chiese di diventare il suo massaggiatore. Mio padre gli spiegò: ‘Se Coppi vinceva, prendevo i premi’. Magni gli domandò: ‘Quanto?’. Mio padre gli rispose: ‘Dieci-ventimila lire’. Magni aprì il portafoglio: ‘Tieni’. Era un vero signore” (Luigi Aspes).
“Con più ne spendi, meno te ne rimane” (Fiorenzo Magni).
“I giornalisti scrivevano ‘il vecchio Astrua’ e ‘il giovane Coletto’. Ma tra i due c’erano solo tre giorni di scarto: Giancarlo nato l’11 agosto 1927, Agostino il 14 agosto 1927. Solo che Giancarlo perdeva i capelli” (Giorgio Albani).
“Sempre amico nella vita, mai compagno di squadra di Fiorenzo Magni. Perché lui voleva aiuto e anch’io, se possibile, lo volevo. In più costavo” (Giorgio Albani).
“In salita sputavo l’anima. Per fortuna c’erano gli alpini con il loro passamano. Domandavano: ‘Come ti chiami?’. “Rispondevo: ‘Albani’. E aggiungevo: ‘E spingi più forte’” (Giorgio Albani).
“C’era chi barava. E diceva di essere un altro corridore più famoso” (Giorgio Albani).
“Giro d’Italia 1956, tappa del Bondone, alla prima salita presi il mio passo, il passo del bue, sapevo che era inutile lottare, cercai amici, feci gruppetto. In Valsugana Eberardo Pavesi, il ds della Legnano, mi chiese: ‘Come la va?’. Risposi: ‘G’ho frecc’. Sull’ammiraglia c’era una pila di bici. Tutti ritirati tranne me e Bartolozzi. E da quel giorno per due mesi non sentii più i polpastrelli” (Giorgio Albani).
“Tour de France 1965, seconda tappa, la Liegi-Roubaix. Il giorno dopo sulla prima pagina dell’Equipe c’era la foto di Giacomo Fornoni, seduto a un bar, a sei-sette chilometri dall’arrivo, mentre guardava la tv per vedere chi vinceva” (Giorgio Albani).
“Andò proprio così. Me l’ha confermato Ercole Baldini, che sulla seconda ammiraglia della Molteni aspettava Fornoni fuori dal bar controllando il tempo massimo” (Marino Vigna).
“Giro d’Italia 1996, ultima tappa, si arrivava a Trieste. Jacques Anquetil aveva sete, Fornoni lo convinse a fermarsi con lui, entrarono in un bar, Fornoni si servì, come sua abitudine senza pagare, e i due tornarono in gruppo. Fu l’unica volta - immagino – che Anquetil si sia mai fermato in corsa per bere” (Marino Vigna).
“Savigliano, 1970, noi della Faemino, la squadra di Eddy Merckx, il campione che aveva inventato la corsa di testa, ma anche la squadra di Francesco Desaymonet, piemontese di Rivoli, al secondo anno da professionista. Mattina, albergo, colazione. Desaymonet vinse la sua timidezza riverenziale e osò chiedere a Merckx come avremmo corso quel giorno. Merckx lo guardò, inspirò e poi urlò: ‘Battaglia!’. Desaymonet, tramortito, si pentì di quel suo primo e unico atto di coraggio” (Italo Zilioli).
“La prima corsa: in mountain bike, secondo. La prima vittoria: su strada, categoria allievi, con 3’30” di vantaggio su Nicholas Roche. Il primo titolo: campione di Francia under 23, ma di anni ne avevo 21” (Aurélien Passeron).
“Mai avuto procuratori: la mia filosofia è che proposte e offerte non devo farle, ma riceverle” (Aurélien Passeron).
“Alimentazione pura, biologica, secondo il gruppo sanguigno. E’ sufficiente un test per capire se certi cibi sono compatibili e tollerabili oppure no” (Aurélien Passeron).
“Credo nella bici: mi ha salvato la vita, mi ha messo su un cammino, mi ha dato un destino, è il mio andare nel tempo, mi fa venire la voglia di vivere, mi vedo in bici anche a 70 o a 90 anni. Credo in un mondo sostenibile” (Aurélien Passeron).
GIA' PUBBLICATI
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.