Contador: non sono finito

PROFESSIONISTI | 02/12/2013 | 08:59
L’ultima volta che abbiamo incontrato Alberto Con­ta­dor, ad agosto sulla cima del Mortirolo, ci aveva con­fidato di puntare ad un buon finale di stagione con il Campionato Mon­dia­le di Firenze e Giro di Lombardia in primo piano. La nostra reazione fu de­cisamente di sorpresa, perché il campione spagnolo pareva al termine di una stagione densissima, iniziata molto presto in Argentina e continuata attraverso Tirreno-Adriatico, Paesi Baschi, Liegi, il Delfinato e Tour de France. Di solito, alla Grande Boucle il madrileno faceva seguire uno stacco quasi totale, a meno che non fosse in programma la Vuelta.
Quest’anno per lui un calendario differente: niente corsa iberica, trasferta in Canada, e la decisione di tener duro fi­no ai primi di ottobre, segno che la vo­glia di pedalare del corridore di Pinto è ancora intatta e che forse è finito il tempo dei campioni che si accendono e spengono come fiammiferi durante la stagione.
Lo ritroviamo a Milano, ai primi di ot­tobre nei palazzi della Finanza scortato da Biarne Riis, per una serie di incontri organizzati da Saxo Bank. Anche in questo caso tre viaggi in tre giorni: do­po la piazza meneghina, Londra e Ma­drid, con il volo privato dell’istituto di credito danese. Non si è trattato, come scritto da qualcuno, di un pellegrinaggio alla ricerca di sponsor, ma dell’esibizione fiera da parte della banca danese, che porta il campione nelle piazze fi­nan­ziarie ritenute strategicamente im­portanti per lo sviluppo del business delle piattaforme di trading on line.
In un contesto decisamente formale è facile attirare l’attenzione di Contador con una proposta quasi elementare: par­lare di ciclismo. Il campione si smarca dalle grisaglie dei finanzieri in doppio petto, impomatati, e con spontaneità racconta la stagione più brutta della sua carriera, che lo ha visto vincere solo una volta, a gennaio. La curiosità e la voglia di capire ci spingono alla prima domanda che riguarda il rendimento al di sotto delle aspettative.
«Ci ho pensato parecchio - è la prima risposta del pistolero abbronzato e ma­grissimo nel suo maglione blu - e forse non lo capiremo con esattezza. Pro­ba­bilmente è il risultato di una serie di fattori di cui ancora devo classificare l’ordine di importanza. Sicuramente sono arrivato a luglio in buone condizioni. Lo dicevano i test fisici e i tempi di scalata sulle mie salite di riferimento. Ma ap­pena messo piede in Corsica, le sensazioni non sono state delle migliori. Ep­pure, come detto, ero reduce da una fase di training svolta a dovere. Nono­stante ciò, il fisico non ha risposto come ci aspettavamo».
È lui stesso a fornirci un’interpretazione inedita. «Per ora mi sono limitato ad os­servare un semplice fatto. Abbiamo avuto una primavera fredda e piovosa con il maltempo che ci ha accompagnato per gran parte del mese di giugno. Ho avuto l’impressione che ci sia stata una differente concentrazione di pollini.  Soffrendo di allergia, la cosa mi ha penalizzato. È una questione di fattori ambientali. Perdere un 10% a certi livelli, vuol dire tanto».
«Quello che è certo - aggiunge - è che il mio 2014 inizia già da qui. (Il Lom­bar­dia è andato in archivio il giorno prima Ndr). Pensa che ieri mattina mi sono svegliato convinto del fatto che avrei vinto. Poi in gara abbiamo preso l’acqua, non mi sono idratato come dovevo. Al 140° chilometro ho capito che la mia corsa di fatto era compromessa. Avevo i crampi. Ora staccherò la spina e per un po’ non voglio nemmeno vedere la bici: tornerò in sella a dicembre, pronto a lavorare per tante ore. Non sono più un ragazzino e fatico maggiormente rispetto al passato per trovare la forma. La ricetta credo sarà questa: la­voro, lavoro, lavoro e meno viaggi».
Gli spostamenti sono stati tanti, in ef­fetti. Facendo una breve sintesi questi solo quelli dovuti a sponsor e organizzatori: visite a Copenaghen (da Saxo) e Mosca (Tinkoff), per poi andare a Du­bai (per il lancio della nuova corsa targata RCS), in Argentina (dove il grande capo è Giovanni Lombardi, uno dei manager più influenti del ciclismo) e in Oman (da ASO). In seguito vengono gli impegni agonistici citati in precedenza.
Errori che Alberto non vuol più ripetere e nella nuova stagione uno solo è l’obiettivo dichiarato: il Tour de France, a cui si aggiungerà il ritorno alla Vuelta di Spagna.  
«Ho una motivazione straordinaria che spero possa portarmi ad ottenere grandi risultati. Sicuramente sarò alla Vuelta, una corsa che mi ha dato molto e che amo con tutto me stesso. Prima naturalmente viene il Tour de France e in en­trambi questi grandi giri voglio puntare al massimo risultato. Credo che sia possibile vincerli entrambi, anche se molto dipende dalle circostanze, dai tracciati e dal fatto di avere al proprio fianco una grande squadra. Se non credessi in questa possibilità di doppia vittoria, non mi schiererei alla partenza di entrambi, voglio che questo sia chiaro». Infine aggiunge: «Solo con una grande convinzione si può ottenere il risultato».
La convinzione: un elemento che non lo ha sempre accompagnato in questo 2013. Segnali preoccupanti sono arrivati in tal senso al Tour del Delfinato quando cadde investito da Luis Angel Mate e dette l’impressione di essere un corridore rassegnato. Un segnale d’allarme di una condizione psicologica non ottimale, ma difficile da correggere alla vigilia del Tour. Eppure questa stagione, teoricamente era nata senza le pressioni della squalifica e le tante tensioni degli anni scorsi. Forse un corridore del suo calibro, pur con un palmares eccezionale, ha avuto un rilassamento dopo i tanti anni di crescenti pressioni e situazioni complicate passando dal­la chiusura della Liberty Seguros ai tempi dell’Astana team non gradito al Tour, dalla convivenza con Armstrong alla squalifica. Per il suo diesse Philippe Mauduit questi fattori hanno presentato il conto nel 2013 e Contador li ha combattuti con i mezzi che aveva a di­sposizione. In certi momenti per far fronte a Froome non gli è rimasto che stringere forte il morso fino a farsi male ai denti e alle gambe, ma l’inglese è andato via, imprendibile.
Contador ora riparte e lo fa con il ma­nager che più di tutti ha saputo tenere testa al suo carisma: Biarne Riis.
«Inizialmente Alberto ha faticato ad entrare nei meccanismi del nostro team - le parole del danese sempre al suo fianco - ma poi ha capito la nostra filosofia e si è integrato. Per noi il gruppo viene prima delle esigenze del singolo. La squadra ha però ben accettato Alberto e lui è il nostro leader».
Proprio qui è Alberto a chiudere il di­scorso con grande sicurezza e decisione. «La Saxo è la mia casa. Ci sono ra­gazzi in gamba e compagni molto forti. Non posso chiedere di più né al team né al partner tecnico. Resterò qui per altri due anni e prima di chiudere la carriera voglio tornare a vincere un Tour de France».

di Pietro Illarietti, da tuttoBICI di novembre
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