Scirea: Quel giorno Basso era un automa

PROFESSIONISTI | 02/11/2013 | 09:17
«Se fosse stato per lui, sarebbe an­che ripartito. Ma io non me la sono sentita. Avrei mandato al massacro un amico, un uomo, un corridore. Avrei commesso un grave errore di valutazione e non me lo sarei mai perdonato».
Mario Scirea ha ancora negli occhi quelle immagini di Ivan trasfigurato dal gelo, paralizzato sulla bicicletta come se fosse in preda ad una crisi epilettica. Se la ricorda bene quella giornata da brividi lungo la discesa dell’Envalira, quando Ivan ha cessato di comunicare con l’ammiraglia. Quando Mario ha co­minciato a gridare via radio di fermarsi e il campione varesino non rispondeva più ai comandi. Quando Ivan Santa­ro­mi­ta, il campione d’Italia, ed ex compagno di squadra del due volte vincitore del Giro si è accorto, come del resto Pao­lo Longo Borghini, che la situazione stava precipitando. Esat­ta­mente come quel ragazzo di 35 anni, che non ri­spondeva più ai comandi, e scendeva a rotta di collo senza il controllo del mez­zo. L’hanno capito s­u­bito che la questione era delicatissima. Bisognava fermarlo. Ventiquattro chilometri di strada tutta all’ingù: interminabile, veloce e gelida come poche.
«Credimi, non ho mai vissuto una situazione come quella - ci racconta oggi con ben altro spirito e sentimento Ma­rio Scirea -. Era impressionante. Ivan sembrava un fantoccio in sella ad una bicicletta. Era davvero un automa. Il suo volto era trasfigurato: una maschera. Non era più lui. Non ci credi fin quando certe cose non ti accadono davanti agli occhi. È successo tutto così in fretta, che ancora oggi mi sembra d’aver vissuto un incubo ad oc­chi aperti. Ivan che scollina per se­condo in cima al GPM e comincia la discesa nelle prime posizioni. Io che comunico a tutti i ragazzi di pedalare sempre lungo la discesa, perché il pericolo di ghiacciarsi è elevatissimo. Avevo predisposto diversi punti di ristoro con del nostro personale che era pronto a passare ai ragazzi borracce di the caldo. Tutto era stato preparato nel modo più corretto. Ivan, ad esempio, aveva doppia mantellina, doppia ma­glietta. Gambali, copriscarpe e guanti termici: niente da fare, quando il gelo ti entra nelle ossa sei finito. Dai trenta e passa gradi del giorno prima si è passati ai + 4° di quella dannatissima 14° tappa del 7 settembre (Bagà-Andorra, Col­lada de la Gallina). Pioggia, nevischio, vento e discesa lunghissima: que­sto mix si è rilevato terribile».

Stessa sorte, tra gli altri, per Luis Leon Sanchez, Jelle Vanendert e Krystof Vandewalle: tutti bloccati dal gelo. Ipotermia.
«Non avevo mai visto nulla di simile. Ne avevo sentito parlare, da qualche mio vecchio tecnico. La nevicata del Gavia. Scene dell’altro mondo. Io quando mi sentivo ormai alla fine, mi ritiravo pri­ma, non sono mai arrivato a certi punti. Ma Ivan mi ha fatto vivere davvero ven­ti minuti di paura autentica, dove la priorità era fermarlo».

Un grande lavoro è stato fatto da Ivan Santoromita, Lucas Sebastian Haedo e Paolo Longo Borghini…
«Loro si sono accorti subito che qualcosa non andava. Ivan non rispondeva più. Scendeva governando in malomodo la bicicletta. Santino e Paolo hanno do­vuto letteralmente attaccarsi alla ma­glia di Ivan per rallentarne l’andatura. Ivan non era in grado di azionare i fre­ni, era in uno stato di semi-incoscienza e non riusciva a muovere un muscolo che uno. Una volta fermato, non è stato facile nemmeno tirarlo giù di bicicletta. Santino ha dovuto strappargli la bicicletta dalle mani, che bloccavano letteralmente il manubrio, mentre io e il Lon­go l’abbiamo sollevato di peso per to­glierlo di sella. Era in una condizione incredibile. Chiedete a Moreno Bac­chion, il no­stro meccanico in ammiraglia con me: mai visto nulla di simile. Era im­pres­sionante».

di Pier Augusto Stagi, da tuttoBICI di ottobre
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COMMENTI
2 novembre 2013 10:00 foxmulder
A questo punto un immenso BRAVI va anche a Santaromita, Longo Borghini e Haedo. Mica erano a una scampagnata. Come fai ad accorgerti di un problema simile in condizioni di gara, con il maltempo e in discesa? Si e no riesco a controllare quello che sto facendo io quando corro...
Bravi

2 novembre 2013 12:34 angelofrancini
Mario, all'inizio degli anni '90 abbiamo vissuto una giornata simile alla 4a o 5a tappa della Bergamasca. Si correva un circuito con partenza ed arrivo a Treviglio (150 mt. slm). Bene dopo circa 80 km. iniziò a piovere e la temperatura scese in pochi minuti di circa 20 gradi (andammo sui 4/5 gradi esterni). I corridori cadevano letteralmente dalla bici. Ci vollero più di 25 km. per far capire (alla Direzione sportiva della corsa!?) cosa capitava e che ci si doveva fermare. Alla fine fui costretto ad inventarmi una balla sulla sicurezza (che era un problema della direzione corsa vera!) e fermai la corsa al successivo passaggio sotto la linea d'arrivo.
Fummo poi costretti a fare 6/7 tappe con 60 corridori in corsa. Ma fortunatamente noi quel giorno per i corridori si correva in pianura., ed i rischi furono solo quelli dell'assideramento e non di rovinose uscite di strada.

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