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La passione per la bicicletta può dare alla testa, ma a tutto c'è un limite. É di questi giorni la notizia di un matrimonio distrutto dall’ossessione di un ciclista amatore per le due ruote, che lo ha fatto finire in tribunale. Imputato davanti al collegio un sanitario cinquantenne del comprensorio del lago di Bolsena, contro il quale ha testimoniato la ex moglie rivelando una realtà surreale.
«Tutte le sere dovevo fargli la ceretta, sennò erano urla. Poi alle 21 se ne andava a dormire e si svegliava a mezzanotte per fare ginnastica fino alle 6 del mattino. Ma non solo. Dovevo anche fargli i capelli, lunghi e ricci, ed era tutta una scenata, perché secondo lui gleli facevo male» ha raccontato la donna, spiegando come tra il 2016 e il 2019 il matrimonio sia scoppiato.
«Non gliene bastava una, si è comprato ottomila euro di mountain bike. Più tutti gli accessori più costosi. Spendeva per sé e per lo sport tutto il suo stipendio. Lui sperperava i soldi mentre io dovevo farmi aiutare dai miei genitori e arrangiarmi con mille lavoretti» continua colei che nel 2021 lo ha denunciato per maltrattamenti aggravati in famiglia, davanti ai tre figli della coppia.
«Era arrivato a ricattarmi. Quando dovevo partorire col cesareo il terzo figlio, mi ha detto che se non facevo spostare l’intervento chirurgico in modo che prima potesse allenarsi con la bicicletta, non sarebbe venuto in ospedale. Infatti non è venuto. Come non veniva mai a battesimi, matrimoni, compleanni dei figli. Doveva fare sport, andare in bicicletta. Io ero come una vedova, sempre sola coi bambini» ha proseguito la donna, parte civile al processo.
Purtroppo la mania per le due ruote è stata accompagnata da altre, ben più gravi. «Dalla separazione ho iniziato a trovarmelo dappertutto, al lago e perfino alla croce sull’Amiata, quando in passato non veniva con noi neanche al mare. Una volta che ho tardato a portargli i figli, mi ha spaventata a morte, minacciandomi "se non porti subito i bambini, farò quello che dovevo fare tempo fa". Con tutto quello che si vede in televisione, c’era poco da capire. Ci sono state anche un paio di aggressioni fisiche. Una volta mi ha presa per il collo e io per difendermi l’ho preso per i genitali, ferendolo a un testicolo. Mi sono decisa a denunciarlo quando eravamo già separati, dopo che mi aveva fatto trovare delle croci scalfite sul portone d’ingresso di casa» riporta il sito tusciaweb.eu, che giustamente ricorda che nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.