Negli ultimi due anni gli ordini d'arrivo di molte gare Juniores italiane, soprattutto del Centro-Sud ma non solo, hanno visto comparire con una certa frequenza la sigla AUS (o qualche volta IRL) accompagnata da nomi anglosassoni e alla voce "squadra" una parola inusuale: Veleka. Ufficialmente si tratta di una società della Repubblica Ceca, di fatto è il team di Claudio Terenzi da Ladispoli, organizzatore del Gran Premio Liberazione di Roma. Nella primavera del 2023 Terenzi ha dato vita a una sinergia col corridore professionista australiano "varesotto d'adozione" Simon Clarke per accogliere e introdurre nel ciclismo italiano la meglio gioventù internazionale. Nel 2024 questa squadra, il cui motto (variabile a seconda dell'organico stagionale) è 4 nazionalità, 3 continenti, una Veleka, ha avuto in rosa 9 corridori australiani, 3 colombiani, un irlandese e un italiano, il veloce Fabrizio Laino che è uno dei pochissimi ciclisti calabresi attualmente in attività.
Dopo aver raccolto quest'anno una cinquantina di piazzamenti in top-10, di cui una ventina di podi, di cui 7 vittorie (due con l'aussie Oliver Sims, una col connazionale Jack Clark, una col già citato Laino e ben 3 con lo scalatore d'Irlanda Killian O'Brien) oltre alla soddisfazione di vedere il suo ex corridore Luke Tuckwell disputare Giro Next Gen e Mondiali Under 23, e il suo attuale corridore Alex Eaves disputare il Mondiale Juniores, per il 2025 patron Terenzi è riuscito a piazzare un importante colpo in ammiraglia: l'attuale direttore sportivo Fabio Bordacchini, che ha ben guidato i ragazzi e continuerà a farlo, sarà affiancato nientemeno che da Olivano Locatelli.
Per fare un breve ripasso, il 68enne bergamasco è uno dei tecnici più rilevanti del panorama dilettantistico italiano. Tutto cominciò tra gli anni Ottanta e Novanta, quando per un decennio abbondante nelle formazioni di patron Cioli lanciò i vari Volpi, Bortolami e Gotti e in quelle di patron Orlandi lanciò i vari Belli, Lombardi, Casartelli, Frigo e Mazzoleni, questi ultimi due portandoseli poi insieme a Fina, Commesso e Fagnini nella Mercatone Uno-Saeco di Cipollini, Casagrande, Poli e Bartoli. Ancora professionismo a inizio Duemila, con la Landbouwkrediet nella quale lanciò Popovych, ma mantenendo una doppia attività prof-dilettantismo.
Nel frattempo però la categoria diventa Under 23: in una vita in Palazzago contribuisce a formare profili del calibro di Tiralongo, Pozzovivo, Aru e Ciccone, dopo un fugace ritorno al professionismo in Gazprom si dà nuovamente agli U23 in Fortebraccio (complice il suo trasferimento nel 2018 da Lombardia a Umbria, dove vive tuttora) infine una pandemia "sabbatica" e il resto è storia recente: reduce da un triennio nella Onec di Parma, si appresta a lavorare con gli Juniores... italo-internazionali della Veleka!
Buongiorno Olivano, quanti professionisti sono passati sotto la sua direzione e quali sono le vittorie più prestigiose (a livello dilettantistico) che i suoi corridori hanno ottenuto?
«132 corridori, e come direttore sportivo ho visto miei atleti vincere un totale di 9 Valle d'Aosta, 8 Mondiali, 3 Europei e svariate classiche... ma basta parlare del passato, chiedetemi di presente e futuro!»
Certo, siamo qui per questo. Adesso ha deciso e accettato di lavorare coi 17-18enni anche perché, di fatto, gli Juniores sono i nuovi Under?
Per conoscere la risposta a questa domanda con annesse riflessioni sul futuro della categoria U23 e un'anticipazione sulle prossime mosse della UCI, da stasera potrete ascoltare un estratto inedito di questa intervista nella puntata 241 del nostro podcast BlaBlaBike
Claudio Terenzi, per il terzo anno di vita della sua Veleka, era alla ricerca di un diesse d'altissimo profilo e afferma che con lei ha trovato subito l'alchimia perfetta: dal suo punto di vista cosa ci può dire?
«Conosco Claudio dagli anni Ottanta, quando portavo le mie squadre in ritiro dalle sue parti, a Santa Severa, mentre la proposta di diventare suo direttore sportivo me l'ha fatta quest'estate. Lo ringrazio per aver pensato a me e di avermi dato così uno stimolo "diverso" dopo 44 anni in questo mondo, e sono felice di vedere che sopravvivono degli appassionati come lui che investono nel ciclismo con puro entusiasmo. Questa è una figura che manca oggi, ce ne fossero come lui e come tanti "patron" del passato: aiuterebbero in modo decisivo a far riprendere quota al movimento.»
Ha già avuto a che fare col suo collega Bordacchini?
«Certo, ci siamo già ampiamente confrontati e ci metteremo nuovamente a tavolino per definire gradualmente l'organico per la prossima stagione. Non abbiamo dei nomi attualmente perché sono scelte che vanno ben ponderate e c'è parecchio tempo, poiché la stagione della Veleka inizierà ad aprile. Sono davvero curioso in vista di questa esperienza!»
Prima accennava alla mancanza dei grandi "presidenti mecenati" nel ciclismo italiano. Cos'altro manca?
«Direttori sportivi in grado aspettare e far crescere davvero i talenti. Il "mio" Aru i primi due anni non vinceva, stando a tante persone intorno a me avrei dovuto scartarlo, ma sapevo quali doti aveva e l'ho lasciato crescere, finché al terzo anno ha finalmente ingranato. Tuttavia non do colpe tanto ai direttori, quanto al sistema che si è creato. I diesse oggi non possono più organizzare il lavoro come un tempo: i ragazzi arrivano in squadra che hanno già il loro preparatore e magari il loro biomeccanico, tu direttore devi adeguarti.»
Cos'altro le dà fastidio del "sistema" attuale?
«Sentir dire che non abbiamo più i corridori... in realtà, nonostante tutto, abbiamo ancora il bacino maggiore d'Europa insieme alla Francia! Il problema vero è che non sappiamo dar loro i giusti tempi e spazi, anzi si dà a 16-17-18enni la grande illusione di poter diventare subito professionisti e poi, per pochi che ce la fanno, ce ne sono decine e decine pur ottimi che a 22-23 anni smettono.»
(per ulteriori riflessioni su questo argomento, sul sistema attuale delle categorie in Italia e la questione Continental, rimandiamo anche qui all'estratto che potrete ascoltare da stasera nella puntata 241 di BlaBlaBike)
In cosa consiste il "metodo Locatelli"?
«Non c'è un metodo con la bacchetta magica, inoltre io sono stato molto fortunato a lavorare fin da subito in formazioni che avevano buon potere economico e, di pari passo coi risultati, ho sempre avuto corridori di valore. Se proprio insistete a chiedermi una mia peculiarità, ricordo con piacere quando il preparatore Fabrizio Tacchino mi disse che io ho "l'occhiometro" cioè capire dove possono arrivare i corridori osservandoli. Naturalmente i dati e la scienza sono importanti: di pari passo con l'occhiometro ho arricchito il mio bagaglio frequentando per due anni un centro di psicologia dello sport e per 14 il centro di medicina sportiva a Torino, dove ho capito quali sono esattamente i parametri da prendere in considerazione. Ormai sento parlare solo di watt, mentre si dovrebbe guardare molto di più il consumo di ossigeno perché è lì che si trova il profilo da corse a tappe. Prima menzionavo Aru, ma se avessi dovuto guardare i watt anche di Belli, Pozzovivo e Gotti li avrei fatti smettere subito. Difatti gli atleti di fibra muscolare rossa come loro, che hanno bisogno di più tempo e trovano la maturazione sui 22-23 anni, oggi li facciamo smettere. Basandoci solo sui test e sulla ricerca del risultato tutto e subito, abbiamo finito col valorizzare solo gli atleti di fibra bianca, ossia passisti e velocisti. E appena abbiamo un corridore promettente per le gare a tappe, tipo Tiberi, finiamo col caricarlo di tali aspettative che appena fa un giro a vuoto, fisiologico alla sua età, lo condanniamo, esponendolo ai rischi psicologici dell'eccessiva pressione.»
Oltre a questa "trascuratezza" del discorso-ossigeno, secondo lei la carenza di gare a tappe nei calendari Juniores e Under 23 in Italia è anch'esso un fattore?
«Sicuramente! Trent'anni fa quasi ogni regione d'Italia aveva la sua, dalla Sicilia alla Lombardia (che aveva sia la Settimana Bergamasca che quella Brianzola) senza dimenticare il Giro delle Regioni. Oggi è pieno di corse da un giorno, che fanno emergere solo le fibre bianche e torniamo al concetto di cui sopra.»
Under 23 e Juniores oggi li si fa correre troppo?
«Gli Under corrono il giusto, anzi da noi persino poco a causa di quanto abbiamo appena detto sui calendari. Sono praticamente dei professionisti ed è giusto che corrano parecchio per abituarsi al ritmo gara. Gli Juniores corrono tanto, è vero, ma non direi troppo: semmai corrono con troppa pressione, quello sì, e gli si toglie la gioia di andare a correre. Questo comunque è un problema che hanno anche i professionisti, super seguiti e iper professionalizzati, ormai non puoi pensare di uscire come ti pare perché devi fare esattamente quei watt e quei lavori stabiliti. E il nutrizionista, e il mental coach... Forse si è andati un po' oltre.»
Pure questa intervista "va oltre" nel senso che nel podcast di stasera potrete ascoltare anche considerazioni su multidisciplina, reale beneficio dell'altura, persino di diminuzione degli spermatozoi nel maschio, fino all'annosa mancanza di una World Tour italiana. Con un filo conduttore fondamentale: nelle parole di Locatelli non troverete mai banalità!