PUERTO DE ANCARES. Gran colpo di Michael Woods. Il 37enne scalatore della Israel, campione canadese, dopo il trofeo del Puy de Dome al Tour de France 2023, con un arrivo in solitario si porta a casa il prestigioso traguardo del Puerto di Ancares, la salita più dura di questa strana Vuelta. «Io sono un vecchietto in un gruppo sempre più giovane - afferma con il sorriso dopo il suo sedicesimo successo in carriera - e so che non avrò molte altre opportunità di vincere. Però, visto come sto, cercherò di sfruttare la condizione nelle prossime tappe. Intanto mi gusto questa vittoria, con questa maglia di cui sono molto orgoglioso».
Oggi, alle sue spalle su questa cima inedita. un indomito Mauro Schmid, in maglia di campione svizzero, e Marc Soler. Il 30enne spagnolo della Uae ha cuore e sta attraversando un periodo di forma straordinario tanto da essere in fuga praticamente tutti i giorni. Però è incredibilmente poco lucido sotto l'aspetto tattico e tecnico, basta vedere come si muove male in discesa dove si dimostra incerto, lento e fuori posizione. Fatto sta che, invece di sfruttare la libertà che sta godendo in squadra per la mancanza di un leader che punti alla generale, non raccoglie assolutamente nulla. Più che da applausi, visto che non siamo a una corsa di esordienti, da tirata di orecchie. Il motore non basta, il coraggio neppure.
Wout Van Aert, tra un successo e l’altro, si allena per il Mondiale e trova modo di dare spettacolo. Intanto, sopra la maglia verde della classifica a punti indossa anche quella a pois blu di leader della montagna. Che dopo 13 tappe un passita-veloce come lui sia leader di questa classifica in una corsa così dura è una rarità. O forse è la spiegazione dell’atteggiamento tattico, più che prudente, dei big di classifica.
Questa, infatti, poteva essere una giornata da consegnare alla storia della corsa spagnola, il percorso era perfetto, ma Roglic e compagni - forse neanche tanto convinti delle loro forze - hanno preferito lasciare andare una fuga di 26 corridori a oltre diciassette minuti (tra questi Vergallito bravo a chiudere 9°). La quarta fuga al traguardo nelle ultime cinque tappe.
I primi a muoversi, salendo il Puerto de Lumeras, sono stati i Movistar per Mas ma il ritmo di Quintana non ha impensierito nessuno. Dopo 14’15” di salita è Roglic a rompere gli indugi. Mas gli prende subito la ruota, Landa si regola e rientra. Lo sloveno pedala agile e potente. MotoRoglic è inarrestabile. Landa al traguardo gli rende 35 secondi, Mas - in difficoltà - 58. La maglia rossa O’Connor 1’55”.
Attenzione ai dati di scalata dello sloveno. Per coprire i 7,5 km totali di Ancares, Roglic ha impiegato 21’50”, ovvero 20,610 km/h, con una Vam di 1.912. Ma sui 5 km finali, al 12,92% di pendenza media coperti in 17’50” la velocità media è stata di 16,8 km/h e una Vam (pazzesca) di 2.173. i watt medi sono più o meno 440. «È stato un grande sforzo e sono riuscito a guadagnare tempo. Dovrò proseguire così giorno per giorno». E sul perché non abbia fatto lavorare la sua Red Bull prima la risposta è questa: «Non ho ancora la fiducia in me stesso al cento per cento». Intanto ora è a solo 1’21” dal leader, seguono Mas a 3’01”, Carapaz a 3’13” e Landa a 3’20”. E, da quello che si è visto oggi, potrebbe essere il basco della T-Rex ilo grande avversario di Roglic.
O’Connor, intanto, si presenta in conferenza stampa sorridente come al solito. Mangia, risponde alle domande a bocca piena, si toglie due caccole dal naso. Sarà anche normale così. «Non è stata di certo questa la mia migliore salita - dice - ma sono riuscito a prendere un buon ritmo e conservare la maglia rossa. Andrò avanti così giorno per giorno, non ci sono altre strade, non c’è niente da inventarsi». L’australiano sembra tranquillo: «Non ho mai avuto paura di perdere la maglia rossa. Ho capito che andavo piano ma non così piano da perdere tutto. Certo, mi sarebbe piaciuto stare meglio ma non si può scegliere»”. In Decathlon, però, stasera forse si dovranno parlare chiari. Ma molto chiari. Che Felix Gall, lì per aiutare il leader lo stacchi e arrivi 48 secondi prima è davvero inconcepibile. O, come troppo spesso si dice, anche questo fa parte del “nuovo ciclismo”?