Bebe Vio, nella vita, ha fatto un’inversione a U: “Essere speciali significa far capire che il tuo punto debole diventa quello di cui vai più fiero”. Martina Caironi, la vita, la paragona a una scatola di cioccolatini: “Non sai mai quello che ti capita”. Michele Pittacolo, sulla vita, ha una sua teoria: “Non scopri quanto sei forte fino a quando essere forte non diventa l’unica soluzione”. E di Alex Zanardi tutti, ma proprio tutti, dovremmo sempre tenere a mente questa regola di vita: “Quando in una gara ti accorgi ti avere dato tutto, tieni duro ancora cinque secondi, e poi eventualmente altri cinque, perché è proprio in quei cinque secondi, e poi eventualmente negli altri cinque, che gli altri non ce la fanno più”.
Li chiamiamo disabili. Candido Cannavò, il direttore della “Gazzetta dello Sport” che era così avanti da prendere il vento tirando in testa al gruppo, ne aveva fatto addirittura il titolo di un suo libro: “E li chiamano disabili” (Rizzoli, del 2005). Anche lui ne era rimasto illuminato, o forse folgorato, e certo ammirato. E sulla Rosea dava spazio, importanza e molta dignità allo sport in carrozzina, al paralimpismo, ai valori di chi, un giorno, o una notte, all’improvviso, aveva dovuto fare i conti con un incidente, una malattia, la malasorte, il destino. E non aveva mollato. Anzi, si era prodigato, moltiplicato, ingigantito.
Massimiliano Rubbi ha scritto il saggio “Press Play on Sport”, esperienze di accessibilità sportiva per persone con disabilità (edizioni la meridiana, 98 pagine, 10 euro). E’ una fonte di spunti e storie, utili e preziose. Dalle quattro dimensioni dello sport (attività fisica, aspetto sociale, agonismo, divertimento) alla rete degli SPORTelli in Emilia Romagna, dal metodo Calamai (passa la palla e ti ritornerà indietro; hai più qualità che limiti; quando giochi ti devi divertire) al progetto transnazionale “We Bike Together”, dal pionierismo dei Tori Seduti all’esistenza delle borse sensoriali e delle stanze sensoriali.
Oggi lo sport dei disabili è – allo stesso tempo – esempio e spettacolo, monito e passione, aiuto e sostegno, probabilmente più per quelli che, se solo volessero, potrebbero muovere braccia e gambe e finalmente smuovere volontà e grinta.
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