Dal 9 al 31 maggio si sarebbe dovuto disputare il Giro d’Italia 2020. Tuttobiciweb lo corre comunque, giorno per giorno, con la forza della memoria. Oggi la sedicesima tappa: Aldo Pifferi ci racconta quella del 1965.
“Le cose succedono all’improvviso, quando meno te le aspetti, anche se quello era un periodo che giravo. Era la Diano Marina-Torino, 200 e passa chilometri, dal mare scalando prima il San Bartolomeo, poi il Col di Nava, infine sgommando in pianura. Pronti-via, un nostro compagno di squadra, Renzo Baldan, non stava bene, io mi misi al suo fianco e lo spinsi, arrivò la moto della giuria, il commissario mi avvertì, mi minacciò, mi multò, ma ormai il peggio era passato. Poi fughe e controfughe, finché poco prima di Mondovì nacque quella buona. Capii che sarebbe stata l’occasione giusta, e me lo dissi, anche. Mi inserii nel gruppetto. Dentro c’erano tanti amici, amici giù dalla bici, ma nemici sulla bici, da Vigna a Bailetti, da Fornoni detto ‘il Maestro’ a Baffi. L’unico amico che mi può aiutare – cercavo di ragionare fra me e me – è Bailetti, ma a sua insaputa. Perché lui era uno che aveva bisogno di spazio e che sarebbe partito lungo. E fu così. A un certo punto presi la sua ruota e per paura di perderla smisi anche di tirare. Si arrivava su un rettilineo, quello di Italia ’61. Bailetti partì lungo, e siccome io ero ancora attaccato alla sua ruota, lui senza volerlo mi portò al traguardo. Quando poi – come avevo previsto, e molto sperato – Bailetti calò, io lo saltai. E gli altri finirono dietro di me. Insomma: vinsi. Il palco, i fiori, De Zan. Ma il ‘Processo alla tappa’ no, là andavano solo i capitani”.
Aldo Pifferi da Orsenigo: “A 10 chilometri da Como, lavoravo in un’azienda di tessitura, addetto a certi macchinari per fare le cravatte”. Aldo Pifferi da velocista: “Prima corsa, prima vittoria, in volata. Ma ero un velocista da gruppetto, da gruppettino, meno si era e meglio era”. Aldo Pifferi da maglia azzurra fra i dilettanti: “Anche ai Mondiali del 1959 e del 1961”. Aldo Pifferi da gregario fra i professionisti: “Quando proprio dovevo fermarmi nei bar, mi mettevo d’accordo con altri tre o quattro corridori per aiutarci a rientrare”. Aldo Pifferi da occasioni perdute: “Quella volta che alla quinta tappa del Giro di Sardegna del 1967 Anquetil mi spinse perché secondo lui meritavo di vincere la tappa. Quella volta che alla settima tappa del Giro di Sardegna del 1967 arrivai secondo dietro a Eddy Merckx...”. Aldo Pifferi da vittorie strappate: “Quella volta che alla prima tappa della Tirreno-Adriatico del 1967 nel finale, a uno spartitraffico, ci fu un momento di confusione, io intuii la strada giusta, presi quei 20-30 metri e vinsi davanti a Dancelli, che era il mio capitano. Quella volta che al Giro delle Tre Province a Camucia nel 1967 nel finale ci fu una caduta, io ero in testa e partii a tutta, presi quei 20-30 metri e meno male che stavolta, fra me e il mio capitano Dancelli, c’era un altro corridore. Ma adesso con Dancelli è tutto ok. Ci telefoniamo anche per sapere come stiamo”.
Pifferi, il Pifferi magico, 81 anni, non ha dubbi: “Quella vittoria al Giro d’Italia mi è rimasta appiccicata tutta la vita. E non è da poco. Mi creda, ci sono stati altri colleghi, più bravi di me, che non ne hanno mai vinta una. Il ciclismo con me è stato giusto: molto ho faticato e molto mi sono divertito. Il ciclismo mi ha insegnato a tenere duro. E alla fine della carriera il ciclismo mi ha dato i soldi per acquistare un terreno, costruirci una casetta, aprire anche un negozio di biciclette e tenerlo per 23 anni. Sulla strada della Cappelletta. Ha presente?”.
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