Dirige l’orchestra Marco Villa... L’orchestra è la Nazionale Italiana maschile di ciclismo su pista e Villa è uno di quei direttori di fama internazionale che riescono a far apprezzare le sue sinfonie in tutto il mondo. Dopo il Mondiale di Berlino i pistard italiani sono tornati a casa con la consapevolezza di essere tra i più forti al mondo in svariate discipline e un po’ di merito deve per forza di cose prenderselo anche il commissario tecnico. Villa, lombardo classe 1969, è stato due volte campione del mondo nella madison insieme a Silvio Martinello e ormai da qualche anno sta cercando di far valere la sua esperienza come allenatore. I risultati indicano che il suo lavoro lo sta facendo più che bene, con la consapevolezza che ora arriva il banco di prova più prestigioso e mediaticamente più pesante, l’Olimpiade di Tokyo, coronavirus permettendo…
La più grande soddisfazione di questo Mondiale di Berlino?
«Tutti i ragazzi si son resi protagonisti di prestazioni maiuscole. Abbiamo capito di poter essere competitivi in varie discipline. Cito però il quartetto, è stato grandioso, dimostrando di poter ambire anche alla medaglia d’oro in futuro. La Danimarca in questo momento è un po’ sopra di noi, ma in semifinale siamo andati molto vicini a batterli e se ci fossimo riusciti avremo avuto la strada spianata per la medaglia più prestigiosa. In ogni caso, i tempi sono stati di altissimo livello sia in semifinale che nella finalina per il terzo posto, a conferma del fatto che siamo sulla strada giusta».
E la delusione invece?
«Immagino vi aspettiate che dica Viviani, ma non lo dico. Sapevamo che Elia arrivava a questo mondiale non al massimo della forma e alla fine ci è arrivato con una condizione ancora minore di quanto ci aspettavamo, a causa di quella caduta al Tour Down Under che ha condizionato un po’ tutto il suo avvicinamento. In Australia dovevamo fare quattro allenamenti in pista, ma ne abbiamo potuti fare solamente due proprio perché poi è caduto. Doveva andare in Oman ma la corsa è stata annullata, ha cambiato i suoi programmi e un’altra settimana di lavori specifici in pista è saltata. Durante la rassegna la sua condizione era in crescendo, già nella Madison andava più forte rispetto all’Omnium, quindi alla fine siamo soddisfatti anche della sua prestazione, ci ha dato indicazioni utili».
L’impressione è comunque quella che Elia abbia fatto un po’ fatica in questo inizio di stagione…
«Non sono d’accordo, ha comunque ottenuto due podi ad Almeria e in Algarve, venendo battuto da due grandi velocisti come Ackermann e Jakobsen. Penso che la sua condizione sia buona e non appena si potrà tornare a correre la vittoria arriverà».
Tornando al quartetto, invece, se li aspettava così performanti?
«Il quartetto si sta confermando ad ogni appuntamento, siamo sempre in lotta per le medaglie. A Montichiari abbiamo avuto l’opportunità di lavorare dieci giorni, capendo che potevamo alzare l’asticella e a Berlino avevamo la sensazione di poter migliorare il nostro miglior tempo. Così è stato e ovviamente siamo tutti felici per questo».
Con la piacevole scoperta Jonathan Milan.
«Milan lo abbiamo scelto per fargli fare esperienza e per testargli la gamba anche in vista dell’inseguimento individuale, con l’assenza di Liam Bertazzo e l’influenza di Davide Plebani che gli hanno spianato la strada. Si è inserito subito bene, deve imparare a gestire un po’ lo sforzo durante l’arco della prova, ma sapevamo quanto fosse forte ed è bello vedere che ha trovato subito una grande sintonia con i suoi compagni, che sono stati a loro volta molto bravi ad accoglierlo».
Arriviamo quindi a Ganna. Ormai possiamo definirlo uno dei più grandi della storia?
«Pippo ha avuto una crescita incredibile e continua ad averla. Dopo aver fatto il record nell’inseguimento individuale e aver conquistato una medaglia al mondiale a cronometro nello Yorkshire si pensava potesse aver raggiunto il limite e invece non è così, perché già quest’anno aveva chiuso secondo una corsa a tappe come la Vuelta a San Juan e adesso si è migliorato ancora in pista».
Ma ha dei limiti?
«Non sappiamo dove siano e speriamo di non trovarli mai».
Quando si arriva così in alto non c’è il rischio di sedersi? O non c’è questo rischio con Filippo?
«Direi che non è il suo caso. Ha appena ottenuto un nuovo record nel mondo nell’inseguimento individuale e sta già pensando ad abbattere il muro dei quattro minuti. È sempre in cerca di nuove sfide e questo fa parte del suo carattere, conscio di avere dei grandi mezzi non vuole fermarsi di fronte a nulla».
Lo vedremo misurarsi per battere il Record dell’Ora?
«È uno dei suoi sogni, dei suoi obiettivi. Al momento sta vivendo periodo dopo periodo, dando molto spazio anche alla strada. Per i mezzi che ha il Record è alla sua portata, però al momento non so se abbia ancora la resistenza per dare il meglio in una prova di quel genere. Bisogna pensare che non ha neanche mai corso un Grande Giro e credo che una corsa di tre settimane potrebbe servirgli anche in prospettiva Record dell’Ora. In ogni caso, ha ancora tanti anni di carriera davanti quindi il tempo di togliersi altre soddisfazioni c’è».
Certo che avere due gioielli come Ganna e Milan nell’inseguimento individuale e non poter competere alle Olimpiadi è un peccato. Bisognerebbe fare un appello al CIO.
«Al momento penso non lo prenderebbero in considerazione, visto che abbiamo due corridori da podio (ride, ndr). Però penso che non ci vorrebbe nulla ad aggiungerlo al programma olimpico, non ci sarebbe nemmeno bisogno di cambiare il numero di convocazioni».
Mentre di Consonni cosa ci dice?
«Lo conosco da quando è juniores e anno dopo anno dimostra di avere le capacità e la voglia di fare questo mestiere. Secondo me è un po’ sfortunato su strada, va spesso vicino alla vittoria ma per un motivo o per l’altro questa gli sfugge, pur riuscendo a lottare anche con i grandi nomi. Anche lui penso abbia ampi margini di miglioramento e dalla sua parte ha un grande carattere, non molla mai, anche se non ha più energie si butta sempre in volata. È un corridore che mi piace molto».
Il rinvio dei Giochi ha fatto saltare tutti i piani.
«Di fronte a questo virus, non possiamo fare altro che arrenderci, restare in casa e cercare di aiutarci l’un l’altro. Stavamo già studiando piani alternativi per i ragazzi, la nostra idea era quella di lavorare in pista almeno una volta ogni 7-8 giorni facendo allenamenti specifici. Poi nelle 5/6 settimane prima di Tokyo i carichi di lavoro avrebbero dovuto aumetare in modo da arrivare nelle condizioni migliori in Giappone al top della condizione. Ora dobbiamo riscrivere tutto ma anche noi abbiamo il dilemma di tutti, vale a dire non sappiano quando possiamo riprendere».
Tra un anno a Tokyo firmerebbe per…?
«Con questo gruppo penso che possiamo puntare a una medaglia in tutte e tre le discipline in cui ci presenteremo, omnium, inseguimento a squadre e madison. Il livello dei concorrenti è altissimo, anche perché tutti continuano a migliorare mese dopo mese, ma noi saremo sicuramente competitivi. Senza presunzione, perché non è nel nostro stile, andremo a Tokyo a caccia di medaglie».
da tuttoBICI di aprile
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