Si può pedalare a Roma? Secondo la legge, sì. Secondo la coscienza, no. O almeno così lo pensano in tanti, forse tutti, comunque troppi. Pedalare a Roma non si può per il traffico, per i colli, per i sampietrini, per le buche. Pedalare a Roma non si può perché così è sempre stato, perché così è sempre stato fatto, anzi, non fatto, non pedalato.
Eppure pedalare a Roma si può, e forse si deve. Per snellire il traffico, per godersi i colli, per sopravvivere ai sampietrini ed evitare le buche, perché c’è chi a Roma pedala, come il grande popolo della Ciemmona, come gli irriducibili portacolori delle varie Fiab, come i valorosi iscritti alla VediRomaInBici. E come Franck Kuntz.
Franck Kuntz è un francese che da 25 anni abita, vive e pedala a Roma. Architetto, ha architettato vie e strade, nel senso di modi e maniere per andare in bicicletta a Roma. Lo fa ogni giorno per fare la spesa, accompagnare i bambini a scuola, recarsi in ufficio, girare per la città, avventurarsi in una gita. Ma con il tempo, invece di guadagnare confidenza e fiducia, ha scoperto che sulla strada cresceva la tensione, e nasceva la paura. Una guerra di genere fra bus e auto, moto e bici, fra due e quattro ruote, mettiamoci anche le zampe di qualche sopravvissuta carrozzella, e anche i pedoni. La legge del più forte, che poi è il più grosso. La legge della fretta. La legge della prepotenza. La legge che non contempla l’unica legge vera, quella del rispetto.
Ma Kuntz non si è arreso. Anzi, se ne è preso cura, ci ha preso gusto. E ha scritto “Pedala Roma” (Ediciclo, 96 pagine, 14 euro, con le illustrazioni di Etienne Gendrin), un vademecum, cioè un libriccino da portare con me, con sé, in tasca o nella memoria, nel cestino o nella testa, per continuare a pedalare in una città come Roma, eterna ma pericolosa, con la necessaria consapevolezza. E lo ha fatto con gli schemi e la precisione imparati nella sua professione, partendo dal Codice della strada, elencando subito i motivi seri per cui si sconsiglia l’uso quotidiano della bici a Roma e le ragioni buone per insistere, quindi affrontando temi comuni a tutti gli utenti e a tutti i luoghi, dal tipo di bici al rimessaggio e al parcheggio, da come circolare da soli a come circolare in compagnia, dall’assicurazione alla prevenzione.
Le parti più interessanti riguardano i luoghi comuni della bicicletta e quelli specifici su Roma. Fra i primi: è meglio utilizzare la pista ciclabile che la corsia ciclabile (Kuntz non è d’accordo: meglio la corsia in centro, meglio la pista in periferia), il doppio senso è pericoloso (Kuntz non è d’accordo: le esperienze altrove – Parigi, Lione, Amsterdam, Copenaghen, anche Bologna – provano il contrario), la segnaletica colorata è indispensabile (anche qui Kuntz non è d’accordo: meglio il bianco). Fra i secondi: le piste ciclabili a Roma non sono praticabili (Kuntz è d’accordo), il traffico di Roma è pericoloso per le bici (“A volte può essere così, ma la cultura di una mobilità alternativa richiede del tempo per tutti gli utenti della strada e una volontà politica forte”), a Roma le bici vanno sul marciapiede (Kuntz ammette che “purtroppo” è vero). Un altro capitolo prezioso - 10 punti per valutare una pista o corsia ciclabile – si trova nell’appendice, ma dovrebbe essere considerato quasi una premessa per quegli amministratori che prevedono una pista (o una corsia) ciclabile anche per sfruttare un finanziamento pubblico o solo una convenienza elettorale.
Bravo Kuntz. Bravo anche quando sostiene che “oggi il vero progresso sarebbe fare a meno di una gran parte delle nostre auto”.
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