Se solo bastasse guardare una cartina… Se solo bastasse guardare il “libro de ruta”, come si chiama in Spagna quello che al Giro viene chiamato “Garibaldi”. Se fosse sufficiente dare un’occhiata per capire o interpretare la corsa che sarà. No, non bastano. E per questo, ovvero per capire nei dettagli il percorso della Vuelta che prenderà il via sabato 17 agosto da Lisbona per decretare il vincitore domenica 8 settembre a Madrid, mi sono rivolto a un grande tecnico nonché amico: Javier Minguez.
Da diesse, dal 1979 al 2000, ha guidato Moliner, Fosforera-Zor, Bh, Amaya e Vitalicio Seguros. Due suoi corridori, Faustino Ruperez nel 1980, e Alvaro Pino nel 1986, hanno conquistato la corsa spagnola. Dal 2013 al 2018 è stato c.t. della Spagna e nel 2018 ha portato al trionfo Alejandro Valverde. «Lui quell’anno puntava alla classifica e io ero contrario. Il Mondiale era un’occasione d’oro. A Salamanca sono stato in camera sua ore per convincerlo a correre quella Vuelta come preparazione a Innsbruck. Come avevano fatto prima Bettini e Gilbert. Magari puntare un paio di tappe e mollare. C’erano anche Unzue, il suo massaggiatore… niente da fare. Tenne duro fino alle ultime due tappe di Andorra. Era finito, è stato fatto un bel lavoro a Sierra Nevada per recuperarlo».
Minguez vediamo giorno per giorno che Vuelta ci aspetta. «Vai, partiamo. Ma bisogna fare una premessa: attenzione al grande caldo nelle prime tappe. Dal Portogallo, all’Andalusia passando per l’Estremadura sarà un inferno. Magari non si notano subito gli effetti, ma in queste condizioni si possono averte molti problemi gastrointestinali. Il caldo ti logora poco alla volta, è come un serpente che ti stritola».
Solo una volta si superano, di un soffio, i 200 km. A mio parere manca una tappa maratona sulle montagne, una giornata dove i grandi fondisti possono marcare la differenza. «Hai ragione di sicuro. Però ultimamente il ciclismo è cambiato molto. Ora c’è quello che molti chiamano ciclismo moderno. Tappe corte, alta velocità, più esplosivo. Ferretti diceva: ‘Dopo i 200 km si dividono i campioni dai corridori normali (oddio, la frase non era esattamente così ma l’ho resa più politicamente corretta, ndr)’. Si è visto anche a Parigi che dopo i 200 km la corsa è cambiata completamente».
Sabato 17 agosto, 1a tappa - Lisbona-Oeiras, 12 km (cri). Partiamo con una crono individuale corta nella capitale portoghese. «Una prima giornata che non farà segnare grandi differenze di tempo. Crono veloce e di forza, per specialisti puri. Per gli altri sarà più che altro una sfilata. Però impegnativa perché gli sforzi brevi e intensi fanno bruciare le gambe. Attenzione al vento».
Domenica 18 agosto, 2a tappa - Cascais-Ourem, 194 km. Restiamo in Portogallo per una frazione abbastanza lunga. «Tappa ondulata con un gpm di 4a categoria all’inizio e uno verso la fine. Mille tentativi di fuga, una delle tappe più lunghe di questa Vuelta, il caldo… ma le squadre dei velocisti e quella del leader cercheranno di controllare. L’arrivo in volata dovrebbe essere certo».
Lunedì 19 agosto, 3a tappa - Lousà-Castelo Branco, 191,5 km. Javier andiamo verso una seconda volata? «Anche qui prevedo un arrivo in volata, anche se saranno in tanti a provare la fuga. La giornata non sarà selettiva nonostante si affronti, più o meno a metà, una salita lunga come l’Alto de Teixeira, un gpm di 2a categoria. È lungo, perché sono 17,5 km ma la pendenza solo del 3,2%. Sprint finale».
Martedì 20 agosto, 4a tappa - Plasencia-Pico Villuercas, 170,5 km. Entriamo in Spagna, con una frazione tutta in Estremadura. «Qui, con il primo arrivo in salita, cominciamo a entrare nel vivo della corsa. Nella prima parte della corsa i corridori dovranno affrontare anche due salite abbastanza importanti: Puerto de Cabezabellosa, un 2a categoria, e Alto de Piornal, di 1a. Terreno ideale per la fuga. Però il finale, il Pico Villuercas è duro. Sono 14,6 km al 6,2% ma attenzione perché dal 10° al 13° 3 km sono rampe sul cemento dove si tocca anche il 20%. Poi, prima del traguardo, un altro strappo durissimo al 15-16%. Probabilmente non capiremo chi è il più forte, chi a Madrid si gusterà il trionfo, però vedremo c hi non è in forma. Chi non sta bene. Chi non vincerà la Vuelta».
Mercoledì 21 agosto, 5a tappa - Fuente del Maestre-Sevilla, 177 km. Maestro, Siviglia è magica: l’Alcazar, la Giralda, la cattedrale, la Torre de Oro e la Real Maestranza. Pata negra e tori. La Feria de Abril, le processioni della Semana Santa, Triana, il flamenco…
«Impressionante, Siviglia è una città che rapisce per la sua bellezza. Ma oggi i corridori non potranno distrarsi. Tappa per velocisti, senza se e senza ma, Però dire Siviglia e dire calore è la stessa cosa. Ma calore calore. Quello vero, quello dell’estate andalusa. E non escluderei ci fosse anche vento. Occhio».
Giovedì 22 agosto, 6a tappa - Jerez de la Frontera-Yunquera, 185,5 km. Javier, si resta nella splendida Andalusia per un traguardo sulla Sierra de la Nieves, tra Ronda e Malaga. Tappa ondulata e insidiosa. «Vista sulla cartina è una tappa che non mi dice molto. Non mi pare molto dura, nonostante i tre gpm lungo il percorso e l’arrivo in salita sull’Alto de Las Abejas (3a cat, 8,9 km al 3,9%). Mi sa che queste Abejas (api, ndr) non pungono. Credo sia una giornata di fughe e magari un’occasione per qualcuno di recuperare il tempo perso nei giorni precedenti».
Venerdì 23 agosto, 7a tappa - Archidona-Cordoba, 180,5 km. Restiamo in Andalusia. Si parte dalla pittoresca Archidona, la cui piazza Ochavada ricorda la bellissima Chinchon, per raggiungere Cordoba. Ti potrei chiedere di Manolete e apriresti il libro, ma parlami di questa tappa all’apparenza semplice ma con una trappola nel finale. «Un nome che è un programma: Alto del 14%. Proprio così. È un gpm di 2a a circa 25 km dalla meta. Scremerà il gruppo dei velocisti. Però, te lo ripeto: attenzione al caldo. Sarà il nemico numero 1».
Sabato 24 agosto, 8a tappa - Ubeda-Cazorla, 159 km. Giornata in provincia di Jaen, terra di oliveti a perdita d’occhio. Se ci mettessimo a discutere su chi produce l’olio migliore tra Italia e Spagna potremmo discutere. Restiamo nella corsa. Andiamo dalla bellissima città del rinascimento andaluso fino alla Sierra di Cazorla, dove volteggia il “buitre” e dove crescono i ciliegi disegnano angoli di paradiso. Posto spettacolare, «Claudio va a finire che conosci la Spagna meglio di me. Però sai che questa è una tappa dura. Durissima. Se guardi la cartina e non conosci la zona non te ne rendi conto. Qui la strada è tutto un su e giù, con tratti ripidi. Se trovi un giorno ‘malo’ sei finito. Ciao Vuelta».
Domenica 25 agosto, 9a tappa - Motril-Granada, 178,5 km. Classica tappa di media montagna in terra granadina. Si va da Motril, chiamato “Puerto Pepino” per la grande produzione locale di cetrioli (ma anche di pomodori cherry) alla città della magica Alhambra e del Albaicin. «Attenzione perché qui qualcuno potrebbe mettere piede a terra e andare a casa. Siamo al nono giorno di grande calore e ci sono tre gpm di 1a categoria da affrontare: El Purche, che ha rampe impegnative, e due volte Hazallanas, che è durissimo. Sono 7,1 km al 9,5% con la prima metà tremenda. Il traguardo però è in città. Comunque da queste parti la Vuelta dice sempre qualcosa. Valverde, nel 2006 sul Monachil, finì nella trappola dei kazaki e addio sogni di gloria. La Vuelta se la portò a casa Vinokourov».
Lunedì 26 agosto, primo giorno di riposo. Circa mille chilometri di trasferimento, dall’Andalusia alla Galizia. Corridori in aereo, noi in auto. Per spezzare il viaggio è prevista la notte a Madrid, in un hotel vicino a Barajas. Ma la capitale merita attenzione. Vedremo di studiare qualcosa. Per un giorno la Vuelta può attendere.
1 - continua
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