NIMES. Se al termine di una tappa relativamente tranquilla Van der Poel ti tira una volata così è difficile sbagliare. Se poi ti chiami Philipsen e sei probabilmente il miglior velocista in attività, ecco che i giochi sono fatti. Però sentiamo lo stesso il Capitano per sapere cosa ne pensa.
Cipo, come stai?
«Bene! E tu al Tour ti stai divertendo?».
Sì, non male. Che mi dici della volata?
«Meglio di così… Direi che è stato uno sprint senza storia. Poi, giusto che vinca lui. Detto questo sono sempre volate last minute».
In che senso Mario?
«Che anche stavolta l’Alpecin ha fatto un lavoro chirurgico. Arriva all’ultimo momento, mette i guanti e opera. Però così a volte ti va bene, come oggi, altre no».
Ieri, giorno di riposo, sono andato a salutare un po’ di amici che lavorano nelle squadre. Insomma, il personale. Una tappa all’Astana era quindi obbligata. Bene, sono rimasto incantato a vedere con quale cura Cavendish si sistemava le tacchette. Ci avrà messo venti minuti. Del resto anche tu eri molto attento a questo.
«Certo. E Mark fa bene. Ma non sono molti i corridori che hanno voglia, e ancora meno quelli che sono capaci di sistemarsele in proprio. Però il corridore vero ha una sensibilità particolare. Si riesce a fare un lavoro migliore».
Mark mi ha detto una cosa interessante: “Il mio corpo, i miei muscoli, non solo cambiano al termine di una tappa terribile come quella di domenica, cambiano persino in corsa, dal via al traguardo. L’ideale sarebbe un sistema che permettesse di regolare le tacchette in corsa”.
«Cav ti ha detto una cosa giustissima. Però bisogna avere una grande sensibilità per capire questi adattamenti muscolari. Secondo me, però, non sarebbe la regolazione in corsa dell’aggancio al pedale. Però sarebbe molto interessante potere regolare lo scorrimento avanti/indietro della sella. Pensa solo a come cambia la biomeccanica tra una pedalata in salita e una in gruppo a oltre 50 all’ora…».
Senti Mario, stamattina al raduno di partenza ho parlato con Eusebio Unzue. Il tema principale ovviamente era Pogacar. Secondo lui lo sloveno, in caso di vittoria del Tour, farebbe bene a fare anche la Vuelta perché molto probabilmente la vincerebbe. La sua impresa sarebbe davvero storica perché mai riuscita a nessuno.
«E io quando te l’ho detto la prima volta?».
Mi ricordo: prima del Giro
«Secondo me è l’anno giusto. La sua forma stratosferica coincide con tutta un’altra serie di fattori positivi. Certo che sono scelte difficili da fare».
Quali potrebbero essere i rischi?
«Che vai in sovraccarico di fatica, tensione, concentrazione… rischi di bruciare i serbatoi. Bisogna tenere a mente che Pogacar è un grande campione ma ancora giovane. Non sono un medico, e per fare una scelta così bisognerebbe sentire il parere di uno molto ma molto bravo, ma non sempre un serbatoio svuotato lo riempi al cento per cento. Certo che se ci riuscisse, e io sono convinto di si, Pogacar diventerebbe un mito inarrivabile».
Al raduno di partenza, per la verità, qualche tecnico mi ha pure argomentato le proprie perplessità sulla tappa di domenica a Plateau de Beille. Più di uno ha sottolineato che nella tappa vinta nel 1998 da Pantani il gruppo aveva viaggiato a poco più di 30 orari fino ai piedi della salita. Domenica, invece, secondo i loro calcoli è stata una giornata tiratissima con i corridori che sono arrivati ai piedi dell’ascesa finale con un dispendio energetico di circa 4.200 kjoule. Vedremo nelle prossime tappe che succede.