Giovanni Michelotti, sammarinese doc, per anni ha legato il suo nome al mondo del ciclismo, dapprima come braccio destro di Vincenzo Torriani, patron del Giro d’Italia, poi General Manager della Federciclismo organizzando le sue manifestazioni sportive quali la Sei giorni di Milano e il Giro riservato ai dilettanti.
Torriani era l’uomo che, grazie all’intuito e ai solidi agganci politici, ogni anno inventava il percorso della corsa rosa, ma era Giovanni Michelotti che lo tramutava in realtà. Alla corte del Giro, negli anni in cui il ciclismo era lo sport più seguito e praticato perché ha contraddistinto la ripresa dell’Italia dopo le orrende lacerazioni della seconda guerra mondiale, il geometra Michelotti c’è arrivato per caso.
Studente universitario gaudente, sesto figlio su otto di una facoltosa famiglia patriarcale, un bel giorno il rampollo più discolo si è visto convocare da papà Simone che gli ha messo in mano il passaporto ed un biglietto per gli Stati Uniti, destinazione Detroit presso lo zio che l’avrebbe rimesso in riga. Anziché il volante di una spider, che attirava le ragazze come una calamita, Giovanni si è trovato in mano una vanga e la triste prospettiva di fare il manovale. Era poco propenso a studiare, ma certamente non gli mancava l’inventiva e la voglia di dimostrare a suo padre che aveva i numeri per sfondare nel mondo dell’imprenditoria. In pochi mesi da “vangatore” Giovanni Michelotti si è trasformato in apprezzato costruttore di marciapiedi con un giro d’affari in continua ascesa. Avrebbe potuto diventare l’ennesimo emigrante che ha fatto fortuna oltreoceano, perché gli era stato proposto di costruire il guard-rail di una delle più lunghe autostrade del nordamerica, che attraversava tutto il continente da una costa all’altra. Ma la nostalgia dell’Italia e dei genitori da parte di Rosanna, la giovane ed intraprendente moglie, l’ha indotto a salire su una nave per far ritorno a casa. Ma non più a San Marino, bensì a Milano: l’incontro con Torriani ha fatto sì che a partire dal 1957 venisse costituita una delle più celebri coppie di organizzatori, a far da contrappeso a quella francese formata da Jacques Goddet e Felix Levitan, i patrons del Tour de France.
I Giri degli Anni Sessanta hanno presentano novità a gogò: non solo sport ma anche spettacoli serali con la partecipazione di personaggi come Gino Bramieri e famosi cantanti. La corsa rosa era frequentata da gente dello spettacolo e della cultura come Aligi Sassu e Cesarino Monti, innamorati della bici. La Tv, grazie al Processo alla tappa ideato da Sergio Zavoli, aveva portato il Giro nelle case di tutti gli italiani.
Giovanni Michelotti era il vero direttore di corsa, sempre nel cuore della gara, pronto a improvvisare come nel 1962, quando i ciclisti avevano trovato pioggia, neve, gelo, strade impraticabili: l’arrivo era previsto a Moena, ma dopo essersi consultato con Torriani, era riuscito ad inventare un traguardo d’emergenza al Passo Rolle salvando il Giro anche se in quella giornata tremenda aveva perso ben 56 concorrenti. E’ troppo lungo l’elenco delle “invenzioni” della coppia Torriani-Michelotti nei vari giri. Non si può dimenticare l’edizione del ’73 che, in omaggio alla neocomunità europea è scattato dal Belgio ed è rientrato in Italia dalla Svizzera dopo aver fatto tappa in Germania, Lussemburgo, Francia sconfinando anche in Olanda. Allora c’erano ancora frontiere e dogane, ebbene, la carovana rosa non ha incontrato alcun intralcio ed è stata nobilitata dall’ennesima vittoria del fuoriclasse belga Eddy Merckx. Ma, forse, il vero capolavoro di Michelotti è stato l’arrivo della cronometro di Venezia, in Piazza San Marco. Da anni Torriani sognava di giungere nel cuore della città veneta, alla fine il suo prezioso braccio destro ha trovato la soluzione, attraverso un ponte su barche sul Canal Grande che ha consentito ai corridori di tagliare il traguardo in una delle piazze più suggestive del mondo, nonostante un tempo inclemente.
Chiusa nel 1981 la sua collaborazione con il Giro, Michelotti ha organizzato al Palazzo dello Sport di Milano le più seguite Sei giorni, grazie alla costante presenza di Moser e Saronni che avevano diviso il fronte dei tifosi come era accaduto in passato (fatte ovviamente le debite proporzioni) con Coppi-Bartali e Gimondi-Motta. Il crollo dell’impianto milanese nella storica nevicata del gennaio ‘85 ha interrotto definitivamente il filo che legava Milano al ciclismo su pista, che in seguito si è cercato di riannodare senza esito positivo. L’ultimo grande impegno dell’organizzatore sammarinese nel mondo ciclistico è stato allestire la rassegna mondiale sul circuito di Giavera del Montello sempre nel 1985. Una marea di gente ha invaso le strade della Marca Trevigiana, il risultato non è stato molto soddisfacente per i tifosi italiani, dato il successo del maturo olandese Joop Zoetemelk che aveva deciso di chiudere la sua carriera, ma la maglia iridata l’obbligò a restare in gruppo anche per le stagioni successive. Il terzo posto di Moreno Argentin, campione di casa, era risultato di magra soddisfazione per chi sognava di vedere un azzurro sul gradino più alto del podio. Concluso quell’impegno, Giovanni Michelotti si è ritirato a San Marino, dedicando sempre più tempo al golf, nuova passione che ha continuato a coltivare fino al traguardo dei novant’anni.
Per questa straordinaria ricorrenza il mondo del ciclismo che lui ha frequentato e “organizzato” per tante stagioni ha voluto stringersi attorno a lui in una straordinaria e irripetibile rentrée a Milano proprio il giorno del suo compleanno: 26 giugno 2014. A fargli gli auguri c’erano il presidente in carica della Federciclismo, Renato Di Rocco ed il suo predecessore, Agostino Omini; l’ex organizzatore del Giro, l’avvocato Carmine Castellano; quattro vincitori di Giri d’Italia (Vittorio Adorni, Gianni Motta, Felice Gimondi e Francesco Moser accompagnato dal fratello Aldo, maglia rosa nel 1958), due olimpionici di Roma ’60 (il velocista Sante Gaiardoni e l’inseguitore Marino Vigna). E ancora: protagonisti di tanti successi nella corsa rosa come Dino Zandeù, Stefano Allocchio e Guido Bontempi; direttori sportivi quali Giorgio Albani, Gianluigi Stanga, Franco Cribiori e Davide Boifava; imprenditori di successo quali Alcide Cerato ed Ernesto Colnago oltre ai fidati e fedeli collaboratori dell’organizzazione “Gazzetta” come Giuseppe Figini, Renzo Bellaria e il professor Enrico Fagnani. Appena quattro mesi dopo, il 22 ottobre 2014, il cuore di Giovanni Michelotti all’improvviso ha smesso di battere. Nota a margine (sono intervenuto solo sulla corretta grafia di certi termini segnalando quella corretta in rosso).