Dopo il primo giorno di riposo nei dintorni di Napoli, il Giro d'Italia riparte da Pompei in direzione di Cusano Mutri, frazione breve - 142 km - ma impegnativa con i suoi 2.800 metri di dislivello.
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È una tappa pianeggiante, ma molto articolata planimetricamente nella prima parte attraversando la zona vesuviana. Raggiunta la via Appia si comincia a salire lentamente fino a Montesarchio. Si scalano quindi alcune salite non classificate e la salita di Camposauro (6,1 km al 7,8%, Gpm posto al km 82) che porta prima a Solopaca e quindi a Guardia Sanframondi.
Si percorrono strade di media larghezza con fondo a volte usurato e caratterizzate da numerose curve. Dopo Cerreto Sannita, superata la galleria illuminata che porta nella valle del Titerno, inizia la lunga salita finale di 18 km al 5,6% senza grandi picchi. La salita si snoda, lungo il pendio privo di alberi fino all’ultima parte, con ampie curve e brevi rettilinei.
Gli ultimi km sono in costante ascesa al 7% con brevi picchi superiori nell’ultimo chilometro.
L'ITALIA DEL GIRO
Impossibile trovare al mondo un altro sito archeologico che mostri l’aspetto di una antica città Romana nella sua interezza. Succede solo a Pompei, sede di partenza della decima tappa del Giro. La città fu come cristallizzata dalla famosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C., durante la quale una pioggia di ceneri e lapilli avvolse ogni cosa: case, abitanti, strade, edifici pubblici e oggetti della vita quotidiana. Tutto venne come “bloccato” in una terribile istantanea. Patrimonio dell’Umanità dal 1997, la superficie della città antica è di circa 66 ettari; la superficie scavata è di circa 44 ettari. 1500 sono gli edifici (domus e monumenti) portati in luce. Inoltrarsi tra i viali di questa città riempie gli occhi di bellezza e il cuore di stupore. Difficile staccarsi da qui. Il gruppo però non aspetta e c’è giusto il tempo per una sosta al Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, uno dei maggiori centri di devozione mariana d’Italia visitato ogni anno da circa tre milioni di fedeli.
Pochi chilometri dopo la partenza si incontra il sito archeologico di Longola, scoperto di recente e definito dagli archeologi una “Venezia di 3500 anni fa”. Ed è ancora un mondo antico quello che si apre alla visitando le Basiliche Paleocristiane di Cimitile, presso Nola: un sito poco noto ma esemplare del passaggio dall’età Romana a quella medievale, dal paganesimo al cristianesimo (i primi edifici risalgono al IV secolo d.C.).
Si entra quindi nel Beneventano, culla dell’Aglianico il vino ormai nel cuore dei sommelier e dei consumatori attenti all’originalità di ciò che viene versato. Curioso, appena prima di Arpaia, il passaggio nelle gole delle Forche Caudine, dove l’esercito Romano subì una delle peggiori umiliazioni. In realtà la localizzazione non è certissima, ma pur senza granitiche certezze è piacevole lasciarsi prendere dalla suggestione.
Il tracciato di gara affronta quindi un infinito carosello di salite e discese tra le alture della provincia di Benevento. A Telese Terme ci si concede una sosta rigenerante prima di arrivare a Cusano Mutri. Il paese, nel cui territorio si trova anche Bocca della Selva dove è posto il traguardo della tappa odierna, fa parte dei Borghi più belli d’Italia. Una sorta di certificazione per quello che è considerato il gioiello più prezioso del Parco Regionale del Matese. Oltre che dagli amanti della natura, il luogo è frequentato dai fedeli che si recano nella chiesa di San Giovanni Battista al cospetto della Spina Santa, che si ritiene provenire dalla corona di Cristo. La locale tradizione della lavorazione della pietra viene invece celebrata dal mortaio in pietra più grande del mondo, entrato a far parte del Guinness dei primati. Il posto giusto per un selfie originale prima di salire a Bocca della Selva da dove, chi ha gambe appena discrete, può raggiungere la vetta del Monte Mutria, impareggiabile terrazza panoramica sui monti del Matese.