
La carriera di Damiano Caruso è arrivata al suo capitolo finale. È ancora da capire quanto lungo sarà questo capitolo, ma il siciliano della Bahrain Victorious ha deciso che è quasi giunto il momento di chiuderlo, magari con un lieto fine chiamato Giro d’Italia 2025. Sarà la fedele spalla di Antonio Tiberi - al quale si affiderà tutta la squadra nonostante i malanni fisici di questi giorni al Tour of the Alps - ma Damiano ha voglia di ritagliarsi ancora qualche spazio da primo attore.
Damiano, al Tour of the Alps sei sempre lì davanti.
«Sono dovevo volevo essere, avevo già avuto le sensazioni giuste in allenamento, ma finché non sei in gara, finché non ti testi contro gli altri, non ne hai mai la certezza. In queste tre tappe ho sentito il corpo reagire bene agli strappi e alla fatica, quindi bene così».
Stai preparando il tuo 21° Grande Giro. È ormai una routine o c’è sempre un po’ di emozione?
«L’emozione, devo ammettere, c’è sempre. Probabilmente perché il Giro resta per me una gara speciale, una gara che mi ha dato tanto in carriera. E poi ci sono delle possibilità che questo sia l’ultimo della mia vita ciclistica, quindi direi di sì, l’emozione c’è ancora, forse anche di più di altre volte».
Cosa ti farà decidere se è l’ultimo o meno?
«Finché avrò la certezza di poter essere utile a me stesso e alla squadra, allora potrò andare avanti, altrimenti mi faccio da parte. Tanto se questo non è l’ultimo anno, lo sarà il prossimo».
37 anni. La fatica è più fisica o mentale?
«Questo sport ha sempre richiesto tanto tempo, rinunce, attenzione all’alimentazione ecc.., ma nel ciclismo di oggi si è tutto moltiplicato. Negli ultimi due mesi sono stato a casa una settimana… capisci bene che, per un 37enne come me con famiglia e figli, diventa davvero complicato e dispendioso. Sono arrivato ad un punto della mia vita in cui dico “ok, la bici ha rappresentato un capitolo fantastico della mia esistenza”, ma fuori c’è qualcos’altro di più importante, la mia famiglia. Qualsiasi decisione prenderò dipenderà soprattutto da loro».
Fino a due anni fa preparavi il Giro per affrontarlo da leader, ora no. Cosa cambia?
«In carriera ho avuto la fortuna di vedere le due facce della medaglia: ho preparato il Giro per affrontarlo da capitano, ma anche per per viverlo da gregario, affianco a un grande capitano. Quando lo prepari da leader è completamente diverso, hai una pressione enorme sulle spalle, perché la squadra dipende da te e senti di doverli ripagare, sai di dover rimanere concentrato 24 ore su 24 per praticamente due mesi, contando la preparazione. Se da gregario il peso è soprattutto fisico, da capitano devi essere forte mentalmente».
Ecco, il tuo capitano Tiberi ha avuto un intoppo nel suo avvicinamento al Giro.
«Ci ho parlato in questi giorni. Per sdrammatizzare gli ho detto “meglio ora che tra 2-3 settimane”. E in effetti è così, deve stare tranquillo, il ciclismo è questo, capita a tutti e tutti i giorni, non ci sono sostituzioni e ce ne facciamo una ragione. Adesso deve solo smaltire questo malanno e poi ripartire da dove aveva lasciato, come se nulla fosse successo».
Quindi nessun allarme?
«Se non è nulla di serio come sembra, non bisogna preoccuparsi. Ripeto, capita continuamente di svegliarsi col mal di testa o col mal di stomaco. Non lavoriamo chiusi in ufficio, quindi anche questi piccoli intoppi non vanno sottovalutati. È stato giusto fermarsi piuttosto che trascinarsi. Deve solo guarire».
Hai corso con tanti grandi corridori. Tiberi dove lo collochi?
«Ha le carte in regola per diventare più che un ottimo corridore. I margini di miglioramento non li conosciamo noi e non li conosce lui. Sono sinceramente curioso di vedere dove arriverà nei prossimi 3 anni. L’unica cosa che mi sento di dire è che è un corridore sopra la media».
Che Giro ti immagini?
«Non essendoci Tadej Pogačar mi aspetto una gara molto aperta. Come squadra sono più che tranquillo, avremo anche Pello Bilbao che reputo uno dei migliori compagni mai avuti in carriera. E poi ci saranno Edoardo Zambanini, Andrea Pasqualon e non solo. È banale dirlo, ma ci vorranno le gambe, se nella terza settimana hai l’1% in più degli avversari, puoi fare la differenza».
Roglič e Ayuso sono i favoritissimi. Potete inserirvi in questa lotta?
«Roglič ha esperienza, a 35 anni va ancora fortissimo, e Ayuso è un gran talento. Però, passami il termine, sono corridori con cui “ci puoi ragionare”. Se commetteranno errori, se avranno qualche giornata storta, bisognerà approfittarne. Sarà un bel Giro».
E per te sarebbe bello se…
«Guarda, se Tiberi finisce sul podio e io vinco una tappa posso ritirarmi con grandissima serenità».
Ah, quindi le ambizioni personali non le hai accantonate.
«Assolutamente no, l’obiettivo personale è di vincere una tappa. So che sarà difficilissimo, anche perché comunque lavorerò per Antonio e le energie che spenderò per lui non ce le avrò in un’eventuale fuga, ma da questo punto di vista sono contento ci sia anche Bilbao, perché uno sarà sempre con Antonio. Però ne ho parlato con la squadra e mi hanno dato il via libera per tentare, forse, l’ultimo colpo della mia carriera».
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.