Pantani andava da lui nel centro di Imola ogni giovedì pomeriggio, prima o dopo l’allenamento, con la scusa di farsi sistemare la bici che gli aveva dato la sua squadra, la Giacobazzi. Pignolo, umorale, esigente, perfezionista, ai confini con l’ossessione. Un giorno era lo sterzo, un giorno il manubrio, un giorno la sella troppo avanti, un giorno la sella troppo indietro. Incontentabile. Finché un altro giorno Pantani gli chiese di avere una bici su misura. Walter Dosi non aveva mai fatto un telaio su misura per un dilettante, “ma quel ragazzo ti prendeva il cuore”, e alla fine cedette.
Rileggo il racconto che Dosi fece a Mario Cionfoli per il suo “E tu, te lo ricordi Marco?” (Reverdito, 156 pagine, 15 euro, del 2021). E rivedo quello scalatore di montagne che veniva dal mare di Cesenatico, rivedo quella crapa pelata con le orecchie a sventola, rivedo quel modo schietto e però timido ma a volte anche spavaldo, rivedo quel corridorino che in salita risaliva il gruppo studiando e godendo delle facce stranite stravolte stralunate degli avversari, rivedo quel Pirata che nella pioggia mista a neve di un giorno buio e tempestoso e forse proprio per questo indimenticabile impugnò il manubrio basso e si alzò sui pedali e sul Galibier decollò a cinquanta chilometri dal traguardo.
Cionfoli dichiara il suo amore: “Cercare di dare e trasmettere un’emozione nata dalla passione per lui e per le sue imprese”, perché “nessuno di noi può dimenticare quegli attimi in cui il Pirata ci ha fatto sognare di fronte al televisore con i suoi scatti, le sue progressioni, le sue imprese”. E allora l’autore ricomincia da zero, ricostruendo una storia conosciuta, ma mai abbastanza e mai troppo, la prima bici, la prima corsa, la prima vittoria, la prima vittoria in solitudine, e quella volta che mise le catene alla bici e poi cercò di stare in equilibrio sul ghiaccio del canale, e quella volta che, e anche quella volta che, e perfino quella volta che.
E Walter Dosi? Quella volta che Pantani era da solo in testa in salita quando si spaccò una congiunzione del tubo orizzontale. Dall’ammiraglia Marco recuperò la bici di un compagno ritirato, ancora più piccola della sua, e ricominciò a pedalare, e vinse, un minuto e mezzo sul secondo. Invece di arrabbiarsi e sfogarsi, tornò da Dosi e lo pregò di riparare quella bici spezzata. E Dosi, lavorando giorno e notte, sostituì il tubo orizzontale e lo risaldò, e poi la firmò: 91DW520. Dove 91 sta per 1991, DW sigla Dosi Walter, e 520 è il numero progressivo del telaio costruito quell’anno.
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