Al ritiro di Calpe della Lidl Trek abbiamo incontrato Tao Geoghegan Hart, che si è raccontato a cuore aperto dopo mesi passati lontano dai riflettori per rimettersi dalle conseguenze della brutta caduta di cui è stato protagonista al Giro d'Italia.
Dopo una lunga e impegnativa riabilitazione il vincitore della corsa rosa 2020 è finalmente pronto a tornare e per il 2024 con il nuovo team ha messo nel mirino il Tour de France. «Prima ancora della Grande Boucle penso a tornare al livello che avevo a maggio, il più alto mai raggiunto. Mi è spiaciuto non dimostrare quanto fossi forte al Giro, dopo il successo al Tour of the Alps mi sentivo più in palla che mai. Non voglio pensare a come sarebbe andata se non fossi caduto, non si può dire con certezza se con G (l'ex compagno Geraint Thomas, ndr) saremmo riusciti a battere Roglic ma con il gruppo che avevamo di sicuro ci saremmo divertiti. Alla corsa rosa schieravamo 5 uomini che avrebbero potuto giocarsi la generale più uno che ha un motore super e non a caso è il detentore del record dell'ora (Filippo Ganna, ndr). Ero talmente orgoglioso di come ci eravamo preparati che, anche se distrutto, ho seguito le tappe rimanenti dall'ospedale. Dispiace non aver realizzato in termini di risultato il lavoro svolto con Ineos ma spingere i propri limiti sempre più in là per migliorarsi è nella nostra natura e io sto lavorando proprio per questo. Tra aprile e maggio penso di essere arrivato al mio meglio, ma magari non era ancora il mio 100%» esordisce il 28enne londinese, che nell'11a tappa della corsa rosa rimediò una frattura scomposta e un'emorragia interna alla gamba sinistra.
«Sono stato operato la notte stessa dell'incidente e ho trascorso 12 giorni all'ospedale Villa Scassi di Genova, cercando di rassicurare famiglia e fidanzata (la calciatrice Lotte Wubben-Moy, ndr) che erano più preoccupati di me. A seguire ho passato nove settimane in un centro di riabilitazione sportiva specializzato nei Paesi Bassi, il Fysiomed Amsterdam, per recuperare il movimento del ginocchio, della caviglia e del piede, far guarire il femore sinistro e i muscoli del quadricipite e dell'anca. Ci sono voluti cinque mesi prima che potessi risalire su una bicicletta. Ormai sono 6 settimane che mi alleno bene. Ho 16/17 placche di titanio sparse nel corpo, che rimuoveremo tra 11 mesi, l'inverno prossimo» ricorda Tao, affabile e loquace come d'abitudine.
«62 ore dopo la caduta ho iniziato a pensare a come tornare. Ho scelto di non effettuare la riabilitazione ad Andorra, dove vivo, e ho cercato un posto valido in una città facilmente raggiungibile dai miei cari e allo stesso tempo interessante a livello culturale. Ne ho approfittato per godere di stimoli diversi dal solito: da ciclista sono abituato a passare il tempo in cima a una montagna come il Teide o a passare giorni in hotel per turisti come quello in cui ci troviamo adesso. Dopo ore di fisioterapia invece volevo visitare una galleria o un museo. Nella realtà dei fatti alcuni giorni nemmeno riuscivo a tirarmi su dal letto. La riabilitazione rispetto all'allenamento a cui ero abituato è davvero stancante e decisamente meno divertente. Non ho mai dormito dopo un allenamento classico, invece dopo 1-2 ore in palestra e altrettante di trattamento non riuscivo a tenere gli occhi aperti per guardare un film. A livello mentale è stata dura perché da ciclista non vorresti fermarti mai e io amo andare in bici, ma se penso che sono arrivato ad Amsterdam che non riuscivo a camminare e alla fine con la mia Brompton potevo esplorare la città sono orgoglioso del percorso svolto. Sono stati 4 mesi molto intensi, nel tempo libero ho respirato aria interessante, traendo il meglio da questa esperienza» continua questo ragazzo dai capelli color pel di carota che ama il calcio e l'Italia.
Il suo obiettivo è tornare ad alzare le braccia al cielo, con la nuova divisa. «Cambiare team dopo 7 anni ufficiali ma molti di più insieme è strano ma fa parte del gioco. Ero a Londra quando è stato presentato il primo team Sky, nel 2014 ho preso parte al primo training camp con questo gruppo che ha fatto la storia del ciclismo e di cui sarò sempre orgoglioso. Ho detto grazie e arrivederci a tutte le persone con cui ho avuto la fortuna di lavorare da quando sono professionista e ora guardo al futuro come è giusto che sia. Con la maglia della Lidl Trek nei prossimi 3 anni spero di togliermi tante soddisfazioni e ispirare i giovani come i campioni della Sky fecero con me e tanti bambini inglesi e non solo. Quando il mio fratellino più piccolo mi disegna mi rappresenta vestito da ciclista, passiamo la maggior parte del tempo in sella e abbiamo la responsabilità di essere un modello per le nuove generazioni».
Mai banale, Tao ci lascia con una riflessione profonda che ci fa venire ancora più voglia di rivederlo in corsa. «Gli atleti professionisti sono umani – puntualizza. - Ognuno di noi investe tanto, trascorre tempo lontano da figli, mogli, mariti, affetti in genere, e vuole ottenere il massimo. A volte dai tutto e non ottieni nulla. Il processo è composto da su e giù, ma non possiamo lamentarci. Basta guardare cosa succede ogni giorno nel mondo per renderci conto che siamo le persone più privilegiate in assoluto. Facciamo ciò che amiamo, non sono sacrifici quelli che sopportiamo perché abbiamo la passione a guidarci. Se così non fosse non saremmo a Calpe in questo hotel a dicembre, né io né voi. Le nostre vite sono difficili da spiegare. Al centro di riabilitazione ho incontrato giocatori di calcio, hockey, tennisti e chi più ne ha più ne metta, ma parlandoci non capivano com'era la giornata tipo di un ciclista. Per qualunque altro sportivo è inconcepibile che quando siamo a casa ci alleniamo con i nostri avversari, che sono rivali in corsa ma amici nella vita. Dobbiamo apprezzare l'unicità del ciclismo, io lo faccio e sono grato di essere qui a parlare con voi della passione che ci unisce».