Alla presentazione del Giro d’Italia a Roma c’era anche Paolo Bettini: nel suo palmares ci sono due ori Mondiali e uno Olimpico e poi le due vittorie alla Liegi-Batsogne-Liegi e una alla Milano-Sanremo. L’esperienza a Bettini non manca e, dopo aver corso in bici, ha ricoperto il ruolo di commissario tecnico della nazionale italiana di ciclismo.
Ha scoperto il Giro d’Italia insieme a noi, che impressioni ha avuto?
«Bello, bello, bello! E, come ho detto in diretta, mi sarebbe piaciuto correre un Giro d’Italia come questo, perché c'è una prima tappa non banale. Io sapevo mettere in difficoltà i velocisti e poi sapevo anche batterli, mi sarebbe piaciuto avere una prima tappa così per giocarmi subito la prima maglia rosa».
Quali sono le tappe che secondo lei decideranno il Giro?
«La cronometro da Lucca a Pisa è un passaggio chiave e poi le tre tappe importanti di montagna, soprattutto le ultime dove abbiamo visto un dislivello importante. Le altimetrie saranno decisive perché basta un momento di crollo, anche psicologico, e in quel tipo di tappa è possibile perdere tanti minuti. Come invece se ne possono guadagnare tanti e la storia lo insegna. Per me è un Giro disegnato bene, equilibrato, spettacolare con un finale col botto».
Cosa può dirci dei ciclisti italiani che vedremo?
«Tiberi deve crescere ancora. Potrà diventare il nostro uomo importante, ci potrà far togliere qualche soddisfazione. Abbiamo un velocista come Milan che avrà l’occasione di divertirsi in alcune tappe. Però soffriamo. Non dobbiamo e ripeto, non dobbiamo nasconderci dietro a un dito e far finta di niente».
Si riferisce al movimento ciclistico italiano?
«L'Italia ha un grosso problema di riqualifica di tutto il settore ciclismo e non solo per quanto riguarda il professionismo. Si sta parlando del Giro d'Italia ma per arrivare a correre una gara così importante con i grandi campioni bisogna lavorare molto bene dalla base».
Lei è un uomo che ha molta esperienza. E’ stato un importante campione e ha ricoperto il ruolo di commissario tecnico: a suo avviso cosa bisognerebbe fare per far rinascere il nostro ciclismo?
«E’ indispensabile trovare il modo di riportare i nostri giovani a fare sport prima di tutto. Sto parlando in generale, non soltanto di ciclismo, perché portare i ragazzi a correre in bici non è facile. Il ciclismo oggi è uno sport che soffre, è evidente che non dobbiamo far finta che questo problema non esista. Dobbiamo andare a chiedere alle famiglie di portate i bambini e le bambine a correre. Dobbiamo chiedere alla famiglie di darci i loro figli per fare ciclismo e li alleniamo sulle strade, ma già questo è un ostacolo molto importante. Il ciclismo è pericoloso ed è comprensibile che preferiscano sport dove li portano in una piscina o in un palazzetto e non a pensare alle problematiche legate al traffico e a tutti i rischi che ci sono. Non possiamo dar torto alle famiglie che non si fidano più del nostro sport e dobbiamo fare qualcosa tutti per il bene del ciclismo italiano».
Se lei dovesse incontrare un bambino che non conosce assolutamente il ciclismo e il Giro d'Italia, cosa gli racconterebbe di questa corsa?
«Gli direi poche parole ma efficaci: pretendi, lotta e fatti portare a vedere una tappa del Giro d’Italia. Cerca di capire cos'è il Giro perché il ciclismo è qualcosa di meraviglioso che ti fa sognare ad occhi aperti. Il Giro d'Italia è una grande festa e vivendo anche solo un giorno, un solo momento di questa grande festa, allora ci si può innamorare del ciclismo, che per me è lo sport più bello di tutti e ancora adesso continuo a innamorarmi».