Si ritrovarono in una decina, la sera, a cena. Roberto Ballini, Mauro Simonetti non solo come corridore ma anche come rappresentante dei corridori all’Ucip, Wilmo Francioni, Sigfrido Fontanelli… Dicevano: ai campioni i grandi ingaggi, a noi soltanto le briciole. Dicevano: relegati in fondo al gruppo, in fondo alla classifica, in fondo ai guadagni. Dicevano: siamo le ultime ruote del carro. Poi dissero: allora basta, adesso basta, basta così. Poi giurarono: guerra sarà.
E fu guerra. Circuito degli assi di Monsummano, alle porte di Pistoia, in notturna. Era il 25 giugno 1970: 102 km in notturna, ingresso a pagamento. E quella che avrebbe dovuto essere una corsa combinata, aggiustata, manovrata, divenne corsa vera, autentica, primitiva. Unica, nel suo genere. Perché al di là delle maglie, che legavano i corridori a ruoli e compiti; al di là degli ingaggi, che distinguevano i corridori in protagonisti e comprimari, o meglio, in luci e ombre, o meglio, in protagonisti e comparse; e al di là delle consuetudini, delle tradizioni, anche delle logiche, che pretendevano i campioni vincenti e i gregari perdenti; ecco che ogni comparsa si appiccicò alla ruota di un protagonista, ogni gregario succhiò la ruota di un capitano, ogni ombra – com’era giusto che fosse – si nascose dietro una luce.
Finì come forse avrebbe dovuto finire secondo accordi altolocati: primo Michele Dancelli, secondo Franco Bitossi, terzo Felice Gimondi. Ma quello che Ballini chiama “la protesta”, “la ribellione”, addirittura “la sommossa”, non poté non essere notata. Soprattutto dall’organizzatore del circuito di Monsummano, e di tutte le altre kermesse dei professionisti, Nino Recalcati. Che alla prima occasione si vendicò. Ignorando, licenziando, semplicemente non ingaggiando, senza preavviso, i contestatori.
Fu così che al Circuito degli assi di Larciano, lunedì 21 settembre, 125 km, di giorno, scoppiò il caso. Roberto Ballini, che da quelle parti, in particolare a Cerbaia, poteva vantare una larga schiera di ammiratori, soltanto al ritrovo di partenza scoprì di non essere in gara. Avvilito, umiliato, insomma, moralmente distrutto, girò la bici e fece per tornare a casa quando incontrò Eddy Merckx. I due erano uniti da una fatale coincidenza: un anno prima, al Giro d’Italia, nella tappa di Savona, Ballini aveva celebrato il suo giorno più felice, primo per distacco, e Merckx aveva vissuto il suo giorno più malinconico, squalificato per doping. Si narra che Roberto raccontò tutto a Eddy, o forse che fu la moglie di Roberto a raccontare tutto alla moglie di Eddy. Si narra che Eddy si indignò e promise di fare il possibile, affrontò Recalcati e difese Roberto. E si narra che fu così che Merckx, capitano e campione nonché nella circostanza sindacalista, salvò il comprimario e gregario nonché nella circostanza operaio Ballini. A Larciano, davanti a – si narra – 50 mila spettatori, avrebbe poi vinto Franco Bitossi su Mauro Simonetti e a 7” Jean-Pierre Monséré sul gruppo (fra i 31 iscritti c’era anche Meo Venturelli, che però abbandonò la corsa preferendo andare in fuga con la miss piuttosto che con un collega). Ma si narra che quel giorno, nonostante il settimo posto nell’ordine d’arrivo, vinse ancora una volta Merckx, stavolta più a parole che a pedali. Una vittoria, comunque, di cuore.
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