Eravamo davvero in tanti, ierimattina nella Chiesa di San Matteo a Laigueglia, per l'addio a Bruno Zanoni, ex corridore professionista e ultima Maglia Nera al Giro d'Italia (nel 1979), scomparso a soli 71 anni per un male incurabile.
Numerosi suoi vecchi compagni e amici erano venuti a porgergli l'estremo saluto: Serge Parsani, Gianni Motta, Giuseppe Perletto, Osvaldo Bettoni, Claudio Corti, Pietro e Vittorio Algeri, Pierino e Nicola Gavazzi, Isaia Spinelli, Giovanni Mantovani, Josef Erba, Giordano Tironi, Ennio Vanotti, Enrico Maggioni, Fabrizio Macchi...
Ma c'era anche l'ex cestista azzurro Fabrizio Della Fiori e tanti dirigenti e giornalisti sportivi. Fra i quali Paolo Viberti, fra le lacrime, ha ricordato commosso in chiesa durante i funerali la figura sportiva e soprattutto umana di Bruno, «persona straordinaria per bonomia e generosità, solerzia e altruismo, insostituibile "patron" dell'antica classica di ciclismo Trofeo Laigueglia, ma soprattutto meraviglioso marito della signora Iussi, splendido papà di Matteo e Mara, affettuoso nonno e prezioso amico di tanti appassionati della bicicletta e non solo. L'avevo visto per l'ultima volta meno di tre mesi fa, proprio a Laigueglia, dove Bruno viveva e mi aveva invitato a colazione. "Va tutto bene, gli ultimi esami che ho appena fatto in ospedale sono perfetti" mi aveva detto con apparente sincerità e felicità, come a voler allontanare definitivamente lo spettro di quella malattia che lo aveva colpito anni prima. Ma adesso che se n'è andato senza disturbare, come era nel suo costume, mi sorge il terribile dubbio che in realtà Bruno sapesse bene che qualcosa nel suo corpo gli si era rivoltato contro e fosse in qualche modo consapevole che la salita per lui era diventata sempre più impervia, quasi invalicabile. "Noi corridori siamo abituati a stringere i denti e lottare, sempre" si era limitato a sottolineare non a caso quella mattina. E oggi mi viene persino da pensare che forse già due anni fa, quando ci aveva invitati in tantissimi a un pranzo nella sua terra natale (era di Nembro, nella Bergamasca) per festeggiare - disse lui - l'avvenuta guarigione da un tumore maligno, Bruno fosse già presago del suo terribile destino e ci avesse voluto radunare laggiù in realtà per salutarci un'ultima volta ma senza rattristarci. Perché Bruno Zanoni era così: gioioso, leale, generoso, appassionato, gentile, umile, altruista... Una persona meravigliosa della quale conserveremo sempre la preziosa eredità e uno struggente ricordo. Buon viaggio, Bruno, non ti dimenticheremo».
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