Hai voluto la bici?... Come una buca presa all’improvviso, le nuove proposte del nostro Governo ci hanno fatto sobbalzare sulla sella e per un attimo perdere l’equilibrio: ma dallo stupore alla delusione, bisogna prendere atto che l’interesse c’è e forse la volontà di porre fine alle stragi sulle strade.
Forse le proposte disattendono un’aspettativa nata da promesse di prendere a cuore la tutela e la sicurezza dei ciclisti: un problema che esiste, evidente, che è sotto gli occhi di tutti e che purtroppo salta alle cronache solo in vista campagne elettorali o dopo fatti gravi come gli episodi milanesi.
Pur apprezzando lo sforzo e ritenendo utili tutti i mezzi e gli strumenti che possano aiutare il ciclista a farsi vedere, evitare e rispettare, quali luci, frecce dobbiamo però constatarne l’inefficacia, almeno quale strumento di tutela e di educazione.
Sarebbe più utile, a nostro avviso, un approccio che partisse da una conoscenza approfondita delle problematiche di chi vive la bicicletta che sia per trasporto o per sport, due mondi talmente diversi da meritare due discipline separate, con regole precise e che possano mirare all’educazione e alla sensibilizzazione degli automobilisti, alla guida di mezzi che spesso si trasformano in armi micidiali scagliate contro le categorie più vulnerabili.
Noi in bici ci viviamo: pedalata, scritta e nelle aule di Giustizia… qualche spunto possiamo concedercelo!
Il metro e mezzo non basta e non può essere la soluzione, ne siamo convinti, ma poteva costituire un punto di partenza, per ricordare agli automobilisti che avrebbero l’obbligo “di prestare attenzione quando incappano in un ciclista, imponendo loro di accertarsi di poterlo superare in piena sicurezza prima di iniziare la manovra! ”…si tratta di un regola che è già scritta, all’art. 148 del codice della strada, rafforzata dal codice penale che punisce chi la dovesse violare con pene più severe, il cosiddetto “sorpasso cautelare”.
Andrebbero rafforzate questa ed altre norme, rivisti punti quali la fila indiana (anacronistica) o l’utilizzo delle ciclabili (spesso pericolose più delle strade veicolari), ma certamente possiamo ridimensionare l’utilità, per quanto utile, di ulteriori obblighi rivolti ai ciclisti quali frecce, campanelli, targhe o altri orpelli (salvo il casco che pare già assurdo richiedesse una norma per educare ad indossarlo), poiché se da un lato il messaggio è ancora una volta di colpevolizzazione dei ciclisti, spostando così il fulcro del problema (condotte scellerate di automobilisti), dall’altro risultano semplici supplementi, fonte di ulteriore burocrazia (immaginiamo solo il registro di tutte le targhe delle biciclette!).Quanto all’assicurazione, utile certamente, ma al pari di una RC capo famiglia che sarebbe da imporre, a questo punto, a tutti per i potenziali danni che ciascuno, cani, figli o parenti, potrebbe cagionare in mille modi.
Queste poche righe vogliono essere un appello, una mano offerta da parte di chi ogni giorno raccoglie vittime e gli appelli dei loro parenti, vite spezzate o gravemente ferite per cause assurde e dovute a comportamenti illeciti, irresponsabili ma ciò che più è grave INCONSAPEVOLI, di automobilisti per lo più è convinti di trovarsi nella ragione e nel giusto, percependo il ciclista come un ingombro che rallenta e disturba la sua marcia sulla strada e possiamo affermare con piena certezza e competenza che una targa, un campanello o la freccia non gli salverà la vita né lo metterà al sicuro sulle strade.
Queste righe hanno quindi scopo di critica costruttiva da un lato e dall'altro offerta di disponibilità ad offrire competenza, dati raccolti, le testimonianze di chi ha subito danni ingiusti, gravi o lievi, le perizie cinematiche, i verbali di incidenti, per analizzare, proporre e cambiare in modo incisivo le regole, affinchè la legge che ne uscirà possa nascere dall’esperienza e dalla conoscenza oltre che dalla competenza, rivestendo il duplice ruolo di imporre regole immediate e farle rispettare ma anche di educare e sensibilizzare tutti gli utenti della strada.