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Talento e volontà, attitudine e allenamento. Gambe e polmoni, cuore e testa. E risultati. Per essere non campioni, ma grandi campioni. Indispensabili doti naturali, innate, genetiche, e qualità acquisite, affinate, elevate. E qualcosa in più. Qualcosa, a suo modo, di unico. E sempre con uno spirito che, più che sportivo, è competitivo, e più che partecipativo, è vincente. Fausto Coppi, per esempio. Eddy Merckx, per esempio. E Tadej Pogacar, per esempio.
Claudio Barbieri e Alberto Pontara hanno scritto “I grandi campioni del ciclismo” (Newton Compton editori, 384 pagine, 14 euro). Gli dei della bicicletta. L’olimpo dei corridori. Stelle, e non meteore. Fuochi, e non scintille. Un firmamento con 74 grandi campioni (da Ottavio Bottecchia a Filippo Ganna), cinque coppie di grandi campioni (duellanti, come Jacques Anquetil e Raymond Poulidor, o nemici, come Stephen Roche e Roberto Visentini, o fratelli, come Frank e Andy Schleck), tre terzetti (compreso quello, formidabile e attuale, con Mathieu van der Poel, Wout von Aert e Remco Evenepoel), un quintetto (il durante e il dopo Marco Pantani: Ivan Gotti, Gilberto Simoni, Stefano Garzelli, Paolo Savoldelli e Danilo Di Luca), una (sola) grande campionessa (Alfonsina Strada) e un grande campione fra parentesi (Alfredo Martini). Insomma, un grande grandioso grandissimo gruppo di testa.
Per ciascun grande campione un ritratto di tre pagine e mezzo: gli autori inquadrano, elencano, descrivono, trovano anche le righe per citare e ricordare, premettendo una ideale canzone di riferimento e aggiungendo uno stringatissimo palmarès. Da leggere dall’inizio, come un testo di storia, o dalla fine, come un film al cinema, o saltando qua e là, per geografia o per scienza, per psicologia o per caso. Il ciclismo, segnato dai grandi campioni, è una chiave di lettura, una lente di ingrandimento, un diario di bordo. Ci accompagna, ci racconta, ci dimostra.
Le scelte, come tutte le scelte, si possono discutere all’infinito, con il rischio di rimanere ciascuno ancorato alla propria idea. Si nota come fra i grandi campioni ci siano anche Fabio Casartelli e Wladimiro Panizza, Frank Vandenbroucke e Nairo Quintana, Loretto Petrucci e Richard Carapaz. Si nota come ci siano molti più grandi campioni da Pantani a Evenepoel che non da Coppi a Pantani, e molti più grandi campioni da Coppi a Pantani che non da Bottecchia a Coppi. Si nota la presenza di Michele Scarponi, non quella di Davide Rebellin. Si nota l’assenza di Federico Bahamontes, non quella di Richard Virenque. Ci sono informazioni e notizie, dettagli e virgolettati, momenti dedicati alla scrittura, ma anche refusi ciclistici (Péllissier invece di Pélissier). Ci sono citazioni nobili (“Né spagnolo né francese, comunista e fascista, contadino e pittore, sole e buio, forse la sua patria vera era la strada”, Gianni Mura, amatissimo dai due autori, a proposito di Luis Ocana). E c’è molta passione.
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