Più passa il tempo, più cresce la distanza fra Gianni Brera e i giornalisti sportivi, sempre che lui fosse soltanto un giornalista sportivo. Perché Brera era molto di più, giornalista e scrittore, autore e inventore, direttore e creatore, perfino poeta, su carta e radio, tv, cinema e teatro, banchetti e tavolate (e dovunque avrebbe spopolato, dai podcast a Twitter). Da protagonista, da mattatore, da arcimatto.
A quasi 104 anni dalla nascita (l’8 settembre 1919, una settimana prima di Fausto Coppi) e a poco più di 30 dalla morte (il 19 dicembre 1992), le parole scritte su Brera travolgono quelle scritte da Brera in una carriera pur travolgente, dalla “Gazzetta dello Sport” alla “Repubblica” passando per “Il Giorno”, “Il Giornale” e “il Guerin Sportivo”, decine di libri e migliaia di pezzi, paginate e marchette, rubriche e lettere, elzeviri e cronache, vignette e fogliettoni. Tutto e di tutto: un prodigioso vulcano, un prodigio vulcanico. La più recente opera sul Gioannbrerafucarlo s’intitola “Per Gianni Brera l’Arcimatto” (Edizioni Zerotre, 318 pagine, 18 euro), è stata curata da Adalberto Scemma con Alberto Brambilla ed è composta di studi, documenti, omaggi e memorie di 34 fra giornalisti, cattedratici, storici, viticoltori e liberi pensatori (Ferdinando Albertazzi, Mino Allione, Andrea Aloi, Alberto Brambilla, Vladimiro Caminiti, Massimiliano Castellani, Sebastiano Catte, Gino Cervi, Paola Colaprisco, Piero Faltoni, Vittorio Feltri, Gigi Garanzini, Mariella Gini, Sergio Giuntini, Filippo Grassia, Antonio Lanza, Gilberto Lonardi, Lorenzo Longhi, Andrea Maietti, Beppe Maseri, Gianni Mura, Gianluca Oddenino, Marco Pastonesi, Darwin Pastorin, Salvatore Piconese, Raffaele Pompili, Massimo Raffaeli, Claudio Rinaldi, Adalberto Scemma, Mario Sconcerti, Mario Sicolo, Giuseppe Smorto, Gianni Spinelli e Luca Urgu). Sarà presentata martedì 17 gennaio, dalle 17 alle 20, nella Sala Appiani (ingresso libero) dell’Arena di Milano, a Brera intitolata, grazie all’organizzazione dell’Associazione dei cronisti e storici dello sport (La Cro.s.s.).
Brera è (e lo sarà sempre di più) irraggiungibile non solo per conoscenze e intuizioni, non solo per talento e carisma, non solo per istinto e natura, ma anche perché il giornalismo non è più quello novecentesco (e non potrebbe essere altrimenti), si è arricchito (Internet lo ha liberato e moltiplicato), ma si è anche impoverito (meno giornali, meno redattori, meno soldi, meno possibilità, meno opportunità, meno indipendenza). Troppo spesso i giornali si scrivono non sulla strada ma davanti alla tv (ci sono direttori nominati per ridurre, innanzitutto, le spese) e si pensano in salotti e non in tram (Gino Palumbo tornava dallo stadio di San Siro con il 15 per ascoltare i commenti – a caldo – degli spettatori e farne gli argomenti della settimana), la convivenza con gli atleti è diventata virtuale o digitale (Brera abitava con calciatori e allenatori, respirava con corridori e direttori sportivi, frequentava i pugili nelle palestre e i discoboli nelle pedane), i compensi per i collaboratori talvolta sono ridicoli e offensivi, insufficienti per campare di soli pezzi.
Brera, nel confronto con i senzaBrera e i dopoBrera, avrebbe comunque stravinto. Ma il 6-0 6-0 è dovuto all’impraticabilità del campo.
PS Personalmente, a rischio di sembrare irriverente, più che per Brera il mio cuore batte per Mario Fossati