Dopo le interviste a Bruno Reverberi, Marino Amadori, Rossella Dileo ed Egidio Fior, abbiamo rivolto anche a Graziano Beltrami (patron dell'omonimo team Continental) il domandone: "Quali sono secondo lei le principali cause dell'attuale crisi del ciclismo italiano?"
«A parte che non bisogna fasciarsi la testa: come in tutti gli sport ci sono cicli, momenti in cui ci sono "buttate" di corridori di livello e poi altre. In questo momento stiamo vivendo un passaggio del testimone da un certo numero di atleti di alto livello ad altri più giovani che vengono fuori piano piano. Al momento della maturazione, i più validi vanno nelle World Tour dove disputano corse di secondo piano o fanno i gregari: in questi casi saltano fuori con un po' di ritardo, ma quando saltano fuori sono già maturi, faccio l'esempio di un Bagioli. Quelli che prendono la strada delle Professional hanno picchi maggiori ma poi faticano a mantenere il livello perché ci vuole una certa preparazione anche psicologica per sopportare una certa pressione. Questo per quanto riguarda i corridori già formati. Guardando ai settori giovanili, ci sono tanti aspetti da tenere in considerazione. Ne prendo in considerazione alcuni: ci sono sempre meno ragazzi che vanno in bici e questo genera carenza di "materia prima". Inoltre le Continental non possono legarsi ai giovani ciclisti perché si possono fare solo contratti annuali: appena uno fa un paio di risultati scappano via, il procuratore li piazza in categorie superiori e noi non abbiamo modo di programmare la loro crescita con la giusta pazienza».
E ancora: «Altra questione, riguardante gli Under 23: settimana scorsa ero agli internazionali di Riolo Terme: sono andato a osservare con attenzione le squadre straniere, dai materiali al modo di lavorare, e rispetto a noi fanno un altro sport, hanno una concezione molto più professionale rispetto alla nostra. I ragazzi li vedi più concentrati. Questo si lega pure alla maggior possibilità economica all'estero di stipendiare i tesserati, rispetto agli esigui rimborsi spese delle squadre italiane. Però quando si tratta della propria crescita i soldi dovrebbero contare fino a un certo punto... Scendiamo infine alla base. Ormai per fare selezione immediata e far uscire allo scoperto i veri talenti, organizzano gare sempre più dure già negli Esordienti: vedo percorsi che trent'anni fa non sarebbero mai stati autorizzati. Giusto o non giusto? Non sta a me giudicare, tuttavia va considerato che i ragazzini nell'età dello sviluppo possono cambiare fisicità e dunque prestazioni nel corso della crescita, e ognuno ha tempi fisiologici differenti: magari uno che da esordiente va piano poi sboccia da allievo, juniores o Under 23, e viceversa. Guardate Pesenti: quest'anno quasi doveva smettere, ora va forte come mai prima e ha già preso accordi per salire nei professionisti la prossima stagione. Ricordo inoltre quando lui e Baroncini alla Coppi & Bartali arrivavano al traguardo insieme... Infine la pandemia ha dato una mazzata ai conti delle società: oramai siamo forse troppe Continental, alcuni dirigenti sono disperati nel cercare di trovare personale, stimoldi e soldi. Per questo penso che la priorità ora sia riformare la quantità più che cercare a tutti i costi la qualità fin da subito: organizziamo più gare possibile e tagliamo certi costi, allentiamo la burocrazia nell'organizzazione e coinvolgiamo più persone e atleti possibile. C'è da ricreare il sottobosco!»