DILEO. «CICLISMO ITALIANO IN CRISI? ECCO IN COSA SIAMO PENALIZZATI RISPETTO AGLI ALTRI PAESI»

INTERVISTA | 14/05/2022 | 08:18
di Nicolò Vallone

Il ciclismo azzurro vive una fase di crisi. Sicuramente dal punto di vista dei risultati, con la mancanza di grandi campionati da risultati "top" nel World Tour (al netto di alcune situazioni particolari come Ganna nelle cronometro e Colbrelli nelle classiche dell'anno scorso: del resto, una tradizione come quella dell'Italia mica si cancella in un decennio). Veniamo da una campagna del nord senza un nostro connazionale in top ten, e nei Grandi Giri i favoriti ormai sono fenomeni di altri Paesi.


Abbiamo deciso dunque di interpellare sul tema alcuni personaggi del panorama ciclistico italiano: oggi è il turno di Rossella Dileo, storica dirigente del team Colpack


C'è una premessa d'obbligo: «Abbiamo passato anni d'oro dove il nostro sport era prettamente italiano - esordisce la Dileo -. Di quei tempi sono rimasti tecnici e direttori, meccanici e massaggiatori, che sono per la maggior parte nel World Tour: vuol dire che a gestire le strutture siamo ancora quelli bravi.»

Le difficoltà arrivano quando si tratta di preparare i talenti a diventare campioni in un professionismo sempre più mondiale. E qui c'è il macigno che grava sulle spalle di chi porta avanti il ciclismo in Italia: «Qua da noi c'è una pressione fiscale, tra tasse e contributi, praticamente doppia rispetto all'estero - fa notare la Dileo - che induce gli atleti ad andarsene e influenza inevitabilmente i budget delle società. Amadori ha pienamente ragione quando sostiene che più squadre World Tour e Professional italiane aiuterebbero il movimento, ma se altrove ci vogliono 10 milioni e qua 15-17...»

Le disparità di vario tipo tra Italia e altri Paesi sono il filo conduttore della conversazione con la responsabile organizzativa della Colpack Ballan. Questi altri esempi concreti che ci porta la nostra interlocutrice:

«In Italia abbiamo una regolamentazione molto restrittiva sull'utilizzo delle stanze ipobariche per prendere più in fretta la condizione, mentre all'estero le usano senza problemi. O ancora: solo in Italia hai l'obbligo di fare i famosi due anni da Under 23, mentre altrove puoi bruciare le tappe. Insomma, in questo Paese devi lottare un pochino di più rispetto ai colleghi stranieri perché il sistema in generale sembra invogliarti ad andar via. E anche la differente durata dei corsi di studi superiori tra noi e gli altri ha una sua incidenza. Ipotizziamo uno spagnolo e un italiano di 19-20 anni: a parità di età, uno fa il primo anno di università (dunque più gestibile come organizzazione e orari) mentre l'altro è ancora all'ultimo di liceo, con la conseguenza che o è uno a livello di Nazionali azzurre oppure a scuola sono inflessibili sulle ore di assenza. Naturalmente noi siamo a primi a dire al ragazzo "dai la precedenza agli esami di maturità" però così un piccolo gap nel percorso ciclistico si crea. Del discorso fiscale ne parliamo da trent'anni, mentre quello scolastico è più recente: tra i corridori di una certa epoca d'oro in pochi si sono diplomati in tempo, il mondo di oggi invece è diverso, devi garantirti una certa preparazione e un titolo di studi quindi quasi tutti vanno in fondo con la maturità. Ora, io non dico necessariamente che noi sbagliamo e sono giusti gli altri: dico che certe questioni puoi valutarle se le regole sono uguali per tutti.»

C'è poi un ambito nel quale l'Italia secondo Rossella Dileo "si è svegliata dopo": «Ci siamo sempre concentrati sulla strada, ma l'insicurezza crescente delle strade ha dirottato genitori e ragazzini sugli sterrati. Adesso il settore giovanile della mountain bike sta avendo una crescita elevata pure da noi, intanto nel ciclismo internazionale sono già approdati fior di campioni dalla MTB...»

Ma oltre a tutto questo - chiediamo alla Dileo - non c'è anche un po' troppa fretta di bruciare le tappe da parte di giovani corridori e rispettivi procuratori? «Ok, ma quella non c'è mica solo alla base! Quelli "di sotto" cercano di progredire più veloce del dovuto perché in alto, se non porti risultati in breve tempo, ti lasciano a piedi. Per menzionare proprio il grande Nibali, i 18 anni suoi non sono quelli di un talento odierno: il sistema è cambiato, tutti cercano il fenomeno.»

Tanti processi ed effetti che si intersecano, e non potrebbe essere altrimenti in un problema parecchio complesso dalle soluzioni non semplici. La Dileo comunque chiude con questo spunto: «Come fatto giustamente per le donne, si dovrebbero potenziare e far correre le gare Under 23 omologhe delle grandi corse maschili in corrispondenza di queste ultime, per dare maggior visibilità e incentivare gli sponsor.»

 

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COMMENTI
Eh no la scuola
14 maggio 2022 08:34 Miguelon
Accorciare la scuola a tutti per permettere a qualcuno di fare il professionista a 19 anni? Ma siamo pazzi? Ricordatevi che gli ignoranti escono dalle scuole di altri paesi, dal nostro non ancora. Vogliamo un popolo solo di polpacci e cosce?

Professionisti a 19 anni?
14 maggio 2022 11:29 Cyclo289
Mi dite il nome di qualche ragazzo italiano passato professionista a 19 o 20 anni (bypassando le regole o meno) e che poi ha sfondato come professionista?
Lo stesso Ganna è passato a 21.

Io temo invece che il tema delle camere ipobariche incida molto di più: è assurdo che ciò che è consentito ad uno spagnolo o un olandese sia impedito a un italiano: o si vieta a tutti, o si consente a tutti.

Dichiarizioni assurde
14 maggio 2022 11:34 torchemada
Problemi fiscali e di scuola , ma di cosa stiamo parlando , qui si tratta di sport e del vivaio giovanile.
Ma se la colpa fosse dei grandi team che sono 4/5 che hanno costretto a tutti quei piccoli team di chiudere e di conseguenza a molti ragazzi chiusa la strada per proare? Molti campioni sono usciti daipiccolo team , molti team , molte gare, molti praticanti, aumento di possibilità, che importanze hanno le gare vinte quando un team fa 1-2-3 ? Ragioniano da sportivi e non da commercialisti

A Torchemada
14 maggio 2022 12:52 Miguelon
Ha perfettamente ragione. È con questa mentalità che si rovina tutto. Estrarre valore, anche dai giovani, senza costruirlo. Lo scenario finale non può che essere la povertà.

A Miguelon
14 maggio 2022 16:10 Rossella
Buongiorno , mai detto di accorciare la scuola , anzi SE LEGGI bene dico anche fortunatamente oggi in molti fanno le superiori e sono molto felice che 4 dei miei atleti siano iscritti all ‘ università con ottimi voti ……. Io non mi preoccuperei di chi fa sport e fatica ma di tutti i giovani che fanno soldi a palate sul web con il loro corpo ma ….. sono cavoli loro .
Ho solo detto che riaspetto a molti stati esteri siamo due anni indietro e quindi facciamo più fatica .

A Torchemada
14 maggio 2022 16:19 Rossella
Sono stanca di sentire la divisione piccoli e grandi team perché sono 32 anni che sono sulla strada e siamo nati anche noi piccoli anzi no piccolissimi e ad oggi ti posso assicurare che il Team che vuole crescere negli anni lo ha fatto e lo fa ….. chi invece vuole “ usare “ lo sport o farsi i cavoli propri lo ha fatto e continuerà sempre e solo a brontolare …… quindi basta e concentrarsi sui propri problemi

1 anno? 2 anni?
14 maggio 2022 18:54 Cyclo289
Ho capito: forse era meglio quando il corridore ciclista aveva sì e no la quinta elementare.

Esasperazione giovanile
14 maggio 2022 18:58 lupin3
É innegabile che a partire dagli squadroni toscani juniores anni 2000 e dallo strapotere sempre piú accentuato di poche squadre dilettantistiche negli ultimi 20 anni rispetto a prima, questo fenomeno abbia portato a un impoverimento generale del vivaio a fronte di un livello giovanile elevato . Paradossalmente per un italiano cominciare a correre a 16/17 anni, anche (má non solo) per questo motivo, é molto difficile. In genere iniziando prima a correre arriviamo piu "stanchi" al professionismo. Má questi sono solo uno dei tanti problemi del movimento che la Fci dovrebbe analizzare e per lo meno tentare di risolvere . Ci vorranno anni

A Rossella
14 maggio 2022 20:52 Bicio2702
Allora, ricapitoliamo:
Tolto il problema della scuola che non sussiste
Tolto il problema dei piccoli team che non sussiste
Rimane che DOVETE concentrarvi per risolvere il problema delle camere ipossiche.
Non è possibile che andando a dormire per 15gg in quelle camere a livello del mare simulando l'altura di 3000/4000mt si tiri su l'ematocrito da 40 a 49 in scioltezza.
Anche i mezzi corridori riescono ad andare forte e vincere e recuperare subito le fatiche.
Non è giusto !

Domanda
14 maggio 2022 22:25 gaspy
Il problema è per andare a correre alla Colpack devi aver fatto punti da juniores e non pochi!!!! Poi li ti spremono perchè ti hanno preso per campione e sono già 4 anni al top poi passi prof e non ne hai più!!! Guardate quanti corridori Colpack o squadre simili sono passati e hanno fatto risultato!!!!! La camera ipobarica serve a far andar forte anche il ronzino!!!!!!

Gentile Rossella
14 maggio 2022 23:33 Miguelon
Lei parlava di gap rispetto ai paesi stranieri in ambito ciclistico per i giovani. In un passaggio, che riporto, lei citava la scuola: "E anche la differente durata dei corsi di studi superiori tra noi e gli altri ha una sua incidenza. Ipotizziamo uno spagnolo e un italiano di 19-20 anni: a parità di età, uno fa il primo anno di università (dunque più gestibile come organizzazione e orari) mentre l'altro è ancora all'ultimo di liceo, con la conseguenza che o è uno a livello di Nazionali azzurre oppure a scuola sono inflessibili sulle ore di assenza. Naturalmente noi siamo a primi a dire al ragazzo "dai la precedenza agli esami di maturità" però così un piccolo gap nel percorso ciclistico si crea". Mi paiono incontrovertibili le sue parole. Li sproniamo ma c'è il però. E all'università sono più gestibili. E all'esterno quasi tutti finiscono la Secondaria a 18 anni. Siccome anche in Italia si parla di allinearsi a questi standard stranieri per i più svariati motivi, ecco che ho fatto due più due. Tanto la scuola viene distrutta da tutti. Da Ferrara in giù.

Gentile Rossella
14 maggio 2022 23:38 Miguelon
Nelle sue parole che analizzavano il gap ciclistico a livello giovanile tra ragazzi italiani e stranieri, in un passaggio citava la scuola, con le parole che riporto di seguito: "E anche la differente durata dei corsi di studi superiori tra noi e gli altri ha una sua incidenza. Ipotizziamo uno spagnolo e un italiano di 19-20 anni: a parità di età, uno fa il primo anno di università (dunque più gestibile come organizzazione e orari) mentre l'altro è ancora all'ultimo di liceo, con la conseguenza che o è uno a livello di Nazionali azzurre oppure a scuola sono inflessibili sulle ore di assenza. Naturalmente noi siamo a primi a dire al ragazzo "dai la precedenza agli esami di maturità" però così un piccolo gap nel percorso ciclistico si crea". Perciò arguisco che voi li spronate a studiare, ma c'è un però. E Il problema è nella scuola che finisce un anno dopo. Siccome anche in Italia c'è il dibattito di far finire le scuole secondarie a 18 anni per i più svariati motici, avevo fatto due più due. E ho il dente avvelenato perché da Ferrrara in giù fanno di tutto per distruggere la scuola.

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