Nella corsa alla maglia rosa e, in generale, alla leadership di ogni gara a tappe, vi sono alcune capacità che possono fare la differenza. Modalità di approccio alle molte sfaccettature di una sfida che presenta caratteristiche di complessità uniche. Qualità che in parte sono innate ma che è certamente possibile apprendere ed allenare.
1. AFFRONTARE CON EFFICACIA GLI IMPREVISTI
Ventuno giornate di gara lungo 3.500 chilometri, condizioni climatiche estreme, il costante rischio di incappare in qualche ostacolo inatteso… Gli imprevisti che possono mettere a repentaglio l’intera prestazione sono numerosissimi, e la maggior parte di questi non è soggetta ad alcuna forma di controllo da parte del singolo corridore o del team.
Chi parla della capacità di “reagire” alle avversità esprime un concetto fondato ma, a mio giudizio, incompleto. Per re-azione s’intende, infatti, un’azione che si contrappone ad un’altra azione. E, come sappiamo per esperienza diretta, ogni contrapposizione richiede un elevato dispendio energetico (in questo caso, soprattutto sul piano emotivo).
Come rispondere, perciò, all’imprevisto? Anzitutto, accogliendolo. Proprio così: guardandolo negli occhi, evitando di re-agire ed analizzandone con lucidità gli effetti. Niente panico, dunque, e nessuna contro-azione. Osservo; prendo atto; se ciò che è accaduto mi ha insegnato qualcosa, ne faccio tesoro e… vado oltre. Occorre uscire immediatamente dalle sabbie mobili emotive che potrebbero risucchiarci dentro stati d’animo (e pensieri) limitanti. Prendere atto dell’accaduto e, simultaneamente, voltare pagina.
È andata così? Okay. Come posso ripartire verso un nuovo obiettivo, rimodulato alla luce di ciò che è avvenuto (e che, a tutti gli effetti, è passato)? Re-agire manterrebbe in primo piano il danno subìto. Agire verso un rinnovato orizzonte proietta, invece, in un domani tutto da scrivere e dipendente da motivazione, volontà e capacità.
SAPER LEGGERE, E ISPIRARE, LE DINAMICHE INTERNE AL TEAM
Chi ha avuto il privilegio di vivere “dall’interno” le vicende di un team di élite, sa che nell’arco delle varie settimane (ai 21 giorni di gara si somma tutta la fase di avvicinamento) quel microcosmo composto da atleti, manager, tecnici e personale agisce (e spesso, inconsapevolmente, re-agisce) come un organismo complesso. Un corpaccione fatto di sudore e fatica, entusiasmi e frustrazioni, interazioni complesse e talora conflittuali.
Il manager o il direttore sportivo convinto di far fronte in solitudine ai vari sussulti emotivi ed energetici del microcosmo-squadra, commetterebbe un grave errore. Per sua natura, infatti, il team è il luogo della cosiddetta “leadership diffusa”, condivisa dalle varie figure di riferimento (in primis, naturalmente, il capitano) e soggetta a tutte le evoluzioni del caso.
Evoluzioni, sì, perché evolvere significa procedere trasformandosi gradualmente. Proprio ciò che deve accadere in una squadra di vertice.
GESTIRE GLI IMPEGNI COLLATERALI
L’atleta che ha l’onore di interpretare un ruolo da protagonista in un grande evento, nello sport e non solo, deve sobbarcarsi l’onere di far fronte a tutti quegli aspetti che possono apparire collaterali (o, peggio, secondari) ma che in realtà sono parte fondante ed irrinunciabile dell’evento.
Pensiamo alle routine pre-tappa (interviste, pubblico osannante e nel contempo esigente, la sgradevole sensazione di ritrovarsi al centro di un occhiuto Grande Fratello, le richieste degli sponsor) e post-tappa (lo stesso pubblico osannante/esigente, interviste ancora più appuntite, l’eventuale podio, il controllo antidoping, gli sponsor che sono sempre lì, il transfer all’hotel mentre i compagni sono già ai massaggi, la stanchezza che si fa sentire…). Far fronte a questa montagna di impegni rappresenta, per molti corridori, l’autentica prova del fuoco.
A fare la differenza è la capacità di scollegare il proprio stato interiore dalla baraonda del circo mediatico-organizzativo. Impossibile, al giorno d’oggi, rifiutarsi di stare a questo gioco sempre più pervasivo. Possibilissimo, e anzi indispensabile, allenare la capacità di farvi fronte con flessibile solidità. Che rappresenta, come mi auguro di avere documentato in questo articolo, la qualità mentale principale dell’autentico campione.
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