Ad ogni edizione, la Parigi-Roubaix riesce a stupirci per la sua capacità di essere, insieme, coerente con la propria storia e sorprendente nello sviluppo della vicenda agonistica ed umana. Il fascino unico dell’Inferno del Nord sta nella sua asprezza in una cornice che, di per sé, incute soggezione e spesso anche timore.
In termini di approccio mentale, il primo aspetto da considerare è proprio questo: nella fase di avvicinamento alla gara, qual è l’emozione prevalente nel corridore? Soggezione o sfida? Paura o coraggio? Odio o amore?
L’ODIO (O IL SADISMO) DI GANNA E L’AMORE DI BALLERINI
Con grande trasparenza, Filippo Ganna alla vigilia della gara ha ammesso: “In TV è tutto bello, ma quando la Roubaix devi farla veramente non lo è più. Questa corsa o la ami o la odi, me se la ami sei un sadico”. Quindi, per sua stessa ammissione, o Filippo odia la Roubaix o è un sadico. Espressioni dal forte impatto, che raccontano molto del suo approccio mentale.
Negli anni trascorsi in Mapei, ho avuto il privilegio di vivere la fase di avvicinamento alla Roubaix accanto a campioni del calibro di Franco Ballerini, Johan Museeuw e Andrea Tafi. Ecco, se dovessi individuare un’immagine emblematica, una sola, sceglierei gli occhi dell’indimenticabile Ballero. Erano occhi da innamorato, che si accompagnavano a dichiarazioni d’amore proprio per lei: la corsa più bestiale. C’era amore in ogni gesto, in ogni pensiero, in ogni parola. E come sappiamo, le parole disegnano i nostri pensieri, i nostri stati d’animo, in parte anche le nostre sensazioni.
SIAMO LE PAROLE CHE PRONUNCIAMO
Ovvio che in corsa Franco soffrisse, così come sul pavé ha sofferto e soffrirà in futuro il bravissimo Filippo, che ha avuto l’onesta di raccontarci i suoi patimenti in modo così nitido. Ma nelle giornate, nelle ore, nei minuti precedenti alla partenza, Ballerini era solo amore e motivazione, trepidazione ed energia. Non avrebbe mai usato, mai, espressioni come odio e sadismo.
Noi siamo le parole che pronunciamo, a noi stessi e agli altri. Sono certo che Filippo riuscirà a far propria la Parigi-Roubaix, ma per sedurla prima dovrà farsene sedurre. Dovrà imparare ad amarla. Ed a a raccontarlo, a raccontarselo, proprio come già avviene per le sfide che gli sono più naturalmente congeniali.
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