E adesso che andiamo alla conclusione, prepariamoci subito al nuovo inizio. L’anno che verrà - perché verrà, anche se ormai sembra che un anno non sia più distinto dal precedente - l’anno che verrà si porterà appresso una grande novità. Una grande, smisurata, inconfutabile novità: si porterà appresso il nuovo, un nuovo tutto nuovo, ma non per modo di dire.
Certo non ci cadrà tutto in testa in modo inaspettato e sorprendente. Qualcosa abbiamo già intravisto, qualcosa abbiamo già intuito. Però sarà proprio il 2022 a farci voltare completamente pagina, nel modo più totale e definitivo. E su questa pagina nuova, niente sarà più come prima. Non ci troveremo più una parola di quelle che conosciamo a memoria. In che senso?
Nel senso che dovremo cambiare visuale, cultura, abitudini. Abbandonare certezze. Cercarne di nuove, se ne troveremo. Scendo al pratico. Da anni, da tanti anni, siamo abituati a dire certe cose, a esprimerci in un certo modo, quasi in automatico, senza neppure più distinguere e percepire quanto diciamo. Riassumo alcuni dei nostri luoghi comuni più diffusi: il ciclismo italiano è tra i più forti del mondo, per i grandi Giri abbiamo Nibali, in nazionale Cassani dopo Ballerini perpetua stile e tradizione martiniani...
Riconosciamolo: queste cose, tra le altre, ci fanno già tenerezza, come guardare le foto di quando la nonna era giovane. Quel mondo non c’è più, è durato fino a poche ore fa, improvvisamente ci si sfarina tra le mani. Il ciclismo italiano è tra i più forti al mondo? L’abbiamo sempre detto, era sempre vero, eppure dobbiamo riconoscere che ormai non sarà più così, nel nuovo che arriva siamo deboli, fragili, come minimo in convalescenza, almeno parlando di cose e di corse serie. Nibali ci copre le gare a tappe? Basta, purtroppo non è più così, ancora più purtroppo nel nuovo non abbiamo proprio nessuno in grado di competere per i grandi giri (avevamo anche un’altra certezza, ieri, e cioè che dopo Nibali stesse arrivando Aru, ma sappiamo com’è finita pure questa). E poi la Nazionale di Cassani, erede naturale di Martini e di Ballerini, azzurro dipinto sulla pelle, tricolore avvolto attorno all’anima, “La Squadra” come griffe diffusa e rispettata in tutto il mondo: niente, cala il sipario anche su questo punto fermo, il nuovo che ci aspetta prevede tutt’altro, senza che nessuno possa dire davvero come sarà.
Nemmeno ce ne siamo accorti, ma ci hanno tolto il terreno sotto i piedi. L’anno che verrà sarà tutta un’altra cosa, completamente diversa e disancorata dal nostro risaputo. Sarà un enorme, insondabile, indefinito punto di domanda. E proprio per questo ci caricherà di dubbi, di paure, si smarrimento. Ma non dobbiamo dimenticarlo mai: ci caricherà anche di un nuovo fascino e di una nuova curiosità, perché il nuovo che arriva - nel cuore di chi non lo teme, di chi non si aggrappa con le unghie al vecchio e al sicuro - ha sempre risvolti maledettamente affascinanti. Il nuovo può essere certo peggiore, ma anche imprevedibilmente migliore. Basta accoglierlo con animo sereno, senza pretese, senza pregiudizi.
Certo ragionarci sopra adesso non induce alle più ottimistiche aspettative: pensare in questo momento che dopo Nibali avremo subito qualcuno capace di lasciarci tranquilli nelle grandi corse a tappe appare più un sogno bambino, sicuramente non un realistico e fondato ragionamento a mente fredda. Dire adesso che il ciclismo italiano tornerà presto a essere uno dei migliori al mondo ha più il sapore di una battuta che di un pronostico ragionato. Ma non importa, non bisogna lasciarsi prendere da questa fregola di sapere, se andremo nel meglio o nel peggio. È l’unico errore che non bisogna mai commettere, quando arriva il nuovo.
C’è una regola infallibile, mai sconfessata, che accompagna il nuovo come un libretto delle istruzioni. Ciascuno può attenderlo e accoglierlo come meglio preferisce, in base al proprio carattere e alla propria indole, ma tutti devono attenersi a questa regola, l’unica che consenta di andare nel domani a cuore leggero: il nuovo non va temuto, il nuovo va accettato.
da tuttoBICI di ottobre