Fabio Aru ha chiuso la sua carriera agonistica a 31 anni e due mesi come Gigi Riva, leggenda dello sport sardo, e quest'oggi la sua terra lo ha riabbracciato con un incontro stampa organizzato dall'Unione Sarda a 10 giorni dalla sua ultima gara.
Il Cavalieri dei Quattro Mori intervistato da Carlo Alberto Melis e gli altri giornalisti che dalla sua stupenda isola ne hanno raccontato le gesta ha spiegato come sta vivendo questi giorni di tranquillità dopo una vita frenetica, in cui lo sport continua a farla da padrone. «Non credo mi libererò facilmente dal segno dell'abbronzatura da ciclista. Continuo a pedalare, vado a correre a piedi, non vedo l'ora di provare il kitesurf. Senza ambizioni ma solo per fare una bella esperienza mi piacerebbe partecipare alla Cape Epic, ma indietro non torno. Non mi sono preso una pausa, ho deciso di smettere e resto convinto che per il mio bene sia stata la scelta migliore. Non sto vivendo una vacanza, la pensione né il viaggio di maturità che non ho mai fatto. All'epoca i miei compagni di scuola erano stati a Madrid, io mi trasferii a Bergamo per diventare un corridore. Non sono più il ragazzino di allora, ma appena sono tornato ci siamo ritrovati per mangiare il tipico porceddu».
Con alle spalle l'immagine della sua ultima vittoria, sul traguardo de la Planches des Belles Filles al Tour de France 2017, in maglia tricolore e caschetto con bandiera sarda ha aggiunto: «Mi restano bei ricordi quanto momenti difficili, amici ma anche persone di cui avrei fatto meglio a non fidarmi, collaboratori che pagavo di tasca mia e che non si sono rivelati le migliori persone da avere al fianco quando a 24 anni ti trovi ad essere un'azienda con mille impegni e responsabilità. Mi ha fatto male soprattutto quando hanno parlato dei miei ingaggi, sui giornali non ho mai letto cifre esatte, solo al ribasso o al rialzo, è stato da “cafoni” e sui social si sono scatenati. Avessi continuato sarei rimasto sicuramente alla Qhubeka, dove ho trovato la dimensione che mi serviva, senza invidie, nel vero spirito ubuntu. Il ciclismo mi ha insegnato a non mollare mai, nel bene e nel male mi ha reso l'uomo che sono oggi».
Si è commosso Fabio parlando del recente passato e delle difficoltà fisiche e mentali che ha dovuto affrontare: «Un giorno durante il classico giro del lago di Lugano, due orette, mi sono fermato a 25 km da casa e volevo buttare la bici nell'acqua. Sono arrivato ad odiarla perchè continuavo a fare sacrifici, senza raccogliere nulla ma ora ci ho fatto pace. Sono felice di non aver smesso nauseato e di godermela ancora, con altri ritmi. Come in questi giorni che sono uscito con amici alle 18 o alle 14, orari per me impensabili quando correvo. Il misuratore di potenza lo abolirei, soprattutto tra i giovani. Per quelli che stanno crescendo alla Fabio Aru Academy finalmente avrò più tempo, resterò in Sardegna fino a fine ottobre».
Infine Fabio ha svelato qualcosa su ciò che lo aspetta d'ora in poi: «Nei prossimi giorni sarò al Giro di Sardegna per amatori come testimonial, poi vorrei tornare a organizzare la PedalAru e, appena si potrà, una bella festa per i tifosi che mi hanno sostenuto finora. Ho ricevuto alcune proposte di lavoro da aziende del mondo ciclo, le sto valutando per decidere che strada intraprendere. Di sicuro non mi ritroverete in ammiraglia, ma magari non mi allontanerò troppo dal mio ultimo team. Di sicuro passerò più tempo in famiglia. Con Valentina dovevamo sposarci nel 2019, poi è rimasta incinta e visto che l'arrivo di nostra figlia avrebbe coinciso con le nozze abbiamo rimandato il tutto. Poi c'è stato il covid... In programma c'è l'idea di allargare la famiglia, Ginevra ha 2 anni ed è ora di darle un fratellino o una sorellina».