La formula magica è: telaio. Il telaio inteso come la struttura che serve da “ossatura” – per esempio – “per le tele da dipingere o dipinte” (fonte Treccani). Ma anche il telaio inteso come “il componente principale di una bicicletta” (fonte Wikipedia), su cui vengono montati forcelle, manubrio, sella...
Antonio Colombo, il signor Columbus, ha sovrapposto il telaio di una bici al telaio di un quadro, o forse il telaio di un quadro al telaio di una bici, e così ha sempre pensato e progettato, e si è sempre misurato e slanciato, e si è sempre ispirato a opere d’arte. Bici d’autore, bici d’artista. Bici dipinte, bici graffitate. Bici firmate. Per esempio: la Cinelli Laser di Keith Haring, nel 1989.
Il telaio è la spina dorsale di una bici, ne è gambe e braccia, ne è corpo e anche anima. Ne ha ereditato e ne custodisce il dna, con l’odore della terra e il profumo della storia, con l’intuizione originale e l’abilità officinale, con la pubblicità agonistica e l’eco letteraria. Il telaio possiede e detta un codice di appartenenza. E di questo i proprietari ne sono consapevoli, incuriositi, attratti, affascinati, sedotti, inorgogliti, ma a volte anche distratti, confusi, respinti, addirittura soffocati.
Cinelli ha quella vena artistica che rende il marchio, la bici, il telaio irresistibili. E quattro libriccini, quadrati, tascabili, fuori commercio, ne tramandano la vocazione, forse il destino. Pubblicati per il centenario, si intitolano “Columbus continuum 1919-2019”. Il primo (“Flessibili splendori”) illustra tubi per sedie, divani, mobili. Il secondo (“Anima d’acciaio”) documenta l’applicazione dei tubi alle bici. Il terzo (“Traguardo volante”) è una sorta di catalogo delle meraviglie a due ruote, da galleria, da museo, da esposizione, da fiera, ma anche da basilica o da biblioteca. “La bici – scrive Giacomo Pellizzari proprio in questo terzo volumetto – è una scatola cinese. Oggetto anarchico e creativo per eccellenza, da usare in tutte le sue valenze. Un caleidoscopio felliniano, capace di raccogliere adepti da mondi apparentemente inconciliabili”. E c’è anche un quarto libriccino (“Columbus continuum”), un po’ guida, un po’ riassunto, un po’ antologia.
Qualche anno fa Antonio Colombo mi invitò nella sua galleria milanese di via Solferino per pensare, insieme, a un libro. Forse questo. Non scoccò la scintilla. Non che fosse indispensabile. C’era interesse, rispetto, stima, voglia – immagino. Ma andò così. E amen. L’altra settimana, quando ho saputo che la texana Asobi Ventures Inc. aveva acquisito la quota di maggioranza di Cinelli e Columbus, come sempre mi succede quando un’azienda italiana deve ricorrere a capitali stranieri, ho pensato alla fine di un’epoca. Un pensiero durato un attimo. Perché mi sbagliavo. Era la fine di un capitolo, non di una storia. L’arte in un telaio è eterna. La formula è magica.
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