Alla fine Marc Sarreau lascia la Polonia con una lussazione acromioclavicolare e molteplici abrasioni sul corpo. Prima di tornare verso casa, il corridore della Groupama FDJ ci racconta le sue sensazioni.
«Non sto nemmeno troppo male. Non ho passato la notte migliore in assoluto, ma comunque sono riuscito a dormire un po'. Un infortunio alla spalla è sempre doloroso, ma data la velocità e la violenza dello schianto, direi che è andata bene»..
Ci racconti come sono andate le cose?
«Ci sono stati molti incidenti nel finale di tappa, io ero già caduto a venti chilometri dal traguardo. Faccio il Giro della Polonia da tre anni, so che lo sprint di Katowice è veloce e che uno sbandamento, per quanto leggero, può causare danni. Benjamin Thomas mi ha portato in ottima posizione, ho preso le ruote di Fabio Jakobsen e Dylan Groenewegen. Poi le immagini dicono tutto: Jakobsen è stato chiuso, è caduto sulle transenne che mi hanno colpito, sono caduto e poi mi sono venuto addosso altri corridori a 80 km. In volata ho visto i miei avversari davanti a me e ho capito che sarebbe stato impossibile riprenderli: quando li ho visti lottare sul lato destro, istintivamente sono andato a sinistra e questo mi ha permesso di evitare il loro incidente».
Ma c'è un problema con questo traguardo?
«Parliamo di questo rettilineo perché c'è stato l'incidente, ma in una stagione affrontiamo diversi arrivi che possono essere criticati per le strade da cui proveniamo, per le vie nel centro della città, per i restringimenti, per i colli di bottiglia e via dicendo. È un peccato perché per entrare a Katowice percorriamo strade meravigliose, fuori dal centro città, dove si potrebbe piazzare un bell'arrivo. Invece privilegiamo sempre quel traguardo che anche da punto di vista sportivo dice poco:il mio computer ha registrato un picco di di 81,7 km orari ed è impossibile essere aerodinamici perché a questa velocità è difficile anche stare sui pedali».
Puoi parlarci dei primi momenti dopo l'incidente?
«Sono rimasto un po' stordito. Ho subito pensato di proteggere la mia testa perché sapevo che c'erano molti corridori in arrivo: quando ho visto che la situazione era calma, ho cercato di sedermi ma non sono riuscito a farlo. Poi sono arrivati i miei compagni di squadra e mi sono alzato molto lentamente. Avevo dolore ma capivo bene dove. Mi spiace non poter tornare subito a correre perché le gambe erano buone, ma soffrirò in silenzio e spero di tornare prima della fine della stagione, anche se non so ancora molto sui tempi di recupero. Ovviamente penso anche a Fabio Jakobsen: spero che possa miglorare presto e che arrivino buone notizie dall'ospedale in cui è ricoverato».
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