Dylan GROENEWEGEN. 10. Traguardo leggermente all’insù, che dopo 230 km e sei ore di sella diventa terribile, e l’olandese volante rompe il ghiaccio con una volata esemplare, nella quale mette in mostra tempismo, potenza e colpo d’occhio. C’è poco da dire: cecchino!
Caleb EWAN. 9. Lesto, lestissimo a partire a razzo alle spalle di Viviani. Fa tutto giusto e bene, ma Dylan gliele suona ancora.
Peter SAGAN. 7. Rafforza la sua maglia verde con un ottimo terzo posto. In mezzo a quei razzi, lui non è certo petardo, ma un po’ di esplosività gli manca.
Sonny COLBRELLI. 7. E sempre lì, a lottare come un gladiatore. Per quello che fa e come lo fa meriterebbe qualcosa di più, ma se si ha pazienza, come dice Sagan, qualcosa raccoglierà.
Jasper PHILIPSEN. 6. Il bimbo della Uae Emirates fa la sua volata e ottiene un buon quinto posto. Il ragazzo ha stoffa, e si vede ad occhio nudo.
Elia VIVIANI. 8. Oggi arriva depotenziato: non tanto per i 230 km e le sei ore abbondanti di sella, ma per quella dannatissima gomma anteriore che si sgonfia proprio sul più bello: e non è bello. Il treno è impeccabile, lui però non riesce a sgasare a dovere, per quella maledettissima ruota che non tiene e subisce, si affloscia e si spegne: proprio come le sue e le nostre speranze.
Giulio CICCONE. 8. Rinnova fino al 2021 con la Trek Segafredo e si tiene stretta la maglia gialla ancora per un giorno. Il geco d’Abruzzo è atleta preciso e scrupoloso, che ama il ciclismo e la sua bicicletta. Tipo fiero e sincero. Autentico e carismatico. È un capobanda, un vero trascinatore, che porta allegria e serenità. Anche se quando è in sella alla sua bicicletta fa sempre le cose maledettamente sul serio. Proprio come qui al Tour.
Nairo QUINTANA. 5,5. Lui è tipo tranquillo, pure troppo. Ad una trentina di chilometri dal traguardo, cambia il vento, e il colombiano con Daniel Martin, Van Aert e altri malcapitati, resta dietro: ad inseguire. Corre per la stella in movimento (Movistar), ma in questo frangente è immobile.
Stephane ROSSETTO. 8,5. Il corridore della Cofidis è ormai un habituè delle fughe in questo Tour (oggi con Offredo più di 200 km al vento). È un punto di riferimento, un tutt’uno con la Grande Boucle. Parte e va, sognando in grande: solo così si possono realizzare i sogni.
Yoann OFFREDO. 8. Il transalpino in verità non è convintissimo di partire assieme a Rossetto. Va in fuga, ma appena vede che all’attacco sono solo loro due, il ragazzo della Wanty Gobert traccheggia un po’, prende tempo, chiede lumi all’ammiraglia. Ci sono da affrontare 230 km – la tappa più lunga del Tour – e farlo da soli non è come dirlo. Dall’ammiraglia arriva l’ordine chiaro e perentorio: allez allez allez. E lui, suo malgrado, va.
Tejay VAN GARDEREN. 7. Va giù pesantemente di faccia. La botta è di quelle che si fanno sentire, ma l’americano tira dritto, fino al traguardo e al primo ospedale per fare degli accertamenti. Nel corso della tappa cadranno anche altri (Teunissen e Nicholas Roche): in preda a repentini attacchi di narcolessia.
Tappa LUNGA. 6. Sei ore di sella, lunghe, dure e interminabili. Tappa noiosa, sì certo, ma da sempre ci sono queste tappe da palpebra a mezz’asta, che i corridori corrono pensando al domani, logorandosi/ti a fuoco lento. Fa parte dello spartito dei Grandi Giri, fa parte della metrica del ciclismo. Vuoi abbreviare l’agonia? Bene, accomodati nelle posizioni di avanguardia e tira. Non vuoi spendere energie? Allora stai a ruota e sollazzati tante ore di sella sotto il sole. Comunque la giri, è ciclismo: sport di resistenza, che fiacca e sfianca. È chiaro che a livello televisivo – oggi che ci trasmettono tappe integrali – è al limite dell’umana sopportazione, ma non si è obbligati a stare davanti alla tivù per tutto il giorno. Basta accenderla un po’ più tardi. Con serenità, senza scassare gli zebedei.
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