Una Volkswagen guidata da un settantenne che ha fatto un sorpasso che non avrebbe dovuto fare. L’auto ha sfiorato Christian e ha preso in pieno Sara Piffer, la sorella. Un frontale spaventoso. «Ho sentito un rumore secco. Mi sono voltato, sono corso da mia sorella – racconta oggi su Repubblica il ragazzo a Rosario Di Raimondo -. Ho capito che non c’era niente da fare. All’inizio ho sentito tanto odio verso quell’uomo. Poi l’ho guardato negli occhi, ho visto che provava vergogna, dolore, paura. L’ho perdonato. Non sapevo più cosa fare. Ma Sara lo diceva spesso: per i ciclisti non c’è rispetto. Chiedo più sicurezza sulle strade».
Mamma Marianna, papà Lorenzo: tre figli e una figlia, che ora non c’è più. «Sara era speciale. Voleva diventare professionista – racconta a Di Raimondo la mamma –. L’anno scorso ha vinto una gara e l’ha dedicata a Matteo (Lorenzi, 17 anni, travolto a maggio dell’anno scorso, ndr», cioè Matteo Lorenzi, atleta di 17 anni, travolto in bici da un furgone. «Mi hanno chiesto di prendere dei vestiti per mia figlia. Le ho portato la maglietta che indossò per quella vittoria (la foto ritrae quel giorno, ndr). C’era scritto “vincitrice”. Per me lo è sempre stata. Qualche giorno fa è andata dal parroco. Gli ha detto: io voglio fare qualcosa per gli altri. Ma è morta tra le braccia di suo fratello. Ieri prima che uscisse le ho detto: “Stai attenta”. Ha risposto: “Anche gli altri devono stare attenti a noi ciclisti, non ci calcolano”. Sto male ma non voglio puntare il dito contro quell’uomo. Sara non me la ridà nessuno. Se questa morte può essere un messaggio? Non lo so. La gente ha fretta. Non posso non chiedermi perché doveva superare in quel pezzetto di strada, perché così tanta fretta...».