
di Carlo Malvestio
Mentre buona parte del gruppo già festeggiava l’arrivo a Verona e si preparava alla grande festa in Arena, Matteo Sobrero si apprestava a vivere il momento più importante del suo Giro d’Italia. La cronometro sul circuito delle Torricelle era infatti per lui l’obiettivo massimo della Corsa Rosa, dopo aver corso tre settimane soprattutto in appoggio ai compagni e col pensiero fisso di arrivare con più energie possibili al gran finale.
«Ero teso, ho fatto fatica a dormire, perché sapevo che avrei potuto fare bene. La mattina però ero già tranquillo, sapevo di essere arrivato alla fine del Giro e che dovevo solo dare il massimo» ha detto il corridore della BikeExchange Jayco.
Il piemontese classe 1997 con le cronometro del Giro aveva già cominciato a prendere le misure. L’anno scorso a Milano fu protagonista di un’ottima prova conclusiva, arrivando quarto a soli 14” da Filippo Ganna in 30 km completamente pianeggianti, mentre quest’anno, a Budapest, aveva cominciato la Corsa Rosa nuovamente con un quarto posto, migliore degli italiani, nella prova vinta dal suo compagno di squadra Simon Yates. Nella tappa conclusiva di Verona, però, il campione italiano contro il tempo ha sfoderato una prestazione monstre, vincendo, rifilando distacchi importanti a tutti i rivali e dimostrando una volta di più che, al termine di tre settimane di corsa, riesce sempre a dare il meglio di sé.
«Dopo la crono di Budapest il mio compito era di supportare al massimo Simon Yates - ha detto ancora il nativo di Alba -. La caduta e il dolore al ginocchio, però, lo hanno costretto a rinunciare alla classifica generale e poi a ritirarsi, così mi sono trovato anch’io ad avere un po’ più di libertà. Fino alla fine della seconda settimana, però, non avevo grandi sensazioni, ho provato ad andare in fuga nella tappa di Genova ma nel momento del dunque mi si è spenta la lampadina. Ho cominciato a stare meglio a cavallo dell’inizio della terza settimana e a quel punto dovevo scegliere se provare ad andare in fuga oppure pensare a dare tutto nella cronometro finale. Ho optato per la seconda scelta, pur provando a tenere duro in alcune tappe; sul Mortirolo, per esempio, ho scollinato praticamente col gruppo dei migliori e lì ho capito di stare bene. Alla fine, è stata la scelta giusta, la cronometro si adattava perfettamente alle mie caratteristiche e vincere è una sensazione bellissima».
Mantenere la concentrazione anche il ventunesimo giorno di gara non è cosa facile, soprattutto quando attorno a te tanti corridori hanno già staccato la spina e pensano ai festeggiamenti post Giro.
«Sì, è vero, alcune squadre festeggiano già il giorno prima dell’ultima cronometro. Noi no, abbiamo affrontato la vigilia della crono come se fosse una tappa qualsiasi, riposandoci bene e preparandoci a fare il meglio possibile, con la consapevolezza che avremmo potuto festeggiare a Verona. Per uno con le mie caratteristiche, la crono finale di un Grande Giro è spesso l’occasione per far bene, quindi per il momento non mi è mai capitato di poter festeggiare con un giorno d’anticipo la fine di una grande corsa a tappe».
Proprio alla squadra va una dedica speciale: «Abbiamo lavorato tantissimo quest’inverno anche in galleria del vento con i nostri partner, Giant e Alé in primis, per migliorare il nostro rendimento a cronometro. Con Pinotti (ex corridore e oggi tecnico della formazione australiana, ndr) mi trovo bene, siamo due cronoman simili e riesce a capirmi perfettamente. È con lui che ho visionato il percorso, che ho scelto di montare il 58 davanti e, quando ho visto che la strada non era troppo bagnata, mi sono buttato giù dalle Torricelle a tutta, ma senza prendere rischi. Alla fine ho vinto con un bel vantaggio».
Per Sobrero quella di Verona è la seconda affermazione tra i professionisti, dopo il grande exploit ai Campionati Italiani di Faenza del 2021, quando riuscì a battere sia Edoardo Affini che Filippo Ganna. L’ex corridore della Astana sta cercando di capire che tipo di corridore può diventare, visto che fisicamente non può competere coi cronomen più possenti in determinati tipi di percorsi, ma dall’altro lato ha dimostrato di poter tenere molto bene in salita.
«Non nascondo che in questo Giro mi sarebbe piaciuto riuscire a fare qualcosa di più nelle tappe in linea, ma non è andata così - ha spiegato ancora -. Futuro? Come ho sempre detto, mi piacerebbe specializzarmi sulle brevi corse a tappe. Non mi reputo un cronoman puro, perché nei percorsi pianeggianti soffro, ma quando il tracciato è ondulato posso difendermi molto bene, come ho fatto a Verona».
Sul casco a Verona ha sfoggiato uno splendido lupo e Lupo è proprio il suo soprannome.
«Hanno cominciato a chiamarmi “il Lupo” da ragazzo perché arrivo da Montelupo Albese e Lupo è rimasto. Cosi ho corso con un lupo disegnato sul casco tricolore, creato ad hoc per questa tappa».
Matteo, si sa, è fidanzato con Carlotta Ganna, sorella di Filippo, con il quale non a caso sono grandi amici, oltre che rivali in strada.
«Con Filippo ho un rapporto speciale, ci alleniamo spesso insieme, ci confrontiamo, ci siamo sentiti diverse volte in questo Giro, visto che lui è in ritiro al Teide, ma per la cronometro di Verona non mi ha dato nessuno consiglio particolare».
A conferma della grande amicizia che c’è tra i due, è arrivato il post social dell’iridato: “Bravo il nostro Campione Italiano. Vederti così mi rende orgoglioso” ha scritto Ganna.
Ma Sobrero è anche un cultore di vini, dal momento che la sua famiglia ha una rinomata cantina nelle Langhe piemontesi e lui, quando ha tempo, non disdegna di dare una mano a portare avanti l’azienda.
E guardacaso, la sua prima vittoria al Giro è arrivata in un territorio in cui il vino è tradizione: «Mio papà è venuto a vedermi e mi ha portato qualche bottiglia del nostro vino da dividere coi compagni, ma sicuramente non disdegno anche un Amarone della Valpolicella. La zona di Verona mi porta bene, vinsi il Palio del Recioto tre anni fa in Valpolicella e anche in quell’occasione celebrai con un Amarone. Un mix di vini veronesi e piemontesi per festeggiare il primo successo al Giro direi che è l’ideale».