di Giulia De Maio
Indecisi sulla prossima meta da conquistare in sella alla vostra bicicletta? Noi vi suggeriamo l’Isola d’Elba, che abbiamo scoperto in occasione del Campionato del Mondo Marathon, pedalando niente meno che con Paola Pezzo. Alla vigilia delle gare vinte dall’austriaca Mona Mitterwallner e dal tedesco Andreas Seewald, abbiamo esplorato la mecca del fuoristrada italiano, sempre più apprezzata anche dai biker stranieri, compresi i campioni più affermati come Nino Schurter, che ormai considera la Toscana come la sua seconda casa.
Sull’isola nel 1993 prese il via il Giro d’Italia con la Grande Partenza da Porto Azzurro. Moreno Argentin vestì la prima maglia rosa della vita e Maurizio Fondriest trionfò nella cronometro di Portoferraio davanti a Miguel Indurain. Il mese scorso Capoliveri, l’unico paese dell’isola d’Elba che non si inchinò a Napoleone, è diventata il centro della mountain bike mondiale con la prova iridata Marathon, un mese dopo la rassegna arcobaleno di cross country e downhill in Val di Sole, in Trentino. Una prova davvero estrema, inserita nel calendario dal 2003. Oltre sei ore in bici tra sterrati, salite e discese, una durata da Milano-Sanremo, con 4500 metri di dislivello, quello di una tappa dolomitica, e pendenze oltre il 20%, come lo Zoncolan. Sentieri come tratturi, un tempo battuti soltanto dai minatori dell’isola, che adesso sono aperti e accessibili anche a chi non ha l’abilità e l’allenamento di un professionista, come noi. Non abbiamo macinato 115 chilometri e, a differenza dei prof, abbiamo evitato il “muro della leggenda” che ha messo a dura prova i riders impegnati nella sfida iridata ma ci siamo divertiti in sella a una e-bike sui sentieri tirati a lucido dalla Asd Capoliveri Bike Park di Maurizio Melis, insieme al presidente della FCI Cordiano Dagnoni e alcuni colleghi invitati da Visit Elba.
Con i suoi otto comuni, l’Isola d’Elba è sede del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e del Santuario dei Cetacei. Racchiude in sé il fascino della biodiversità di un territorio molto suggestivo, ricco di storia e di vicende di popoli. L’unicità del suo territorio è data dalla sua grandissima varietà di ambienti dai quali è possibile scoprire scorci panoramici imprevedibili. Tra i siti più famosi, il Monte Capanne e il Castello del Volterraio, ma vi sono anche angoli nascosti e sconosciuti tutti da esplorare. I luoghi da visitare sono diversi e per ogni tipo di interesse, sia esso storico, architettonico o naturalistico. La storia dell’isola è racchiusa in torri e fortezze: i musei più conosciuti sono quelli legati all’esilio di Napoleone Bonaparte.
Con oltre 200 spiagge l’Elba propone lunghi arenili di sabbia dorata, piccolissime calette di sassolini, spiagge di sabbia nera, altre di ciottoli bianchissimi e scogliere di granito. Una più meravigliosa dell’altra.
Ce n’è davvero per tutti i gusti, anche per chi predilige una vacanza attiva al relax totale. Sulle montagne, su dolci colline, in acqua: all’Elba è possibile praticare il top degli sport outdoor. Si possono provare quelli più estremi, come il downhill o il free climbing, il parapendio e il triathlon, o altre attività come le escursioni trekking, la corsa in tutte le sue declinazioni e gli sport acquatici come vela, kayak, surf, windsurf, diving e snorkeling. Basta un po’ di allenamento, il gusto dell’esplorazione e un pizzico di spirito d’avventura. A piedi, in sella a un cavallo o ad una mountain bike, basta scegliere i sentieri da percorrere tra quelli proposti dalla Grande Traversata Elbana e quelli tracciati all’interno del Capoliveri Bike Park, sul promontorio di Monte Calamita. Per chi ama le due ruote imperdibile il giro dell’isola in mtb, dopo il quale per rifocillarsi c’è l’imbarazzo della scelta. I sapori del mare e delle terra riescono ad accontentare anche i palati più raffinati. Da provare le zuppe di pesce Cacciucco e Sburrita, così come i piatti a base di funghi, castagne e cinghiale. Molto particolare all’Elba è il miele, che si produce da molte varietà di fiori, ed è perfetto in un paninetto da portarsi dietro nei giri in bicicletta. Così come è doveroso un brindisi a fine giornata con i vini eccellenti dell’Elba.
Sempre più scelta come meta per praticare il turismo outdoor o per vivere l’esperienza del contatto vero con la natura, l’Isola d’Elba ha fatto suo uno stile in cui ci si può ritrovare se si desidera star bene con sé stessi e con gli altri.
Elba Active è una visione olistica in chiave elbana del benessere psicofisico che permette di rilassarsi facendo attività fisica secondo le proprie preferenze, assecondando le proprie passioni o le proprie attitudini sportive, dedicandosi allo yoga, alla meditazione, o ancora provando nuove esperienze come la speleologia leggera, il nord walking, il canottaggio, l’escursionismo. In linea con questa filosofia, Elba Active significa anche vivere una food experience a tutto tondo, grazie a prodotti naturali e una cucina semplice, sana e ricca di sapori. Nei locali convenzionati elbani vengono proposti menu tematici che coniugano la cucina classica e gli “ingredienti elbani” con le necessità alimentari dello sportivo puro o di chi ha voglia di rimettersi in forma.
Durante il fine settimana che abbiamo trascorso sull’isola al nostro ritmo, abbiamo goduto di un panorama mozzafiato, con il mare a fare da sfondo a ogni curva. Abbiamo percorso una parte del tracciato mondiale che si snoda attorno al monte Calamita, dove ci sono ancora i resti delle miniere di magnetite, conosciute già da Etruschi e Romani.
«Chi ama la mountain bike, viene all’Elba e se ne innamora - dice Paola Pezzo, la veronese due volte olimpionica della mtb -. L’Elba è cresciuta tantissimo dopo quella storica prova di Coppa del Mondo nel 1994: adesso uno viene qui e non può non tornarci». Un’affermazione con la quale sono d’accordo tutti i partecipanti alla sfida iridata, innamoratisi dell’isola nonostante la gara sia stata la più dura della loro vita.
L’isola ha investito molto nella bicicletta, come mezzo straordinario di promozione turistica, anche per allungare la stagione oltre il periodo clou estivo.
«Ci sono 400 chilometri di percorsi, tutti mappati con street view, e scaricabili grazie alla app Elba Smart Exploring. Li si può percorrere in autonomia, ma sono disponibili anche guide cicloturistiche. Le strutture alberghiere stanno diventando sempre più bike friendly, sono in arrivo gli accordi con le compagnie di navigazione per consentire il trasporto gratuito delle biciclette sui traghetti e vogliamo investire su collegamenti aerei internazionali specifici» ci ha raccontato Niccolò Censi, coordinatore della Gestione Associata Turismo Elbano.
Pedalando abbiamo solcato il ponte di ferro sulle orme dello storico treno a vapore; abbiamo attraversato il canyon, un passaggio magico che, guardando sempre il mare, ci ha portato nella parte alta del cantiere, alla scoperta dei minerali del rame: il verde della malachite e il blu dell’azzurrite; abbiamo superato Polveraio, uno dei cantieri più antichi di Capoliveri, e Punta Rossa, la spiaggia della miniera con i suoi colorati campioni di azzurrite, malachite, quarzo e gesso, che non interessavano alle acciaierie ma che rendono questo luogo indimenticabile.
Continuando la nostra escursione ci è apparsa Remaiolo, una baia profonda e incastonata nella Costa dei Gabbiani. Davanti ha l’isola di Montecristo ed uno scoglietto che è il paradiso per gli amanti delle immersioni. Ci fermiamo alla Spiaggia dell’Innamorata, togliamo per un attimo le scarpette da bici per “pucciare” i piedi in mare, ed è già ora di ripartire alla volta del Santuario della Madonna delle Grazie. Ammiriamo l’isola di Pianosa e, più lontane, l’Isola del Giglio e l’Argentario.
Impossibile, dopo tanto pedalare non aver fame e voglia di scoprire le bontà locali e non chiedersi cosa mangiavano i minatori, che lungo i sentieri che oggi accolgono la gara, portavano il “convio”, il pentolino con la zuppa, la tonnina con la cipolla e il pomodoro, la sburrita di baccalà, l’uva passa e i fichi secchi, ricchi di zucchero e di energia.
La “romanza del cavatore”, la canzone popolare che racconta la giornata dei minatori, comincia proprio ricordando la faticosa camminata, alla luce di un tizzone ardente, che ogni giorno si affrontava per raggiungere le miniere. Negli anni Trenta la società che gestisce l’estrazione concede ai minatori un piccolo incentivo in busta paga, un tesoretto per comprare la bicicletta ed alleviare un poco la trasferta quotidiana verso il lavoro. Così le due ruote cominciano a solcare i sentieri che oggi percorrono campioni ed appassionati. Fu un cambiamento così importante da chiamare un fotografo per immortalare i minatori che inforcate le bici, andavano in cantiere e i bambini che attendevano entusiasti il ritorno dei padri, per vedere le biciclette, ogni sera, sfrecciare per il paese.