
di Diego Barbera
«È proprio qui al mio fianco, è lui con Alberto Contador che mi ha ispirato a diventare un corridore professionista», ammette David Gaudu con un sorriso un po’ timido e indicando Alejandro Valverde poco dopo essere sceso dal podio finale dell’UAE Tour 2019 con indosso la maglia di miglior giovane e aver ricevuto il trofeo di terzo classificato in generale. Terzo proprio dietro il campione del mondo e allo sloveno Roglic con due pesanti terzi posti nelle tappe più impegnative, Gaudu ha confermato quanto di buono ha già espresso nelle categorie giovanili e quanto si spera di vedere ora che si è tuffato nell’avventura tra i professionisti.
L’emozione dell’importante riconoscimento ottenuto dopo un’altra maglia bianca, quella al Tour de Provence, lo scuoteva ancora: «Questo è un podio molto importante, il primo nel World Tour e sono davvero contento di aver conquistato anche la classifica dei giovani. In più, sono orgoglioso di aver dimostrato di poter rimanere con i più forti come Valverde e Roglic sia su una salita più veloce come quella della sesta frazione, sia una più impegnativa come quella della seconda, era la prima volta che mi piazzavo nella top 3 a questo livello, è stata una grande emozione».
Il francese della Groupama FDJ, classe ’96, è la grande speranza del ciclismo transalpino per le corse a tappe e alla prima edizione del giro dei sette Emirati Arabi Uniti non ha avuto certo riverenze di sorta a combattere a viso aperto con alcuni tra i più forti corridori del panorama mondiale. D’altra parte parliamo di uno che a 17 anni aveva sfidato su strada Thibaut Pinot e Romain Bardet sulla scalata di Planche-des-belles-Filles facendo solo sei secondi peggio del primo e quindici meglio del secondo, seppur in una scalata secca e non durante una tappa del Tour.
Prestazione “virtuale” che aveva comunque fatto battere i cuori dei bretoni, quella del ragazzo di Landivisiau nel Finistère, avvicinatosi alla bici grazie al padre Bertrand, longevo e buon atleta di MTB. La Groupama FDJ ha creduto molto in lui, sin da quel test V02max del 2015 sul potenziale del “motore” con un risultato di ben 92/ml/min/kg che fece esclamare al responsabile Frédéric Grappe “Non ho mai visto niente del genere”. David fa parte della generazione di scalatori francesi nati negli anni ’90 che ha già visto sbocciare talenti come Thibaut Pinot (classe 1990) e Warren Barguil (1991).
E proprio con Barguil il paragone si fa interessante e con più punti di contatto, dato che condividono non solo la provenienza regionale, ma anche l’importante successo del Tour de l’Avenir. Warren ha trionfato nel 2012, David nel 2016, aggiungendosi a nomi come Nairo Quintana, Esteban Chaves, Miguel Angel Lopez e Marc Soler, solo per citare alcuni dei talenti che lo hanno preceduto negli ultimi anni senza scomodare i vari Gimondi, Zoetemelk, Baronchelli, Lemond, Indurain o Fignon che si erano distinti in passato. Nell’edizione 2016 dell’Avenir, Gaudu ha dimostrato la sua forza non solo in salita, ma anche e soprattutto mentale dato che dopo la quinta tappa doveva recuperare 34 posizioni e oltre 3 minuti, ma è riuscito nell’impresa con tre tappe finali da assoluto protagonista condite da due vittorie e attacchi coraggiosi.
Che Gaudu avesse grinta e ambizione lo ha dimostrato sin dal primo anno da professionista, nel 2017, quando ha tentato la fuga insieme a Froome, Valverde e a Soler nella quarta tappa della Volta a Catalunya, piazzandosi nella successiva frazione in salita e attaccando anche nell’ultima dopo essere quasi naufragato fuori tempo massimo il giorno prima. E la platea internazionale si è segnata il suo nome al suo attacco sul Muro di Huy alla Freccia Vallone: ripreso e superato dal vincitore Valverde dopo un ottimo tentativo sulla mitica erta.
«È stata una giornata molto particolare quella - racconta - perché non mi sentivo molto bene durante la corsa, c’era molto vento. Invece sul Muro di Huy mi sono sentito meglio e così ho visto che mancavano 250 metri e ho pensato che nessuno mi conosceva e volevo prendermi la mia occasione. Valverde mi ha subito ripreso (David ha chiuso al nono posto, ndr), ma è stato davvero bello».
La sua prima vittoria da pro è arrivata poco più tardi al Tour de l’Ain precedendo il magnanimo Pinot (e terminando secondo in generale dietro al compagno). Pinot e Valverde, due nomi nel destino di Gaudu, che nel 2018 non ha colto vittorie (c’è un secondo posto al Memorial Pantani, dietro a Davide Ballerini) ma ha messo in cascina tanti km e partecipazioni importanti come al Tour de France e un brutto infortunio a una mano al Delfinato (nove punti di sutura all’anulare sinistro). Il 2019 è iniziato nel migliore dei modi e David proverà a migliorare ancora: «Gli obiettivi sono crescere e aiutare Pinot. Ammiro tantissimo Thibaut perché è un vero guerriero e vuole sempre provare a fare qualcosa anche quando non ha grandi gambe. Per quanto mi riguarda quando avrò le mie occasioni proverò di sicuro a coglierle».
Potrà un giorno puntare alla classifica di un grande Giro?
«Di sicuro è la mia speranza visto che da francese non posso che sognare il Tour, ma la mia corsa preferita rimane proprio quella che ho sfiorato il primo anno, la Freccia Vallone, sin da quando ho iniziato a correre è il mio primo obiettivo da realizzare».