Iniziamo dalle presentazioni.
«Sono nato il 19 agosto 1994 a La Ceja (Antioquia), un paesino vicino Medellin. Peso 71 kg e sono alto 180 cm. Non ho grandi passioni al di là del ciclismo, nel tempo libero mi piace stare in famiglia e uscire con gli amici, andare con loro a mangiare un gelato o a bere una gazzosa. Cose semplici, ma preziose che la vita da giramondo del ciclista rende rare. Ho iniziato a pedalare a 6 anni, grazie a mio padre Josè Hernando, che mi ha regalato la mia prima bicicletta. Era modesta e piccolissima. Ce l'abbiamo ancora in garage, papà la lava e conserva gelosamente. Guardarla a me emoziona, ricorda tutta la strada che ho fatto e mi fa venire voglia di percorrerne molta altra ancora».
Come hai scoperto il ciclismo?
«Ho iniziato a correre quando avevo 15 anni, la passione sia a me che a mia sorella Juliana (buona pistard, ndr) l'ha trasmessa appunto nostro padre, che ha un passato da corridore. Fin da bambino sono sempre stato affascinato dai velocisti perché in uno sprint oltre alle doti atletiche conta molto la tattica. Man mano la passione è cresciuta così che ho provato a fare del ciclismo la mia professione. La mia vita ruota attorno alla bici, che per me è passione, lavoro, amore crescente giorno dopo giorno».
Il tuo programma quali corse prevede?
«Dopo San Luis, disputerò il campionato nazionale di Colombia. Arriverò in Europa a metà febbraio, correrò Haut Var e La Provence e quindi il Mondiale della pista a Londra. La squadra mi ha dato la possibilità di lavorare nei velodromi per inseguire il sogno olimpico. Quindi prima il mondiale, poi i Giochi: un'esperienza unica che tutti gli sportivi del mondo sognano di poter vivere. Dopo Rio, mi concentrerò sulla strada, ma non voglio abbandonare la pista».
Come saranno le gerarchie tra te e Kittel? «Marcel è un corridore davvero forte, ho avuto modo di allenarmi al suo fianco a Denia in ritiro e sono rimasto impressionato dalla sua forza. Non ci sarà alcun problema tra noi, se dovrò lavorare per lui lo farò super volentieri, ho molto da imparare da uno come lui. Alla Etixx mi trovo benissimo, arrivo da uno dei team migliori in Colombia ma ho fatto il grande salto con una delle squadre più forti e professionali del mondo e c'è una grande differenza. I miei compagni e tutto lo staff mi hanno accolto alla grande, non potevo desiderare di meglio, mi sento a casa. Tra gli italiani Sabatini è quello con cui chicchiero di più ed è quello con cui avrò più a che fare in volata».
Un sogno per il tuo futuro?
«A livello personale mi auguro di avere una vita tranquilla e di riuscire a proseguire gli studi. Vorrei iniziare l'università, Amministrazione d'Impresa, sto contattando un po' di atenei in Colombia per capire se c'è la possibilità di frequentare i corsi online. Per quanto riguarda la mia carriera invece sogno di vincere la Parigi-Roubaix. Non so se sarà mai alla mia portata, non ho mai pedalato sul pavè ma mi affascina. Amo questa corsa perché è la più dura e difficile di tutte. L'ho vista tante volte in tv e il fatto che i corridori riescano a sopportare il dolore e a superare i loro limiti è incredibile. Un giorno mi auguro di poter alzare le braccia al cielo al velodromo di Roubaix, intanto penso alla volata di oggi».
da San Luis, Giulia De Maio
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