CASO PANTANI. MARCO È STATO UCCISO

GIUSTIZIA | 02/08/2014 | 09:48

«Marco Pantani è stato ucciso». La clamorosa ipotesi di reato è contenuta in un fascicolo della Procura di Rimini: sono passati oltre 10 anni dalla morte del ciclista più amato e più rimpianto. Adesso su un’estate che non sembra estate neppure sulla riviera romagnola, piomba una notizia destinata a fare il giro del mondo: il 14 febbraio 2004 a Rimini qualcuno avrebbe assassinato il Pirata. Per questa ragione il caso è stato riaperto dalla stessa Procura che all’epoca aveva condotto le indagini arrivando a definire l’accaduto un semplice incidente, causato dall’overdose di cocaina.


LA SVOLTA. Una conclusione sempre respinta dalla famiglia del ciclista, specie da mamma Tonina che non ha mai smesso di lottare, chiedendo nuove indagini. La svolta tanto attesa è maturata negli ultimi nove mesi: l’avvocato Antonio De Rensis, per conto dei Pantani, ha accumulato una serie impressionanti di contraddizioni e anomalie, studiando i faldoni sia delle indagini, sia quelli relativi al processo. Non solo, il salto di qualità è arrivato con fondamentali indagini difensive (risentendo diversi testimoni chiave dell’epoca) e avvalendosi di una perizia medico-legale eseguita dal professor Francesco Maria Avato (lo stesso che ha contribuito a far riaprire dopo 23 anni il caso Bergamini, il calciatore «suicidato»).


FATTI NUOVI. Tutto questo lavoro è stato poi assemblato in un esposto presentato la scorsa settimana alla Procura di Rimini, che ha competenza sull’accaduto. La richiesta era: riaprire il caso sulla base dei molti fatti nuovi contenuti nelle pagine dell’istanza. Con una conclusione choc: omicidio e alterazione del cadavere e dei luoghi. La risposta è arrivata in tempi brevi (segno che le ipotesi sono state considerate talmente credibili da meritare tutti gli approfondimenti possibili e quindi nuove indagini): caso riaperto e ipotesi di omicidio volontario a carico di ignoti. Il fascicolo è stato assegnato dal procuratore capo di Rimini, Paolo Giovagnoli, a un pubblico ministero titolare: Elisa Milocco, giovane sostituto procuratore, arrivato a Rimini da pochi mesi. Toccherà a lei far luce su quello che è accaduto il 14 febbraio 2004 all’interno del residence Le Rose.

GLI ULTIMI MINUTI. Lo scenario prospettato è da brividi: gli ultimi minuti di una vita intensa il Pirata li passa in una stanza d’albergo, ma non è da solo, come fino a oggi ha affermato la verità processuale, e in preda alle allucinazioni per l’overdose letale di cocaina. Le cose sarebbero andate in modo completamente diverso: Pantani avrebbe aperto la porta al suo assassino (o agli assassini), lo conosceva, forse si fidava. Ma presto la situazione sarebbe diventata incontrollabile. Per ben due volte il romagnolo chiama la reception, chiedendo addirittura l’intervento dei carabinieri (un doppio Sos prima ignorato e poi sottovalutato), circostanza appurata anche 10 anni fa. La lite verbale sarebbe presto degenerata, sfociando in un’aggressione. Pantani potrebbe essere rimasto ferito in più punti del corpo, prima di soccombere: stordito, sarebbe diventato una preda facile. 

LA BOTTIGLIA SEMIVUOTA. Manca solo il colpo finale. Chi lo pensa non è uno sprovveduto: avrebbe sciolto la cocaina nell’acqua contenuta in una bottiglia per poi far bere al Pirata la dose mortale con un bicchiere. Una bottiglia semivuota che resta nella stanza: la si vede chiaramente nel filmato girato nel 2004 dalla polizia. Solo che quella bottiglia non è stata mai analizzata, così come incredibilmente non furono prese le impronte digitali in tutto l’ambiente nonostante la presenza di un cadavere eccellente riverso in una pozza di sangue e di una stanza rivoltata come fosse stata travolta da un uragano. Ma torniamo indietro: la morte del ciclista risale a molto prima dell’ora di pranzo, ma è «scoperta» con gli italiani a cena. Un tempo lungo e pieno di ombre, ore di buco che avrebbero permesso in tutta calma l’alterazione della camera presa in alloggio dal Pirata, in modo da simulare un delirio post assunzione di stupefacenti. Insomma, un depistaggio per celare l’omicidio.

LA STORIA DEI GIUBBINI. Questa era l’ipotesi contenuta nell’istanza presentata da una mamma (Tonina) e un papà (Paolo) che da sempre chiedevano giustizia per il figlio. Emblematica è la storia dei tre giubbini da sci trovati all’interno della stanza di Pantani. Di cosa stiamo parlando? Il Pirata arriva a Rimini senza bagaglio: con sé ha solo una sportina con dentro le medicine (quelle che prenderà anche la mattina del 14), due magliette, l’occorrente per fare la barba e un borsello con soldi e documenti. Nessuna valigia, trolley o borsa. Un fatto confermato, anche all’epoca delle indagini, da quattro persone che non si conoscono. I giacconi sono certamente di Pantani: li va a prendere a casa sua il 26 gennaio. In quei giorni aveva deciso di andare a sciare con il marito della Ronchi (la sua ex manager). Per questa ragione torna a Cesenatico e si fa aiutare dalla mamma a fare la valigia: «Vado in montagna qualche giorno», le dice. Ma poi si limita a prendere tre giubbotti, molto pesanti. «Le altre cose le noleggio sul posto» risponde Marco all’obiezione stupita della madre per i pochi indumenti presi. Il 31 gennaio, Pantani a Milano ha una lite con la Ronchi e i genitori arrivati dalla Romagna dopo una chiamata allarmata della donna. E’ l’ultima volta che vedrà la mamma e il papà. Marco scappa e si rifugia in un hotel dalle parti di piazza Repubblica. Non ha valigie, tantomeno tre ingombranti giubbotti. Il 9 febbraio decide di andare a Rimini. La Ronchi gli fa recapitare la sportina in albergo a Milano con le medicine, le magliette e la schiuma da barba. E’ il «bagaglio» caricato dentro il taxi che lo condurrà fino in Romagna. E allora come ci sono arrivati nella stanza i tre giubbotti? Uno di questi (vistoso e molto pesante) è appeso fuori dall’armadio con la sua gruccia: lo si vede anche nel video della polizia. Qualcuno li ha portati fino a Rimini. Chi? Sarebbe stata una domanda da porsi 10 anni fa e invece nulla. Una domanda che mamma Tonina ha ripetuto con ossessione, lo ha persino urlato durante una udienza del processo a Carlino e lo ha ribadito di recente nel libro scritto sul figlio (In nome di Marco, edito da Rizzoli). L’esposto ha riproposto il quesito in modo ineludibile: le nuove indagini serviranno a dare risposte. Certo, questo passo getta di riflesso una luce inquietante sulla morte, a soli 34 anni del campione di Cesenatico. 

I TANTI INTERROGATIVI. Le indagini svolte all’epoca (chiuse in poche settimane) e il successivo processo avevano portato alla conclusione più semplice: Pantani stroncato da una overdose di cocaina, i pusher accusati di spaccio di droga e omicidio colposo. E invece pochi giorni dopo la vittoria al Tour de France di Vincenzo Nibali, è ancora il giallo il colore d’attualità. Solo che in palio non c’è una maglia prestigiosa, ma la ricerca di una verità diversa da quella raccontata nel 2004.
Che cosa è accaduto in quel maledetto 14 febbraio? Chi e come avrebbe portato Pantani sull’ultimo traguardo? Come mai, nonostante una serie d’incongruenze, gli inquirenti non presero in considerazioni altre ipotesi, etichettando da subito il caso come «morte per overdose»? Si parte da qui, ma questa volta la strada non è più in salita.

da «La Gazzetta dello Sport» del 2 agosto 2014, a firma Francesco Ceniti e Luca Gialanella

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COMMENTI
CHE DIRE..........
2 agosto 2014 11:55 gass53
MEGLIO TARDI CHE MAI, QUALCUNO HA SENTITO QUELLA PUZZA DI BRUCIATO CHE, APPUNTO DA 10 ANNI SI SENTIVA NELL'ARIA.................

CHE BOTTA
2 agosto 2014 17:06 tonifrigo
Scusate, ma Gazzetta e Corriere non sono dello stesso gruppo editoriale? E invece la "botta" su Pantani ce l'hanno Gazzetta e Repubblica. Forse mi è sfuggito qualcosa. Resta il fatto che Pantani può essere anche stato ucciso, ma era già un morto che cammina da molto tempo. Il Pantani del ciclismo se n'era andato, per lasciare il posto a quello che frequentava solo un milieu da inferno, con "vecchi amici" che già avevano mostrato il loro vero volto. Si faccia giustizia e riposi in pace, finalmente.

mah
2 agosto 2014 21:47 lupin3
da sempre la cosa puzza di insabbiamento eccellente: non è il primo e non sarà l'ultimo nel paese dei segreti di stato

SCIOCCATO ........
3 agosto 2014 00:00 gass53
SI SCIOCCATO A LEGGERE IL POST DI TONIFRIGO...........SENZA PAROLE!!!

incredulo
3 agosto 2014 11:38 noccio
Partendo dalla premessa che ognuno possa esprimere il proprio parere, mi permetto di esprimere il mio. il sig. tonifrigo quindi è sicuramente libero di dire la sua, ma mi permetto di dirle che rimango basito a leggere le sue parole. Un morto che cammina lo era a mio parere per tutto il male che gli era stato fatto e una punizione subita solo e soltanto da lui. Marco è stato un grande campione è un grande uomo, ahimè troppo fragile. Qui non si parla del pantani uomo del ciclismo che non se ne era andato, ma che avevano abilmente cacciato. qui si parla di un ragazzo tanto sensibile anche nel suo dire "morto che cammina" rimaneva il grande campione che tutti amavano ancora. Le interviste di Pantani erano tipo le interviste che ho sentito tante volte fare a Nibali: vere, umane e che vengono dal cuore. E chiudo che io quel "morto che camminava" lo amavo e lo amo ancora tanto e nessuno come lui né tanto meno i vari Lance, Froome , Wiggins etc ha riscosso in me tanta passione. Se poi sarà accertato il delitto e non il suicido (come spesso ho creduto) allora sarò contento per lui, ma ancora più triste
G.B.

X noccio
3 agosto 2014 21:03 gass53
BELLISSIME PAROLE ESPRESSE INN MANIERA PERFETTA, CONDIVIDO AL 100 X 100 !!!
IO,PURTROPPO, PER FORTUNA O PER SFORTUNA, SONO UN Pò PIù DIRETTO E ALLORA VADO DIRETTO ALLA META!!! IN UN ALTRO POST IL ""grandetonifrigo"" ne ha detta un altra delle sue e questa volta sul Giornalista Porreca!!!

4 agosto 2014 18:42 Melampo
Torno noiosamente ad esprimere un mio parere: qualsiasi cosa sia successa, qualsiasi cosa sia stata ora posta all'attenzione degli inquirenti, qualsiasi cosa succederà in futuro ... lasciatelo riposare in pace.

Che la giustizia faccia il suo corso, ... ma lasciatelo riposare in pace.

Riposa in pace, Marco Pantani.

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