CORSE PROF, ALLARME ITALIA

PROFESSIONISTI | 07/06/2014 | 08:17
La notizia dell’annullamento per il 2014 del Trofeo Matteotti di Pescara, notizia non nuova nel suo genere, si aggiunge a varie altre che, negli ultimi anni, si sono susseguite con troppa e pericolosa frequenza per il movimento ciclistico professionistico italiano.
Una tendenza che indica e lascia trasparire con evidenza, non recepita adeguatamente solo da chi, ai vari livelli, non vuole vedere in profondità, capire le cause e studiare un qualche rimedio, la deriva di una crisi che, purtroppo è comune a tante categorie di corse, sia in Italia, sia all’estero.
“E’ la crisi, bellezza e tu non puoi farci niente” si potrebbe dire parafrasando la frase finale di Humphrey Bogart nel film Deadline-U.S.A. del regista Richard Brooks del 1952 (in Italia conosciuto come L’ultima minaccia). Già nel 2009, anno dei Giochi del Mediterraneo a Pescara, la classica corsa abruzzese ha fatto uno stop.
Speriamo che sia così ma la circostanza porta a una riflessione, un’amara riflessione obiettiva su corse tradizionali del professionismo, corse di valore e tradizione, con l’albo d’oro che in questi ultimi anni si è fermato. Per sempre? Speriamo di no, ma i segnali contrari, con qualche minimo di positività, non sono certo incoraggianti. Non facciamo l’elenco delle corse, fra le quali anche classiche di specifico valore, ma vediamo varie regioni italiane che non hanno più la loro corsa.
Un caso che definire davvero clamoroso non è esagerato è quello del Veneto, terra d’elezione per il ciclismo per tutti i versanti, che da anni, nonostante qualche tentativo anche d’abbinamento con un’altra illustre scomparsa, la Coppa Placci di Imola, con il Giro del Veneto che non si disputa più. E così è pure la contigua regione Friuli-Venezia Giulia. Il Piemonte stenta e per ora è scampato al pericolo grazie ad apporti di passione di frontiera...
Grandi brividi anche in Liguria e pure qui la passione sopperisce alle difficoltà obiettive. Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana – pur con delle defezioni importanti – salvano ancora, fra molte difficoltà, il loro patrimonio organizzativo professionistico.
Più a sud appare solo, isolatissimo, il Giro del Lazio che, trasformato in “Roma Maxima”, da due anni cerca di ritrovare l’antico blasone.
Poi il nulla, il nulla più assoluto. Molte, moltissime, le ragioni, le giustificazioni ma se pensiamo solo a dieci anni fa, il vuoto è sconsolante, assolutamente.
Non ci sono ricette o rimedi certi a questa situazione. E’ il segno dei tempi, della crisi, conclamata, ma, forse, troppo supinamente accettata e giudicata inevitabile, senza tentativi di controbattere in modi diversi dal contributo pubblico.
E’ uno stato di sofferenza al quale si collega una serie di fenomeni negativi per la vita stessa del movimento ciclistico professionistico italiano e che deve essere affrontato, studiato e combattuto con il contributo di tutte le componenti e le istituzioni del ciclismo per cercare un minimo rimedio, in clima di vera mutualità, senza personalismi, con capacità di comprensione vera, aldilà delle appartenenze e delle spicciole convenienze, con sacrifici delle posizioni acquisite.
Facile a dire, difficile, difficilissimo da realizzare. Un’inversione di rotta è necessaria, indifferibile, per non aumentare il numero di croci sul viale delle rimembranze ciclistiche e restringere vieppiù la zona d’interesse del nostro professionismo, del nostro ciclismo e del patrimonio ereditato.
I tempi sono duri, durissimi, la crisi pure ma, è certo, qualcosa, e molto più di qualcosa, bisogna fare guardando in faccia la realtà.
Il Giro d’Italia non può arrivare ovunque tutti gli anni.

Carlo Clementi

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COMMENTI
7 giugno 2014 13:25 FrancoPersico
Molti altri organizzatori, applicando la cultura italiana, gioiscono leggendo questo articolo. Scherzo perchè spero davvero il movimento sia solidale e reagisca a questo incancrenimento generale. Eravamo il paese del ciclismo. Lo abbiamo distrutto. Ci metto tutti responsabili. Ora aspettiamo un cambio generazionale e vedremo la passione dei nuovi nati in quali sport maturerà. Inutile piangerci addosso. Basta partecipare a qualche riunione di società ciclistiche per rendersi conto che finite le penne bianche ci sarà il vuoto. Quindi prima di tutto rendiamo di interesse ai giovani il ciclismo ed il ciclismo risorgerà per interessi pubblici.

x FrancoPersico
7 giugno 2014 19:15 siluro1946
Purtroppo il ciclismo, in Italia, non risorgerà, come non risorgerà l'Italia.
Quale motivo può farli risorgere, l'Expo, il Mose, MPS, Carige, Stretto di Messina, Salerno Reggio, o cos'altro?

Uomini e Donne le gare stanno per finire.
7 giugno 2014 20:16 venetacyclismo
Bè credo sia un bel problema anche per le categorie inferiori , è la Federazione che deve salvare tutto muoversi , magari agevolando chi organizza , ma voi ci credete , il ciclismo affonda e la FCI guarda e basta .

Inascoltato.
8 giugno 2014 09:48 Bastiano
Sono già due anni che lancio grida di allarme ma, resatno del tutto inascoltate da chi invece dovrebbe reagire e prevenire.
Il primo coancro che sta uccidendo questo meraviglioso sport, è il doping e su questo fronte non si sta facendo NULLA. Non si può continuare ad ignorare il fatto che ci si sta accontentando di qualche pesce piccolo dato in pasto all'opinione pubblica in nome di una formale (ed inesistente) lotta al doping. Credo fermamente che solo con il sistema dei controlli obbligatori da rifare a distanza di x anni, si possa togliere quel velo di impunità che oggi copre chi riesce ad avvalersi di grandi strutture di ricerca. Non possiamo far finta di non sapere che fino ad oggi, i casi più eclatanti li abbiamo scoperti a distanza di anni e con metodi non gestiti dagli organi competenti del sistema sportivo ma, solo tramite magistratura ordinaria. Questo sport è così bello che può benissimo e deve, fare a meno del Doping!

8 giugno 2014 11:33 angelofrancini
Ma cosa fa il vertice per salvare il ciclismo?
Pensiamo solo ai Master, sono spacciati per atleti, solo per avere più contributi dal CONI da destinare a cosa?
Le ore di trasmissione RAI, se leviamo Giro, Sanremo e Lombardia, ove si é obbligati a trasmetterli per accordi internazionali quante sono? E quante sono le ore per gara prof organizzata in Italia?
E se lo paragoniamo con le ore di trasmissione di certe gran fondo capiremmo molte cose!
Compreso quale futuro il vertice vuole riservare a questo sport.

crisi
8 giugno 2014 18:26 siluro1946
Una prima cosa da fare, subito,per il bene del ciclismo, non permettere, o perlomeno sconsigliare, alle società dilettantistiche,di ingaggiare ciclisti stranieri, per i quali vengono spese le poche risorse del ciclismo giovanile e dilettantistico, se gli italiani sono pochi, pazienza, ma ci dobbiamo occupare di loro.

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